bioplastiche

Quasi quotidianamente sentiamo parlare di bioplastica e di ricerche per la realizzazione di questo materiale più ecologico, e del suoi possibili impieghi per l’uso nell’alimentazione e non solo. Capsule per il caffè, shopping bag, stoviglie monouso; ormai sono molteplici i settori alimentari interessati a questo cambiamento e i polimeri a base bio stanno cominciando a sfidare concretamente le plastiche tradizionali. Diversi studi dimostrano che c’è una maggiore attenzione alla sostenibilità degli imballaggi da parte sia delle aziende sia dei consumatori e questo alimenta la domanda di mercato.

Ci sono bioplastiche realizzate da noccioli di avocado, da rifiuti di carne e da scarti dell’industria del legno o della produzione del biodiesel. Sembra che le vie per ottenere la nuova generazione di sostanze siano innumerevoli e forse si sta presentando l’opportunità di muoversi verso la soluzione dei grandi problemi di carattere ambientale. Ma di cosa si tratta realmente? È veramente un’opzione che, in un prossimo futuro, permetterà di sostituire la plastica tradizionale derivata dal petrolio? Esistono sfide che devono essere affrontate?

Certo il riconoscimento del valore e delle implicazioni delle nuove soluzioni tecnologiche richiede soprattutto la consapevolezza da parte dei consumatori. È necessario quindi investire perché si adeguino le conoscenze generali ai progressi della tecnologia.

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La diffusione della bioplastica richiede la consapevolezza da parte dei consumatori

Innanzitutto, cos’è una bioplastica? Secondo la definizione data dalla European Bioplastics, si tratta di un tipo di plastica che deriva da materie prime rinnovabili, oppure è biodegradabile, o ha entrambe le proprietà. Vanno anche distinte le fonti di partenza utilizzate per la realizzazione di questo tipo di materiale, che possono essere rinnovabili (mais, alghe, scarti vegetali) o fossili.

Un terzo gruppo che sta diventando sempre più popolare è quello delle plastiche tradizionali non biodegradabili, prodotte a partire da risorse rinnovabili anziché da combustibili fossili. Un esempio in questo senso il “polietilene verde” realizzato a partire dall’etanolo, che attraversa un processo di fermentazione da materiale organico e poi viene convertito in etilene polimerizzato. Il polietilene verde ottenuto da risorse rinnovabili è identico a quello ottenuto dal petrolio, possiede le stesse proprietà e può avere le stesse applicazioni.

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Questo materiale può essere una soluzione a tanti problemi ambientali

Quali sono i reali vantaggi dell’impiego di bioplastiche? Consentono di ottimizzare la raccolta e la gestione dei rifiuti e di ridurre l’impatto ambientale, apportando vantaggi significativi al ciclo produzione-consumo-smaltimento. Con la giusta comunicazione si potrebbe ottenere anche una maggiore accettazione da parte del consumatore, un aumento della vita utile dei prodotti confezionati e il compostaggio dove possibile.
Per esempio, le stoviglie usa e getta e i contenitori monouso come gli imballaggi, hanno un enorme effetto sull’ambiente: sono difficili da riciclare se contaminati dal cibo e spesso non sono gestiti correttamente dal consumatore. Invece, se realizzati in plastica compostabile, possono essere smaltiti con i rifiuti organici e convertiti in compost. Su questa onda si stanno muovendo quasi tutti i produttori di capsule domestiche per il caffè.

Quali sfide ci aspettano? Secondo recenti studi esistono dei passaggi che devono essere affrontati affinché si possa godere dei vantaggi delle bioplastiche in sostituzione di quelle tradizionali; il loro successo sul mercato sarà determinato proprio dai risultati che ne deriveranno. Si parla di:

1. Competitività del costo delle bioplastiche nei confronti di quelle tradizionali. Il successo di un prodotto lanciato sul mercato è determinato dal costo di adozione di un nuovo materiale rispetto alle opzioni già in commercio. L’elevato prezzo rispetto ai petrolchimici termoplastici rimane una delle cause della lenta adozione di imballaggi in bioplastica. Questa sfida è diventata particolarmente evidente nel 2014, quando il prezzo del petrolio greggio è crollato di circa il 55%.

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La Commissione Europea ha finanziato un progetto per la realizzazione di bioplastiche da rifiuti  e fanghi di depurazione

Si tratta di una delle principali motivazioni che spinge le aziende a cercare di impiegare risorse presenti in abbondanza e a basso costo, come i rifiuti o i sottoprodotti derivanti da altri processi industriali. Vi sono studi e tentativi in corso per la realizzazione di materie prime per bioplastiche con siero di latte, scarti di di lavorazione vegetale o rifiuti di carne. Ci sono anche progetti più ambiziosi finanziati dalla Commissione europea, come Synpol, che si concluderà nel 2016. Lo scopo è di utilizzare rifiuti solidi urbani e fanghi di depurazione provenienti da impianti di trattamento.

2.  Disponibilità delle materie prime. Secondo le previsioni l’Asia diventerà il principale centro di produzione di bioplastica nei prossimi anni, grazie anche a progetti di grande portata in Thailandia, India e Cina da cui proverranno, entro il 2020, oltre tre quarti di questi materiali. L’Europa, pur essendo in prima linea nella ricerca e nello sviluppo di tecniche produttive, non sembra possedere una forte capacità di fabbricazione, forse per mancanza di materia prima da impiegare. Sarà necessario evitare il conflitto, in alcuni casi evidente, tra risorse alimentari e materie prime necessarie alla produzione di bioplastiche. In secondo luogo dovranno essere individuate risorse sufficientemente abbondanti per rifornire le aziende produttrici. In Inghilterra una delle strade percorribili sembra quella che prevede l’utilizzo di lignina (un polimero componente del legno ricavabile da scarti di lavorazione dello stesso) o da rifiuti dell’industria cartaria.

3.  Prestazioni e qualità rispetto a quelle tradizionali. Nella produzione della plastica tradizionale vengono usati additivi per conferire caratteristiche quasi uniche ai materiali; questa tecnica potrebbe essere utilizzata anche nell’ambito delle bioplastiche. Tuttavia, il mercato degli additivi per i polimeri a base biologica è ancora molto piccolo. I progressi più notevoli si notano nell’ambito del PLA (polimero a base biologica) che è ormai dimostrato di resistere a temperature di 100-140° e che lo rende un sostituto valido ad altre sostanze in più applicazioni.

Altro punto per la realizzazione di una buona bioplastica riguarda la necessità di generare un prodotto con caratteristiche costanti: la grande varietà di materie prime non sembra portare all’uniformità chimica. La scelta, la selezione e lo stoccaggio delle suddette devono essere stabiliti con criteri precisi e adeguati alla destinazione di utilizzo finale.

4.  Grado di diffusione sul mercato. Negli ultimi anni il mercato delle bioplastiche, nonostante i numerosi ostacoli sopra evidenziati, è diventato sempre più competitivo in termini di costi ed è stato supportato sul piano legislativo dall’introduzione di standard e schemi di certificazione. In alcuni Paesi si è arrivati fino al divieto di utilizzo delle plastiche tradizionali per talune applicazioni, come i sacchetti per la spesa usa e getta (Italia in primis).

Diverse multinazionali hanno introdotto l’opzione green nei loro piani di crescita a lungo termine e nelle loro strategie innovative. Gli avanzamenti tecnici e di impiego possono interessare sia i produttori di materiali, sia chi si occupa di prodotti finiti. C’è un grande potenziale di innovazione e diversificazione dell’offerta, che prima si basava solo sulle plastiche tradizionali.

Tutti questi sono segnali che portano a pensare che una svolta concreta sia vicina e lo sarà ancor di più se i consumatori saranno informati sui reali vantaggi e le opportunità che questo settore sta proponendo. I produttori a loro volta potranno trarre vantaggio dal costante incremento della coscienza ambientale nella popolazione.

Le bioplastiche sono materiali innovativi che possono sostituire le plastiche in una vasta gamma di prodotti, perché, a parità di applicazione, offrono prestazioni del tutto analoghe a quelle delle loro controparti tradizionali. Attualmente i materiali “eco” si posizionano con successo in nicchie di mercato come quelle degli alimenti biologici o dei beni di lusso, spesso in forma di packaging dedicato. Un esempio ci viene da diverse industrie leader nella produzione di bevande hanno espresso l’intenzione di sostituire le bottiglie tradizionali in PET con il loro equivalente in materiale bioplastico (BIO-PET e PEF).

Di seguito alcuni esempi di applicazione in ambito alimentare, in fase di studio o già realizzati e che rendono l’idea delle forti potenzialità del mercato delle bioplastiche.

Film e sacchetti

I fogli in bioplastica possono essere usati per produrre sacchetti per rifiuti organici, buste per la spesa, pellicole per alimenti, pellicole termoretraibili per contenitori di bevande

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Imballi per alimenti

Gli imballi per alimenti in bioplastica possono essere usati per confezionare diversi tipi di cibo, dai prodotti da forno all’ortofrutta, dalle caramelle alle spezie e bevande analcoliche. Sul mercato sono disponibili diversi tipi di imballi bioplastici compostabili.

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Bicchieri, piatti e posate usa e getta

Gli oggetti usa e getta sono spesso impiegati per picnic, eventi all’aria aperta, contenitori di cibo monouso, nei catering e sugli aerei. Essi generano una grande quantità di rifiuti difficili da riciclare perché contaminati dal cibo. Se realizzati in plastica compostabile, possono invece essere smaltiti con i rifiuti organici e convertiti in compost.

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silvia
silvia
25 Giugno 2015 11:10

Che bello leggere queste novità.
complimenti

alessandra
alessandra
6 Luglio 2015 18:54

spero che tutto ciò che ho letto divenga realtà in breve tempo per il bene del ns. piane e di tutti noi

Robo
Robo
8 Luglio 2015 21:22

Nutro personalmente grandi speranze per la bioplastica, in particolare per la questione della microplastica nella catena trofica marina, fenomeno i cui danni sono al momento difficilmente quantificabili. Bisogna peró essere onesti: la migliore bioplastica non dovrà competere con l’uso alimentare delle colture altrimenti (come per i biocarburanti di prima generazione) diverrà una perdità netta di suolo ed energia. L’ideale sarebbe, sempre parimenti ai biocarburanti, una produzione da residui di altri processi. In tal modo é più probabile di trovarci in una produzione virtuosa. Saluti.

Valeria Nardi
Reply to  Robo
9 Luglio 2015 09:15

Avevamo pubblicato un articolo sull’argomento che forse le può interessare: http://www.ilfattoalimentare.it/plastica-ritorna-rifiuti-rispediti-mittente-attraverso-catena-alimentare-lago-garda.html