Ci sono PFAS anche nell’acqua minerale. Non è una novità: diversi studi avevano già accertato la presenza di sostanze perfluoroalchiliche nelle bottiglie di diversi marchi in giro per il mondo (ne abbiamo parlato per esempio in questo articolo). L’ennesima conferma arriva da un test effettuato dall’associazione ambientalista Pesticide Action Network Europe (PAN Europe), che ha portato in laboratorio 19 marchi di acqua minerale provenienti da diversi Paesi europei, trovando in più della metà di esse acido trifluoroacetico (TFA), una piccola molecola che fa parte della categoria degli PFAS.
L’associazione ha condotto il test nell’estate del 2024 su, appunto, 19 bottiglie di acqua minerale provenienti da Austria (cinque), Belgio (quattro), Francia (due), Germania (cinque), Lussemburgo (una), Paesi Bassi (una) e Ungheria (una). Non è stato analizzato nessun marchio italiano. Le analisi hanno rilevato la presenza di residui quantificabili di TFA in 10 acque minerali su 19, oltre la metà. In sette casi, poi, il livello di contaminazione supera il valore limite dell’acqua potabile per i metaboliti dei pesticidi rilevanti (100 ng/l): si tratta dei marchi austriaci Gesteiner e Waldquelle, Ordal e Villers dal Belgio, Spreequell dalla Germania, Vittel dalla Francia e un marchio lussemburghese (mantenuto anonimo dall’associazione*).
Ci sono limiti per gli PFAS?
Una di queste, l’acqua minerale belga Villers, conteneva addirittura 3.200-3.4000 ng/l di TFA: un livello che supera abbondantemente il limite di PFAS totali proposto nella Direttiva europea per l’acqua potabile, che entrerà in vigore nel 2026. Attualmente, infatti, gli stati membri adottano diversi limiti e non tutti hanno già adeguato la normativa nazionale alle misure previste dalla direttiva. L’Italia per esempio ha stabilito un limite complessivo di 100 ng/l per la somma di 24 diversi PFAS.
In ogni caso, tutte le acque minerali analizzate, compresa quella con la contaminazione più elevata, rispetta la maggior parte dei valori guida per la salute umana stabiliti dalle varie autorità dell’Unione Europea, anche con un consumo giornaliero di 2 litri. Precisiamo, però, che l’acqua minerale è in media meno contaminata da TFA rispetto all’acqua del rubinetto, dato che proviene da fonti che spesso si trovano a centinaia di metri di profondità. In alcuni casi, però, PFAS e altri contaminanti ambientali riescono a raggiungerle comunque.
Nota
Mouvement Écologique, l’associazione lussemburghese affiliata a PAN Europe che ha prelevato la bottiglia inclusa nel test, sostiene che, dato il numero limitato di produttori di acqua minerale nel Paese, rendere pubblico il marchio potrebbe spostare l’attenzione sulla singola azienda piuttosto che sul problema generale.
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, PAN
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.