Parte da Predaia e dopo circa un chilometro arriva in profondità, a 450 metri, fino nelle viscere della miniera Rio Maggiore, laddove finora arrivavano solo i camion, per caricare le casse di mele conservate nelle celle ipogee di San Romidio. La nuova funivia di Melinda, finanziata con sei milioni dal consorzio, e con quattro da fondi del PNRR, è appena stata inaugurata, e dovrebbe consentire di evitare circa seimila viaggi in camion all’anno, pari a circa 12mila chilometri percorsi
Una storia che arriva da lontano
Sono passati quindici anni da quando Melinda, il consorzio fondato nel 1989 che conserva e rivende il 98% delle mele raccolte nel Trentino nord-occidentale, ha iniziato una profonda riorganizzazione. Era infatti il 2010 quando, a fronte di un aumento di produzione, iniziò a farsi sentire la necessità di un ampliamento dei magazzini, fino a quel momento tutti esterni e quindi esposti agli sbalzi di temperatura e agli eventi atmosferici.

Estendere ulteriormente quei depositi apparve tuttavia da subito una strada non praticabile, sia perché si volevano tutelare i paesaggi della Val di Non, sia perché l’esposizione esterna dei frutti comportava un grande dispendio energetico per mantenere le condizioni di conservazione ottimali non solo per quanto riguarda la temperatura ma anche per l’umidità e la presenza di parassiti.
In quel momento si fece avanti un’azienda coinvolta nelle attività estrattive di una miniera di dolomia della zona, chiamata Rio Maggiore, offrendo una quindicina di chilometri di gallerie ormai non più soggette alle attività minerarie, ma piene di cavità esauste e prive di una vera destinazione. Così nel 2011 iniziò una sperimentazione, sostenuta anche da alcune università, e nel 2015 le celle ipogee iniziarono ufficialmente l’attività di conservazione, favorita da alcune condizioni naturali particolarmente propizie.
Le celle ipogee di Melinda
Le cavità sono infatti perfettamente asciutte, perché oltre alla dolomia sono isolate da uno strato di un altro minerale, la marna, che le rende impermeabili, e infatti vengono utilizzate così come sono. La temperatura viene tenuta costantemente a 1°C, rispetto ai 10-11°C della miniera, e anche questo è vantaggioso, rispetto ai depositi esterni, perché è necessaria molta meno energia per contrastare la differenza di temperatura: all’esterno durante l’anno passa da pochi gradi attorno allo zero fino ai 30°C e più. Inoltre, il controllo dell’atmosfera è meno complesso ed energivoro, perché le condizioni sono stabili. In pratica, si riduce l’ossigeno (che è tra i principali agenti della maturazione) e si aumentano l’azoto e la CO2, arrivando a rallentare fino a quasi fermare la maturazione senza bisogno d’altro. Grazie a questo mix, le mele restano mediamente un anno senza subire particolari modifiche.

Dieci anni dopo le prime mele, le celle ne conservano in media circa 150 milioni, pari a 30mila tonnellate, sulle 400mila del consorzio (che continua quindi a utilizzare anche i depositi esterni), ma secondo i progetti gli spazi ipogei dovrebbero raddoppiare nei prossimi anni.
E ora, a un circuito già fortemente automatizzato si aggiunge la funivia, caricata automaticamente con mele di diverse varietà, tre delle quali hanno il marchio DOP: la Golden Delicious gialla, la Red Delicious, rossa e con cinque punte nella parte bassa, e la Renetta.
I pesticidi
Melinda è da anni anche al centro di polemiche per l’impiego dei pesticidi sulle mele, e per la quota riservata alle produzioni biologiche, attorno al 4%. Le mele sarebbero infatti sottoposte a irrorazioni con almeno una ventina di pesticidi diversi, come conferma anche il fatto che, nella sola regione Alto Adige, ogni anno si acquistano 4,6 tonnellate di prodotti (fonti ISTAT). In base a uno degli ultimi rapporti, relativi al 2020, ogni ettaro di superficie assorbirebbe tra gli 80 e i 120 kg di fitofarmaci, un valore elevato che spigherebbe anche la morìa di api della Val di Non.

Da anni gruppi come il Comitato per il diritto alla salute della Val di Non e Stop Pesticidi Alto Adige/Südtirol chiedono la conversione al biologico e la messa al bando di alcuni dei prodotti più pericolosi come il glifosato, il fluazinam, il ditianon e il captano, oggetto anche di una raccolta di firme su Change.org. A queste accuse i coltivatori (non solo di Melinda) rispondono spiegando la complessità della coltivazione delle mele, che dipenderebbe più di altre dai fitofarmaci. Al momento, il divieto significherebbe la fine della produzione.
La funivia è senza dubbio positiva per diminuire i trasporti su gomma, così come lo sono le celle ipogee per la conservazione, ma il problema dell’impiego dei pesticidi resta, e non sarà per niente facile trovare una soluzione equilibrata e priva di prese di posizione strumentali, da una parte e dall’altra.
© Riproduzione riservata Foto: Melinda, Depositphotos
Giornalista scientifica



E ti pareva che la famigerata Melinda non fosse di nuovo finita al centro dell’attenzione per il suo smodato uso di Pesticidi nei meleti al Veleno sia in Val di Non che è la valle più grande del Trentino insieme a Valsugana, e le basse Giudicarie che comprendono Pinzolo, Caderzone, Tione e il Lago di Ledro con il fiume Sarca ormai inquinato come il Noce in Val di Sole, motivo semplice: sversamenti di pesticidi e fogne ne hanno per sempre compromesso l’habitat naturale, tutto è compromesso, in Val di Sole, Val di Non, sede dello stabilimento a Cles, ma in tutta la Val D’Adige cioè la zona di produzione delle mele Golden e Stark è tutto ridotto un stillicidio di meleti e uve che ogni giorno vengono irrorate con pesticidi, uguale per tutte le valli del Trentino, il peggio è stato un paese Caderzone (Val di Non)che ha tagliato tutti i Larici e Abeti Secolari per fare posto a meleti proprio sopra la diga di Santa Giustina che è a 700mt di altezza, fino che resiste perché ha uno dei più grandi invasi del Trentino, poi è ad alto rischio di crepe strutturali, invece di fare di tutto per evitare è stato fatto un danno ancora maggiore per la mentalità ottusa di chi vede nella Melinda l’unica fonte di guadagno, non agricoltura a rotazione, tutto è un enorme meleto al veleno, con gli alberi completamente verdi da gran pesticidi che il tronco assorbe, e chi osa parlare guai… ho firmato la petizione su Change.org, uguale situazione lo è per le Marlene in Alto Adige, dove gli antiparassitari vanno a quintali e sono usati tutt’ora per tutte le mele della Melinda che lo fornisce direttamente. Una volta la Melinda aveva come simbolo la Coccinella come adesivo sulle mele, gli è stato levato.