Donna seduta con tazza di cappuccino accarezza un gatto

Negli ultimi anni gli italiani si sono diventati sempre più pet-friendly e, come hanno rivelato diversi sondaggi e i risultati della XIV edizione del Rapporto Assalco-Zoomark, considerano i loro animali domestici parte integrante della famiglia. Per questo sono disposti a spendere di più per prendersene cura e garantire il loro benessere. Si tratta di un comportamento coerente con un cambiamento culturale e con un’evoluzione della relazione tra uomini e animali d’affezione a livello internazionale, soprattutto nelle società occidentali.

Il Covid-19 ha cambiato il rapporto con gli animali domestici

La pandemia da Covid-19, sembra aver contribuito a imprimere un’accelerazione a questo trend, dal momento che, tra desiderio di sfuggire alla solitudine causata dall’isolamento, maggiore tempo trascorso tra le mura domestiche e affermazione di modelli di lavoro più flessibili, l’emergenza sanitaria ha fatto registrate non solo un aumento delle adozioni di cani, gatti e altri animali da compagnia, ma anche una maggiore attenzione per la loro salute, a partire dall’alimentazione.

Donna con guanti e mascherina porta a passeggio un cane durante la pandemia di Covid-19 nel 2020
La pandemia di Covid-19 ha fatto registrate non solo un aumento delle adozioni di animali domestici, ma anche una maggiore attenzione per la loro salute

Questo ha avuto importanti riflessi sulle abitudini d’acquisto dei proprietari di animali domestici. Oltre ad affidarsi sempre più spesso ai negozi online, hanno iniziato a prestare maggiore attenzione al contenuto dei cibi destinati alla loro alimentazione e a puntare su quelli biologici, sostenibili o ricchi di ingredienti benefici come proteine naturali, prebiotici e probiotici, nonché su integratori e farmaci omeopatici, anche a costo di reindirizzare verso questa voce di spesa il denaro risparmiato altrove per fronteggiare le incertezze economiche del periodo.

Il pet food ha assecondato il cambiamento

I marchi di cibo per animali domestici si sono adeguati alle nuove esigenze espresse dai proprietari, implementando non solo i canali di vendita digitali, ma anche la produzione e la messa in commercio di mangimi più sani e funzionali per supportare la salute, la longevità e il benessere generale di cani e gatti. In alcuni casi i due aspetti si sono integrati perfettamente, dando vita a servizi di food delivery per animali con menù ideati da un veterinario nutrizionista, nell’ambito di un’offerta personalizzata in base a variabili come razza, età, sesso dell’animale.

Il risultato è un mercato che solo in Italia ha raggiunto nel 2021 un valore di 2,5 miliardi di euro e che non sembra conoscere crisi. Anzi: nel 2023 potrebbe far registrare un giro d’affari da 103 miliardi a livello globale. Ma oltre alla crescita in termini di fatturato, un aspetto interessante da sottolineare è la superiore progressione a valore (+5,7% all’anno) rispetto ai volumi (+3,1%) del settore, motivata dallo sviluppo e dal crescente apprezzamento verso prodotti premium, ad alto contenuto di innovazione e servizio, e quindi di maggior prezzo.

Giovane donna tiene in mano una confezione di crocchette per animali davanti a scaffali del pet food
Nel 2021 il mercato del pet food solo in Italia ha raggiunto un valore di 2,5 miliardi di euro

Anche il cibo per animali domestici si umanizza

Il trend generale (che emerge dal dossier speciale che l’edizione 2021 dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy ha dedicato al pet food) vede infatti un’umanizzazione delle ciotole, che sempre più spesso i proprietari cercano di riempire con alimenti paragonabili a quelli che portano a tavola, in termini di qualità, salubrità e funzionalità degli ingredienti, sostenibilità, controllo e valorizzazione della filiera, ecc.

Per questo sempre più spesso la scelta ricade su prodotti nazionali, biologici, vegetariani o vegani, senza Ogm, senza glutine né cereali, fortificati, monoproteici o con proteine animali meno consuete e, sempre più spesso, freschi e non inscatolati, poco lavorati o addirittura crudi e che, sia per aspetto che per odore, siano il più possibile simili a quelli per umani. Insomma, i padroni più esigenti pretendono di nutrire i propri amici a 4 o a 2 zampe con ciotole gourmet e su misura, determinando una virata di questo settore verso il comparto lusso.

Cresce il settore del pet care

Le stesse dinamiche si individuano nel settore del pet care, all’interno del quale troviamo i prodotti non alimentari legati alla gestione degli animali, come prodotti per l’igiene (salviette, spazzole, shampoo, tappetini assorbenti, salviette e prodotti di bellezza), giochi, ciotole, lettiere, accessori da passeggio. Se solo nel 2020 le vendite nella GDO hanno registrato un valore complessivo pari a 72,8 milioni di euro il merito sono le dinamiche d’acquisto che puntano all’esclusività: con cucce che si trasformano in ‘sacchi nanna’, trasportini che diventano ‘passeggini’, e cappotti che simulano veri e propri vestitini alla moda, spesso firmati e con prezzi paragonabili se non superiori all’abbigliamento per umani.

Gatto che si struscia su cane
Le stesse dinamiche che si osservano nel mercato del pet food si ritrovano anche in quello del pet care

Umanizzazione esagerata?

Insomma, come abbiamo già scritto qui sul Fatto Alimentare tre anni fa, se il rispetto per gli animali passa anche attraverso una maggiore cura  per la loro alimentazione e il benessere, l’antropomorfizzazione di cani e gatti è un’esasperazione che porta inevitabilmente a dei paradossi. Da un lato l’attenzione per le ciotole prelibate cucinate al momento e consegnate fresche a domicilio, dall’altro l’incuranza nei confronti del fenomeno malnutrizione, che in Italia determina un tasso di obesità infantile del 9%. Stesso discorso per quanto riguarda la spesa per il pet care, che contrasta con i dati sulla povertà che in Italia sembra ormai strutturale e che riguarda il 9,4% della popolazione (5,6 milioni di persone, di cui oltre 1,9 milioni di famiglie e 1,3 milioni di bambini che non hanno accesso a cibo di qualità né la possibilità di esercitare attività fisica in modo costante).

Sebbene non ci sia un nesso diretto fra successo del pet food e del pet care con la malnutrizione correlata alla scarsità di risorse economiche, tuttavia vale la pena porre l’accento sulla convivenza dei due fenomeni. Siamo di fronte a un paradosso della società occidentale contemporanea che dovrebbe stimolare ad occuparsi in modo coscienzioso non solo dei propri animali ma anche della salute delle persone, cercando un equilibrio che il mercato da solo non è intenzionato a raggiungere.

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Beti PIOTTO
Beti PIOTTO
10 Giugno 2023 18:01

Analisi completa e perfetta. Non è giusto “Umanizzare le ciotole”, è una forzatura, una perdita di contatto con la realtà

Io io
Io io
11 Giugno 2023 08:14

Premesso che non amo l’umanizzazzione degli animali, chiamarli bambini, trattarli come bambini, etc. Vanno trattati bene e amati, ma si snatura e si offende l’animale che alla fine ci amerebbe incondizionatamente anche con una ciotola di riso e acqua. E poi siamo sicuri che con le ultime follie del marketing sono realmente felici o gli basta solo una passeggiata in più? Impariamo da loro.

Juan
Juan
11 Giugno 2023 22:36

Articolo giusto ed equilibrato. Ho un gatto e lo adoro, ma trovo ridicole le umanizzazioni degli animali, spesso indotte semplicemente dal marketing.
E tutto questo mentre ci sono sempre più persone che muoiono di fame (e sì, le due cose sono collegate, perché richiedere ingredienti più ricercati nel cibo per animali ne fa alzare i prezzi, anche per gli umani)