Qualche giorno fa abbiamo pubblicato un articolo su alluminio e migrazione negli alimenti che ha dato il via a un acceso dibattito. Di seguito pubblichiamo il commento di una lettrice e la risposta di Luca Foltran, esperto di sicurezza dei materiali.
L’articolo è un po’ fuorviante, nel senso che sembra implicito, dai numeri dei panini che dovremmo mangiare settimanalmente, che tutto sommato non faccia poi così male o che tutto sommato un panino al giorno cosa vuoi che faccia! Quindi implicitamente potrebbe spingere le persone a non fare comunque attenzione. Al di là del fatto che occorre tenere presente anche il bio-accumulo (che esiste soprattutto per persone con problemi di reni, anziani o donne in gravidanza e bambini in quanto l’espulsione sembra avvenire attraverso i reni e che se non funzionano bene si può rischiare l’accumulo di questo metallo), e l’accumulo anche con altre sostanze metalliche che possono arrivare da altri alimenti o dall’esterno, il ministero della Salute fa una serie di raccomandazioni all’utilizzo. E le raccomandazioni servono proprio a far stare attente le persone a cosa usano e a cosa mangiano. Un articolo del genere, secondo me, potrebbe avere l’effetto opposto, cioè invitare a non stare attenti perché tanto non si riuscirà mai in una settimana a mangiare così tanti panini! E mi pare pure che sia un po’ in contraddizione con lo spirito solito de Il Fatto Alimentare.
L’accenno alle raccomandazioni finale, nell’articolo, dovrebbe essere ampliato andando a indicare per esempio le persone più a rischio che quindi dovrebbero fare comunque attenzione, e anche le raccomandazioni che ci arrivano dal ministero della Salute. In questo modo sarebbe più completo (ci sono un sacco di malattie che “sembrano” avere delle connessioni con questo tipo di metalli, sarebbe bene essere cauti).
Questo il link del parere del ministero e qui il nuovo parere del 2019 a conferma il precedente.
PS. vedo che lo studio è stato commissionato da Contital srl. Diciamo che siamo di fronte a un minimo “conflitto di interessi”! Inoltre non si fa cenno al laboratorio di analisi che si è utilizzato, né al metodo di studio (a parte alcune caratteristiche di alluminio, temperature ecc). Sapere chi ha realizzato le prove di simulazione, non sarebbe di poco conto (in quell’ottica sempre della famosa trasparenza che si legge nel volantino del comunicato rilasciato da Assomet (Associazione nazionale industrie metalli non ferrosi).
Catia
Di seguito la risposta di Luca Foltran.
L’articolo e lo studio oggetto dello stesso, non fanno altro che supportare le precisazioni del viceministro Sileri visibili sul sito del ministero della Salute proprio nella sezione “Campagna informativa sul corretto uso dell’alluminio in cucina”. Si può leggere che, considerando un normale panino “anche nel caso in cui una piccola porzione di farcitura (piccolo lembo di prosciutto salato, ecc.) fuoriuscisse ed entrasse in contatto diretto con l’alluminio, anche a caldo, si verificherebbe un incremento poco significativo di alluminio nell’alimento e quindi il consumo dello stesso non costituirebbe un rischio per i consumatori.”
Inoltre, in conclusione delle precisazioni del viceministro si legge che “Il consumo del panino, anche se avvolto nel foglio di alluminio, se correttamente utilizzato, non costituisce quindi un rischio per i consumatori”.
Non appare un invito, quello del viceministro, a non prestare attenzione a come si utilizza l’alluminio in cucina; lo stesso vale per l’articolo pubblicato che presenta, in maniera oggettiva, una serie di riscontri analitici rappresentativi di una normale situazione.
Che poi la prova sia stata commissionata da chi commercializza o produce questo materiale pare altrettanto naturale, visto che la questione ha riguardato proprio il settore e i messaggi passati all’opinione pubblica da alcuni media sono stati, probabilmente, travisanti della realtà.
L’assenza di altri dati analitici, provenienti da fonti diverse e meno interessate a dimostrarne o smentirne il rischio, non è ad oggi disponibile. Ma qualora dovessero esserci nuove risultanze non è da escludere che vengano presentate con le medesime modalità in un prossimo articolo.
In merito a criticità legate a usi impropri dell’alluminio, Il Fatto Alimentare ha prodotto diversi articoli per favorirne un uso corretto e consapevole da parte del consumatore. In più tappe sono stati dati gli strumenti del caso e lo spiritoè volto proprio a una tutela del consumatore, nella sua forma più ampia, ovvero fruitore di diritti ma al contempo individuo chiamato a rispondere a dei doveri, oltre quello di informarsi, al fine di tutelare la propria salute.
Ribadiamo ancora una volta che l’alluminio è un materiale che di per sé non comporta danni alla salute, ma il cui utilizzo non corretto può essere rischioso.
Esistono situazioni in cui è necessario usare materiali diversi dall’alluminio (come riporta il Cnsa – Comitato nazionale per la sicurezza alimentare – nel suo parere 2019) e in particolare quelle già contemplate dal decreto italiano n°76: la cottura, la trasformazione e la conservazione di alimenti fortemente acidi o fortemente salati e più in generale il mantenimento di cibo a temperatura non refrigerate (o di congelamento) per tempi superiori alle 24 ore (tranne in casi specifici evidenziati chiaramente nella legge per alimenti a basso potere estrattivo *).
Dubbi vengono sollevati nel rapporto ISTISAN 19/23 (Studio sull’esposizione del consumatore dell’alluminio derivante dal contatto alimentare) sull’uso del materiale nella cottura al cartoccio che potrebbe esporre il consumatore a rischi viste le molteplici variabili in gioco (tempi, temperature, natura degli alimenti, condimenti, quantità di pellicola effettivamente a contatto): per questo motivo, sulla base del principio di precauzione, non è consigliabile cuocere alimenti al cartoccio usando alluminio a contatto diretto.
Particolare deve essere l’attenzione sul tema alluminio per fasce della popolazione particolarmente vulnerabili come i bambini, gli anziani sopra i 65 anni, le donne in gravidanza e persone con funzionalità renale compromessa: a tale proposito, lo stesso Cosa raccomanda l’avvio di azioni atte a contenere l’esposizione, in particolare, delle fasce a rischio a livelli inferiori alla dose settimanale tollerabile (TWI) definita dall’Efeso. Raccomanda per queste situazioni, l’uso di materiali alternativi o leghe, che minimizzino la cessione, sulla base di solide evidenze.
(*) Alimenti a basso potere estrattivo indicati nel decreto: prodotti di cacao e cioccolato, caffè, spezie ed erbe infusionali, zucchero, cereali e prodotti derivati, paste alimentari non fresche, prodotti della panetteria, legumi secchi e prodotti derivati, frutta secca, funghi secchi, ortaggi essiccati, prodotti della confetteria, prodotti da forno fini a condizione che la farcitura non sia a diretto contatto con l’alluminio
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Esperto di Food Contact –
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Twitter: @foltranluca
Buongiorno,
le analisi sono state eseguite dai laboratori “Consumer Products” UL-IISG di Cabiate (CO).
La finalità dei test era quella di verificare la quantità di metallo migrato dopo 8 ore di contatto tra la pellicola e dei panini imbottiti con 4 diverse tipologie di salumi (prosciutto crudo, mortadella, salame e pancetta).
Nello specifico, l’analisi è stata condotta sul foglio di alluminio (house foil) lega AA8006 di spessore 11 micron.
I panini, della tipologia rosetta, sono stati preparati facendo fuoriuscire i salumi di circa 2 cm dal bordo e successivamente avvolti nella pellicola di alluminio dal lato opaco.
Sono stati quindi mantenuti per 8 ore a temperatura ambiente (22° C) prima della rimozione della pellicola e della determinazione, tramite spettrofotometro di massa, del contenuto di metallo nel cibo.
Il riscontro è avvenuto rispetto alla quantità di alluminio presente nei panini prima del contatto con la pellicola; i risultati sono riferiti alla media di 3 campioni.
Le analisi sono state affidate ad un laboratorio terzo accreditato (come ha precisato anche ASSOMET) non eseguite nei laboratori della stessa azienda. Come fa a vedere la signora Catia conflitto di interesse? Vorrei chiedere alla signora Catia come smentire notizie false, non suffragate da alcun numero e dato scientifico se non facendo fare analisi ad un laboratorio indipendente e accreditato per fornire al consumatore verità è non scoop?? Questo mi fa capire che alcune persone, condizionate non so da chi nel loro pensiero, non rivedono i loro pregiudizi nemmeno di fronte ad evidenze scientifiche. Scrive uno che ha pubblicato studi sull’argomento (su analisi fatte fare sempre da laboratori terzi accreditati proprio per essere obiettivi e lontani da conflitti di interesse) e ha partecipato (come Associazione) a tutti i lavori dell’Istituto Superiore di Sanità per scrivere le buone pratiche di fabbricazione per tutti i materiali e oggetti a contatto con alimenti! Vorrei fare io una domanda alla signora Catia: chi condiziona la sua obiettività (parliamo di numeri) e chi orienta le sue convinzioni???? Il limite (estremamente prudenziale) suggerito da EFSA di 1 mg/Kg peso corporeo a settimana nell’assunzione del metallo nella dieta è stato definito già pensando a tutte le possibili altre assunzioni (farmaci, conservanti alimentari, esposizione all’allumina ——Al2O3-secondo componente della crosta terrestre….). Inoltre tutto l’alluminio ingerito viene trasformato in idrossido di alluminio. Lo sa la signora Catia che una sola compressa di antiacido contiene 400mg di idrossido di alluminio che. Serve proprio a neutralizzare l’acidità sfruttando le capacità anfotere di questo composto). Siccome poi oltre il 95% dell’Al viene smaltito per vie renali concordiamo che se ne sconsiglia l’utilizzo ai dializzati (anche perché o filtri con cui si purifica il sangue sono già in larga parte costituiti da allumina!). ciro.sinagra@libero.it (Food Contact Expert)
Alzare la voce non servirà a niente , mettetevi piuttosto d’accordo con le autorità sanitarie che con i pareri CSNA del 2017 e 2019 dicono anche altro, questo studio pirotecnico NON è uno studio indipendente , se volete l’unanimità di pareri cambiate materiale, ovviamente a mio modo di vedere, se posso ancora esprimerlo.
E se non bastasse il discorso del bio-accumulo e delle fascie di età a rischio tenete anche presente che i fogli di alluminio e le vaschette sono un prodotto usa e getta per eccellenza , con lo spreco che ne consegue.
L’alluminio oggi è recuperato in Italia (da post consumo ovvero dalla raccolta dei rifiuti differenziata) con una
percentuale superiore all’80%, e’ riciclabile all’infinito e conviene riciclarlo in quanto bastano solo 0,35 KWh/Kg contro 16 KWh/Kg che occorrono per ottenere l’alluminio dal suo ossido (alluminio primario). Forse non sa che il 75% dell’Alluminio prodotto in 125 anni (ossia da quando è nato) è ancora in uso! Si informi: metalli e vetro rientrano perfettamente nell’economia circolare!!!
L’alluminio e’ tra i materiali maggiormente recuperati: solo in Italia si recupera dai rifiuti più dell’80% degli oggetti conferiti nella raccolta differenziata. Inoltre non sa che per recuperare (per rifusione il metallo) bastano solo 0,35 KWh/Kg contro i 16 KWh/Kg che servono per produrlo dall’allumina (Al primario). Quindi la
Invito ad informarsi bene prima di esprimere pareri nescienti. Non è che “libertà di pensiero” significa dire tutte le fandonie che ci passano per il cervello. A me hanno insegnato che uno si informa, si fa una sua idea e poi l’esprime…. mai il contrario!
Lei ha perfettamente ragione , nel mondo civile e virtuoso, ma partecipo regolarmente a iniziative di raccolta rifiuti in zone fluviali, parchi e riserve e posso assicurarle che nel mondo selvaggio di alluminio se ne trova parecchio , i contenitori leggeri poi usati ( impropriamente ) in cucina e sporchi di cibo avanzato vengono spesso buttati nell’indifferenziato.
Non lo vogliamo fare un passo avanti? l’economia circolare è una bellissima cosa e il riciclo è virtuoso ma secondo logica “usa e getta” e “riciclo” sono due termini che non si escludono affatto.
Dunque un oggettino è composto da una sostanza estratta da un minerale, trasportata in stabilimento, purificata dalle scorie, fusa e modellata nella forma prevista, impacchettata , trasportata in luogo di vendita, trasportata a destinazione finale , utilizzata UNA volta , buttata
nella spazzatura, recuperata , separata e ripulita industrialmente , poi rifusa, rimodellata , e via discorrendo per infinite volte…….le economie di scala alleviano i costi senza dubbio.
Ma non vi sembra un caso lampante di “usa e getta” e un enorme spreco di energie , pur risparmiando sulla costosa estrazione, rispetto magari a una stoviglia in materiale più consistente che può essere riutilizzata innumerevoli volte solo previo lavaggio?