
Più di 500 casi di salmonellosi in Europa sono stati collegati al consumo di semi germogliati provenienti dall’Italia. Lo rivela un rapporto congiunto del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) e dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), pubblicato lo scorso 6 marzo. L’epidemia ha avuto inizio nel gennaio del 2023, e da allora ha coinvolto almeno dieci Paesi in Europa, ma è ancora in corso: potranno, infatti, verificarsi nuovi casi finché non si identificheranno i punti della catena produttiva in cui la Salmonella ha contaminato i semi.
Secondo i dati raccolti dagli enti preposti, tra il gennaio 2023 e il gennaio 2025 si sono verificati 510 casi confermati di salmonellosi. Il Paese più colpito è la Norvegia (257 casi), seguita da Svezia (110), Finlandia (94), Germania (30), Paesi Bassi (9), Danimarca (4), Francia (3), Belgio, Estonia e Regno Unito (1 ciascuno). L’epidemia ha incluso otto sierotipi diversi di Salmonella (S. Adelaide, S. Enteritidis, S. Hvittingfoss, S. Kinondoni, S. Kisarawe, S. Newport, S. Typhimurium e S. Richmond), alcuni dei quali molto rari nei Paesi europei.
La Salmonella nei semi germogliati dall’Italia
Le indagini epidemiologiche hanno identificato i semi germogliati di alfalfa come causa delle infezioni. Gli investigatori, successivamente, hanno collegato il prodotto a un unico fornitore italiano, che ha acquistato i semi da tre coltivatori, della stessa Regione. Nonostante le analisi microbiologiche abbiano trovato il batterio nei germogli a diversi livelli della catena distributiva, le indagini condotte dalle autorità italiane non hanno confermato la presenza di Salmonella nei lotti conservati dal fornitore. Cioè potrebbe essere dovuto alla difficoltà tecniche di rilevare il batterio nei semi essiccati.
Anche per questo sono necessarie ulteriori indagini per determinare se si sia verificata qualche contaminazione crociata lungo la catena di approvvigionamento. Secondo un rapporto di FAO e OMS del 2023, il rischio di contaminazione riguarda infatti tutte le fasi della produzione dei germogli, a partire dalla selezione dei semi e dalle condizioni ambientali di germinazione (ideali per la proliferazione di agenti patogeni come E. coli, Salmonella, Listeria monocytogenes) fino alle fasi di stoccaggio e lavorazione.

Le autorità dei Paesi interessati dall’epidemia hanno attuato misure di controllo, tra cui il ritiro e il richiamo dei lotti coinvolti, riducendo significativamente le notifiche. Tuttavia, diversi Paesi hanno rilevato comunque nuovi casi di Salmonellosi: ciò significa che lotti di semi germogliati contaminati potrebbero essere ancora in circolazione.
I rischi dei germogli
Non è la prima volta che il consumo di germogli o semi germogliati ha causato focolai infettivi. Per esempio ha fatto molto rumore l’epidemia di infezioni da Escherichia coli O104: H4 causata da semi germogliati di fieno greco provenienti dall’Egitto, che nel 2011 ha colpito UE e USA. Solo in Europa, l’epidemia ha causato 50 vittime, il ricovero di 4.174 persone, 864 delle quali sono state colpite da insufficienza renale acuta.
Anche l’infezione da Salmonella può avere conseguenze gravi, soprattutto in alcuni gruppi della popolazione, come neonati, anziani, persone fragili e immuno-compromesse. Questi gruppi di persone dovrebbero evitare il consumo di germogli crudi. Più in generale, esperti come Stefano Morabito, Direttore dell’unità operativa Sicurezza microbiologica degli alimenti e malattie a trasmissione Alimentare dell’Istituto superiore di sanità, intervistato da Il Fatto Alimentare qualche anno fa, consigliano caldamente a tutti i consumatori e tutte le consumatrici di cuocere sempre i germogli per eliminare eventuali patogeni e sostanze dannose.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.