In Europa, la vicenda dei germogli contaminati dall’Escherichia coli O104: H4 ha causato 50 vittime, il ricovero di 4.174 persone, 864 delle quali sono state colpite da un’insufficienza renale acuta, una patologia che spesso si può curare solo con la dialisi. L’epidemia ha così guadagnato il secondo posto nella classifica delle intossicazioni alimentari europee dopo la Mucca pazza.
Un articolo pubblicato sul Bollettino dell’Istituto zooprofilattico di Teramo e firmato da Alfredo Caprioli, Stefano Morabito, Gaia Scavia, Rosangela Tozzoli, Clarissa Ferreri, Fabio Minelli, Maria Luisa Marziano, Valeria Michelacci dell’Istituto superiore di sanità (sede l’European Union Reference Laboratory for Escherica coli (EU-RL E.coli) ovvero del centro di riferimento europeo per queste patologie), una nota apparsa su Emerging Infectious Diseases (vedi allegato) e un servizio apparso sulla rivista francese Agriculture & Environnement e un intervento propongono una lettura critica della crisi ed evidenziano i troppi errori commessi.
La cronistoria
1 maggio 2011:
In Germania nella città di Amburgo e nell’area limitrofa si registrano i primi casi di intossicazione causati dal batterio Escherichia coli.
22 maggio 2011:
Gli ospedali registrano un numero abnorme di persone intossicate da Escherichia coli (come emerge dai documenti ufficiali dell’istituto Robert Koch Institute responsabile della sorveglianza sanitaria in Germania), ma le autorità sanitarie cittadine solo dopo 3 settimane segnalano il caso al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Edcd).
Questi 21 giorni sono considerati il primo grave errore, visto che le autorità sanitarie della Sassonia abitualmente una volta alla settimana inviano agli uffici centrali un report sulla situazione, e che questi a loro volta riferiscono al Robert Koch Institute ogni 7 giorni.
26 maggio 2011:
Quando ormai si contano centinaia di ricoveri ospedalieri e diversi morti, inizia la seconda fase della crisi, caratterizzata da comunicati stampa precipitosi e inesatti, con risvolti sanitari ed economici gravissimi. Con una certa superficialità Cornelia Prüfer-Storck – responsabile sanitaria di Amburgo – dichiara di avere forti sospetti su alcune partite di cetrioli biologici importati dalla Spagna, sui quali sono state trovate tracce di Escherichia coli.
In poche ore il panico si diffonde e i tedeschi smettono di mangiare cetrioli e verdure, mentre in Europa le importazioni di legumi e ortaggi dalla Spagna crollano vertiginosamente. Purtroppo la notizia è priva di fondamento tanto che i ricoveri ospedalieri non si riducono e i morti aumentano.
31 maggio 2011:
Cornelia Prüfer-Storcks cambia versione, esprime “dubbi sulla responsabilità dei cetrioli spagnoli” e sostiene che “la fonte dell’avvelenamento non è stata ancora identificata”. A supporto di questa nuova tesi cita i risultati del team di Helge Karch (uno dei più eminenti studiosi del settore dell’Università di Münster), che 48 ore dopo avere ricevuto l’incarico di esaminare il caso, identifica nell’Escherichia coli O104: H4 il ceppo di microrganismi responsabile dell’intossicazione (diverso da quello trovato sui cetrioli spagnoli).
Siamo di fronte al secondo errore delle autorità tedesche. Cornelia Prüfer-Storcks ha scatenato il panico in Europa basandosi su dati analitici incompleti e imprecisi, adducendo come motivo il numero elevato di morti che hanno spinto a diffondere notizie incomplete per cercare di arginare l’epidemia. Pur comprendendo la criticità della situazione, il rigore scientifico è un requisito indispensabile ed è comunque difficile giustificare una simile leggerezza.
I misteri del questionario:
Il questionario fatto compilare dalla maggior parte dei pazienti per individuare la causa dell’intossicazione (che gli esperti chiamano scheda epidemiologica caso-controllo), non conteneva tra le categorie sospette da indicare la parola germogli.
Secondo la rivista Agriculture & Environnement i germogli erano presenti nel primo questionario, datato 20 maggio e inviato ai primi pazienti. La categoria è stata cancellata in un secondo tempo perché nella fase di ricerca iniziale, solo una parte degli intervistati aveva dichiarato di aver consumato i germogli nei giorni precedenti. A questo punto si è focalizzata l’attenzione su insalata, cetrioli e pomodori consumati dal 95% delle persone colpite.
5 giugno 2011:
Il 36° giorno di crisi, quando si contano 23 morti e 2mila ricoveri ospedalieri, il mistero dell’epidemia viene finalmente risolto: le autorità sanitarie tedesche individuano come responsabili germogli di semi mangiati crudi.
Le autorità giungono a questa conclusione dopo aver mobilitano 150 persone (molte delle quali dipendenti dall’istituto Robert Koch) e aver riesaminato le schede epidemiologiche caso-controllo compilate dai pazienti. In questo modo si è focalizzata l’attenzione su alcuni ristoranti dove avevano mangiato diciassette pazienti.
In questi 36 giorni mentre cetrioli, pomodori e lattuga erano banditi dalle tavole, i cittadini hanno continuato a consumare germogli e ad ammalarsi. A livello agricolo il danno è stato molto grave perché 6mila tonnellate di cetrioli, più di 3.500 tonnellate di pomodori e 1.300 ettari di terreno coltivato a lattuga sono stati inutilmente distrutti, con perdite economiche pari a circa mezzo miliardo di euro.
10 giugno 2011:
Le autorità sanitarie individuano la fattoria biologica di Klaus Verbeck di Amburgo come l’azienda agricola che ha distribuito i germogli contaminati in cinque regioni e stabiliscono l’immediata sospensione dell’attività. Nei giorni successivi si assiste alla graduale riduzione dei ricoveri. Per dovere di cronaca va detto che i servizi sanitari tedeschi durante il sopralluogo in azienda hanno esaminato l’impianto idrico e di ventilazione e le aree di lavoro senza riscontrare tracce dell’Escherichia coli E104: H4. L’unico riscontro interessante è che il microrganismo viene isolato in alcuni dipendenti dell’azienda che avevano consumato i germogli e sviluppato la malattia.
La pista dei germogli della fattoria biologica di Klaus Verbeck spiega perchè l’epidemia risulta circoscritta in un’area limitata e anche il protrarsi dell’infezione, probabilmente dovuto all’impiego dello stesso lotto di semi contaminato per produrre nuovi germogli. Anche l’elevato numero di donne colpite e la scarsa presenza di bambini si può giustificare considerando la propensione delle donne a consumare più di frequente insalate con semi.
L’ipotesi dei germogli trascurata all’inizio è invece più che plausibile alla luce delle epidemie che questo tipo di cibo ha provocato negli ultimi anni. Basta ricordare quella del 1992 a Sakai City in Giappone (dove l’Escherichia coli O157: H7 nei semi di ravanello provocò 7mila vittime). Anche negli Stati Uniti e in Canada, nel periodo che va dal 1995 al 2003, si registrano più di 20 episodi di intossicazione causati da germogli contaminati. Il rischio è correlato alla procedura di germinazione, che richiede un ambiente caldo-umido considerato ideale per la crescita di microrganismi patogeni eventualmente presenti sulla superficie.
24 giugno 2011:
In Francia viene segnalato un focolaio di diarrea emorragica che colpisce 16 persone (di cui 8 con Sindrome emolitico uremica), dovuto a un ceppo di Escherichia coli O104:H4 simile a quello isolato in Germania. Vittime sono persone che nel corso di una festa scolastica hanno mangiato germogli crudi di semi di fieno greco, di rucola e di senape, coltivati dai bambini. Di fronte a questo episodio l’ipotesi dei germogli come fonte del focolaio diventa quasi una certezza, anche se mancano riscontri analitici sul prodotto.
Le cause
Come ha fatto l’Escherichia coli ad introdursi nel sistema produttivo dell’azienda agricola Klaus Verbeck? Le ipotesi sono diverse: l’uso di acqua contaminata, un livello igienico inadeguato, un inquinamento causato dal personale, l’uso di sementi contaminate all’origine fatte poi germogliare. La maggior parte degli episodi riportati in letteratura di epidemia da E. coli focalizzano l’attenzione sull’utilizzo di semi contaminati durante le pratiche agricole di coltivazione, di fertilizzazione, di raccolta o di stoccaggio. Il contatto con i batteri può avvenire anche durante la preparazione dei germogli, a causa di pratiche igieniche scorrette da parte degli operatori, che potrebbero a loro volta essere portatori dei microrganismi patogeni.
Per individuare la causa in modo certo bisognerebbe avere eseguito test e analisi microbiologiche su ogni lotto di semi e di germogli (controllo non previsto dalla normativa e quindi non realizzato dalla Klaus Verbeck). Va però detto che, secondo il sopralluogo condotto in azienda dopo circa un mese, l’azienda presenta una situazione di assoluta regolarità per quanto riguarda le norme igieniche e si è anche scoperto che nella struttura non si usano fertilizzanti organici e non si allevano animali.
Premesso ciò, l’ipotesi dei semi contaminati all’origine risulta comunque credibile per i riscontri epidemiologici rilevati in Germania e anche in Francia. Le indagini condotte in seguito congiuntamente dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dal Cepcm hanno individuato il fornitore dei semi di fieno biologici contaminati la società egiziana Aga Saat che ha fornito lotti nel 2009 e nel 2010. Anche i questo caso però non ci sono riscontri analitici sulla presenza dell’Escherichia coli in questi semi e quindi non si può sostenere con certezza l’origine di tutte le tossinfezioni.
I microbiologi non escludono l’ipotesi di una contaminazione causata dall’uomo, visto che il serbatoio naturale del ceppo di Escherichia coli O104: H4 è l’intestino umano e non quello degli animali. Il ceppo è stato trovato la prima volta nel 2001 negli esseri umani e anche di recente in modo sporadico. È lecito ipotizzare che nell’intestino di cittadini europei classificati come portatori sani ci sia il ceppo di Escherichia coli O104: H4 . Il motivo per cui solo nel maggio 2011 è scoppiata l’epidemia è che la trasmissione del batterio da uomo a uomo è complicata e quindi difficilmente realizzabile. Se però nello schema subentra un vettore esterno come i germogli che contaminati riproducono sulla loro superficie un elevata carica di Escherichia coli e questi vengono consumati crudi allora l’ipotesi della trasmissione diventa realistica.
Di fronte alla recente epidemia causata da germogli di semi, sarebbe opportuno introdurre nuove regole e nuove procedure per la vendita di semi destinati ad essere consumati crudi. La cosa più logica sarebbe quella di obbligare i produttori ad una preventiva sterilizzazione di tutti i semi. È troppo rischioso affidare ai consumatori la germinazione, senza informarli sulle precauzioni da adottate. Sino ad ora però le etichette dei prodotti non sono cambiate (Secondo il Canadian Food Inspection la soluzione migliore per evitare problemi è di sterilizzare i semi prima della germinazione con acqua clorata oppure con l’irradiazione; un’alternativa l’immersione in aceto o in acqua calda a 70°C per pochi minuti).
In Italia le metodiche per la ricerca di VTEC O104:H4 negli alimenti e i relativi materiali di riferimento sono stati distribuiti agli Istituti zooprofilattici sperimentali. I test di laboratorio condotti su varie matrici alimentari e su semi di specie varie destinati alla produzione di germogli hanno sempre dato esito negativo. Sono state anche condotte indagini di laboratorio su casi umani sospetti per sintomatologia e/o anamnesi ma sempre con esito negativo.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
ma la sterilizzazione dei semi non deprime la germinabilità ?