Vorrei segnalarvi una sospetta anomalia sulla confezione del “Würstel Vegetale Vita Leggera” prodotto dalla Principe di San Daniele S.p.A. Si evince a chiare lettere che dovrebbe trattarsi di un prodotto vegetale, quindi privo di proteine animali. Eppure fra gli ingredienti si legge “albume d’uovo”. Vorrei chiedervi se la cosa sia corretta e legale.
Flavio
Ecco la risposta dell’azienda Principe di San Daniele al quesito del lettore.
Il nome di fantasia “würstel vegetale” ha lo scopo di informare il consumatore, in modo efficace, della scelta di non impiegare carne quale ingrediente nella ricetta del prodotto, come ci si potrebbe aspettare dalla tipologia, dalla forma e dal colore dello stesso, e che la carne è sostituita da materie prime vegetali. Il prodotto, che peraltro è correttamente denominato, contiene proteine dell’uovo che sono evidenziate nell’elenco degli ingredienti e quindi è diretto a clienti vegetariani che non hanno preclusioni all’utilizzo di ingredienti contenenti proteine di origine animale diverse dalla carne.Per tale motivo non è stato definito “vegano” bensì, diversamente, “vegetale” .
È di diverso avviso l’avvocato Dario Dongo, esperto di diritto alimentare.
La fattispecie ricade nel novero del cosiddetto ‘Meat Sounding‘, vale a dire l’usurpazione del nome caratteristico di una preparazione di carne in etichetta di un prodotto che non ha nulla a che vedere con l’alimento evocato.
Il caso in esame oltretutto ci dimostra che i requisiti generali di chiarezza e trasparenza dell’informazione al consumatore (1) devono venire declinati in apposite prescrizioni di dettaglio, per quanto specificamente attiene ai cibi designati come ‘vegetariani’ o ‘vegani’.
La ‘Principe di San Daniele’ S.p.A. é stata evidentemente mal consigliata, atteso che:
1) é assai dubbia la legittimità d’impiego del nome ‘würstel’ su un prodotto privo di carne
2) la dicitura ‘vegetale’ non é compatibile con la presenza di un ingrediente, albume d’uomo, che in tutta evidenza deriva e appartiene al regno animale,
3) risulta altresì scorretta la denominazione ‘preparazione a base di soia’, laddove la soia rappresenta solo il 5% nella formula di produzione.
Note:
(1) Reg. UE 1169/11, articolo 7
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Avvocato, giornalista. Twitter: @ItalyFoodTrade
Concordo con l’avv. Dongo sulla non correttezza del termine “vegetale” in quanto con l’ingrediente albume d’uovo, questo mix non può certo definirsi vegetale, ma al limite vegetariano per l’assenza di carne.
Anche la dicitura a base di soia con un contenuto così basso, sembra proprio poco giustificata anche dal punto di vista nutrizionale, perché non apporta quel tenore di proteine che il consumatore si aspetta, come il prodotto tradizionale a base di carne.
Mentre non concordo con il cosiddetto “meat sounding”, in quanto ribadisco il mio parere espresso anche in altri casi analoghi, il termine generico “wurstel” rappresenta la forma-funzione dell’alimento e non la ricetta con cui è preparato.
Quindi per me, ampia libertà di ricettazione, purché chiaramente evidenziata in etichetta, in tutti i prodotti che hanno le stesse forme e funzioni gastronomiche.
Anch’io sul meat sounding sarei meno tranciante (come da altro mio commento a pagina http://www.ilfattoalimentare.it/vegan-meat-sounding-etichette.html: sul mercato di sono würstel (a base di) suino, suino e bovino, suimo e pollo, pollo, tacchino, anche di salmone, il che rende precaria una pretesa di esclusiva sulla denominazione.
E’ curioso notare che mentre Confindustria lato Associazione Nazionale Industria e Commercio Carni e Bestiame è impegnata in un’operazione di lobby contro il coisddetto “meat sounding”, è un socio di Confindustria lato Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi come Principe di San Daniele a proporre un würstel senza carni…
Concordo invece del tutto con Dongo sull’improprietà dell’aggettivo “vegetale” per un prodotto contenente ovoderivati (e, volendo fare i pignoli, anche il sale, che fa parte del regno minerale e non di quello vegetale).
L’avessero chiamato “vegetariano” non ci sarebbero stati problemi.
Non va bene manco “olio di girasole”, la denominazione che doveva essere utilizzata è “olio di semi di girasole” (legge 35/1968: “L’olio ottenuto dalla estrazione a mezzo solvente o dalla pressione meccanica di semi oleosi e successivamente sottoposto, per essere reso commestibile, a processo industriale di rettificazione, altrimenti detto «di raffinazione», dev’essere denominato «olio di semi». Alla suddetta denominazione dovrà aggiungersi l’indicazione della specie del seme oleoso sempreché l‘olio di semi sia stato prodotto da una sola specie, mentre qualora l’olio di semi sia costituito da miscele di oli prodotti da diverse specie di semi oleosi, esso dovrà essere denominato «olio di semi vari»).
Non mi rimane quibdi che concordare con Dongo anche sulla considerazione che l’azienda è stata mal consigliata.