È ora di dire basta. Basta con le pubblicità di cibo spazzatura dirette ai bambini e inserite a tutte le ore come farciture più o meno occulte in mezzo ai programmi, ai siti e ai videogame che i bambini amano di più. Si devono muovere il Congresso e la Federal Trade Commission, adottando specifiche leggi, perché tutti gli appelli e le moral suasion tentati finora non hanno portato ad alcun risultato.

Questo il senso di un documento ufficiale dell’American Academy of Pediatrics (Aap, oltre 60mila membri) e pubblicato nei giorni scorsi su Pediatrics, una presa di posizione molto dura, che ha il sapore di una dichiarazione di apertura ufficiale delle ostilità. Così Victor Strasburger, uno degli estensori del documento, spiega l’iniziativa dell’Aap: «Già trent’anni fa il Governo ha ammesso che i bambini sono psicologicamente indifesi di fronte alla pubblicità. Nonostante ciò, i ragazzi oggi sono costretti a subire tra i 5mila e i 10mila spot all’anno, la maggior parte dei quali volti a promuovere cibo spazzatura, pieno di zuccheri e grassi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti».

Strasburger fa riferimento ai numeri, impressionanti, del peso infantile a stelle e strisce: un bambino su sei è obeso, un tasso triplo rispetto agli anni ’80, e al fatto che il marketing degli alimenti definiti “peggiori” è sempre più aggressivo e ormai rivolto anche ai bambini con meno di cinque anni. Le aziende, del resto, spendono in pubblicità per la fascia 2-17 anni su televisioni, siti, videogames, messaggi via sms 1,6 miliardi di dollari all’anno.

Secondo l’Aap, inoltre, ci sono prove incontrovertibili dell’influenza nefasta della pubblicità di junk food sui bambini, come aveva già dimostrato mesi fa l’autorevole Institute of Medicine nel rapporto intitolato “Food Marketing and Youth”.

Ma i produttori, riuniti nel Grocery Manufacturers Association e nella Cfbai (Children’s Food and Beverage Advertising Initiative), non sono d’accordo. «Ciò che afferma l’Aap, scrive Eileen Kolish, vice presidente di Cfbai, è fuorviante e basato su dati molto vecchi, che non rispecchiano più la realtà. Non ci sono prove che una diminuzione della pubblicità abbia effetto sull’obesità. Inoltre le aziende hanno fatto molti passi in avanti negli ultimi anni, anche attraverso programmi come quello promosso da Cfbai nel 2006 per inserire tra le pubblicità anche quelle degli alimenti più sani. Il risultato è che molti degli obiettivi fissati dall’Aap sono già stati raggiunti».

Secca la risposta dell’Aap che, citando due studi usciti quest’anno, ha sottolineato che anche se le pubblicità rivolte ai bambini più piccoli sono leggermente diminuite negli ultimi anni, quelle dedicate agli adolescenti sono aumentate. E a dare ancora maggiore credibilità alla battaglia dei pediatri americani, la stessa rivista ha poi ospitato, sul numero successivo, uno studio dell’Università di Liverpool che dimostra in modo molto chiaro che cosa accade quando un ragazzo viene stimolato a mangiare da messaggi martellanti.

Gli autori hanno  selezionato 280 bambini e ragazzi di età compresa tra 6 e  13 anni, e hanno chiesto loro di guardare lo stesso programma di cartoni animati a due settimane di distanza, facendolo precedere una volta da cinque minuti di pubblicità di giochi, e la seconda da cinque minuti di pubblicità in gran parte dedicata a cibo spazzatura. Subito dopo la visione, i pediatri hanno chiesto ai ragazzi di indicare che cosa avrebbero scelto di mangiare in una lista che comprendeva alimenti sani e altri deleteri, di marche pubblicizzate e non.

Chiarissimo il responso: ogni volta che i partecipanti avevano assistito a pubblicità di cibo erano più propensi a scegliere alimenti, snack e merende di pessima qualità di marche conosciute e non rispetto a quando il programma era inframmezzato da spot di giochi.

Inoltre, dall’esame delle abitudini dei ragazzi del campione è emerso che chi guardava oltre 21 ore di televisione a settimana era più sensibile all’effetto della pubblicità di junk food e aveva, in media, un indice di massa corporeo più elevato rispetto a chi guardava poca TV. Tra i consigli dei pediatri di tutto il mondo, non a caso, da anni c’è l’invito ai genitori a eliminare le televisioni dalle stanze dei bambini e a stimolare i figli a trascorrere più tempo all’aria aperta e meno sul divano di casa. E quello, appunto, di abolire gli spot.

Agnese Codignola
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