Tassa sullo zucchero ed etichette a semaforo, l’ISS dice sì. Intervista esclusiva a Walter Ricciardi: l’Italia deve intervenire al più presto
Tassa sullo zucchero ed etichette a semaforo, l’ISS dice sì. Intervista esclusiva a Walter Ricciardi: l’Italia deve intervenire al più presto
Roberto La Pira 4 Settembre 2018Il Fatto Alimentare sta preparando una campagna per chiedere alle autorità sanitarie italiane l’introduzione della “sugar tax” sui prodotti alimentari con un’elevata percentuale di zucchero aggiunto, come già avviene in Francia, nel Regno Unito e in decine di nazioni al mondo. Le linee guida della campagna si ispirano alle indicazioni proposte dall’Organizzazione mondiale della sanità. Dopo la prima intervista a Francesco Branca dell’Oms, abbiamo pubblicato un intervento dell’Associazione Nazionale Specialisti in Scienza dell’Alimentazione (Ansisa). Sullo stesso argomento abbiamo chiesto un parere al presidente dell’Istituto superiore di sanità Walter Ricciardi che propone un’analisi contrapposta a quella di ministeri e altre istituzioni italiane.
L’eccessiva assunzione di zucchero attraverso bibite, succhi di frutta, merendine biscotti e snack è un problema per l’alimentazione degli italiani e, soprattutto, per i bambini e gli adolescenti come rilevano anche i dati dell’Oms. È d’accordo?
L’argomento che mi propone è un tema cruciale per il nostro Paese. L’Italia, pur essendo considerata la patria della dieta mediterranea e avendo una grande tradizione alle spalle, da diversi anni ha intrapreso una deriva alimentare, per cui sempre più giovani seguono regimi alimentari scorretti. Anche la crisi economica ha avuto un effetto devastante sulle fasce più deboli della popolazione. Molte famiglie si indirizzano verso uno stile alimentare basato su cibo meno costoso e insalubre, ricco di sale, grasso e zucchero. C’è di più, la crisi ha contribuito a tagliare il budget familiare destinato allo sport dei figli, e questo incrementa il problema del sovrappeso per i ragazzi che fanno una vita più sedentaria. Il problema si pone soprattutto per le nuove generazioni. Secondo i nostri dati gli indici sull’obesità continuano ad aumentare, e ormai al mondo siamo posizionati in fondo alla classifica insieme alla Grecia e agli Stati Uniti. Non fare nulla per arginare la situazione, vuol dire dover affrontare problemi seri in futuro. Le Asl dovranno predisporre un’assistenza sanitaria specifica, costosa e impegnativa per l’incremento di persone in sovrappeso con tutti i problemi connessi.
L’interesse dell’Istituto superiore di sanità verso questi problemi è sensibilmente cresciuto negli ultimi anni?
La nutrizione è un tema centrale, rientra nelle nostre priorità e si sviluppa seguendo diversi progetti come il programma “Guadagnare Salute”, che focalizza l’attenzione anche sulla nutrizione e gli stili di vita. La novità è che da qualche mese abbiamo una sezione specifica del sito ISSalute con diverse sezioni legate alle abitudini alimentari, alla nutrizione e alle fake news.
Come giudica la politica Italiana in ambito nutrizionale?
L’Italia si presenta in modo asimmetrico rispetto agli altri Paesi europei. Il dibattito tra le industrie del settore e le istituzioni pubbliche è spesso sterile, e il più delle volte non produce nulla di veramente efficace per affrontare i problemi che abbiamo prima descritto. Pur essendo molto qualificata dal punto di vista della qualità e della produttività, l’industria italiana porta spesso avanti, anche a livello internazionale, un’azione di lobby piuttosto provinciale, dimenticando che i problemi sono globali e non possono essere affrontati pensando solo al proprio interesse. Vorrei ricordare a questo proposito l’atteggiamento dell’Italia che, insieme agli USA, porta avanti da tempo una politica di ostruzionismo nei confronti di iniziative come la sugar tax o l’etichetta a semaforo, nonostante si tratti di progetti che hanno ottenuto il parere positivo dell’Oms. Secondo me è controproducente, sia per l’industria sia per i cittadini, che l’Italia sia schierata contro queste politiche.
Il Crea, all’inizio di agosto, ha diffuso un comunicato in cui rigetta la tassa sullo zucchero e l’etichetta a semaforo. La proposta per correggere gli stili di vita degli italiani è di informare in modo adeguato i consumatori con campagne di educazione alimentare. Secondo fonti accreditate le nuove Linee guida per una sana alimentazione degli italiani, che dopo 15 anni dovrebbero uscire nel 2018, non prevedono un allineamento alle indicazioni dell’Oms che invitano a limitare l’assunzione di zuccheri a valori inferiori al 10% delle calorie quotidiane. L’Iss è d’accordo?
Secondo rigorose e affidabili indagini internazionali, l’Italia è tra gli ultimi posti dei Paesi Ocse nella classifica dell’analfabetismo funzionale e questo avviene anche nell’ambito alimentare. Vuol dire che la gente legge le etichette dei prodotti, ma non riesce a elaborare e utilizzare le informazioni in modo conseguente. Non riuscendo a capire il fenomeno nella sua complessità, ne deriva un comportamento alimentare e uno stile di vita spesso sbagliato. Di fronte a questa situazione i programmi di educazione alimentare sono necessari, ma non sono assolutamente sufficienti. Anche mettendo a punto una task force di informazione, l’impresa risulterebbe difficoltosa tenuto conto dell’impatto della pubblicità e dei messaggi promozionali che incoraggiano il consumo di prodotti insalubri. Per cercare di invertire la rotta bisogna utilizzare strumenti basati sulle evidenze scientifiche. E le evidenze dicono che la tassa sullo zucchero abbinata a politiche educative e al sostegno dei redditi delle fasce deboli basati su incentivi all’acquisto di prodotti alimentari salubri come frutta, verdura e cereali, funziona.
In Italia, al contrario di quanto avviene in Francia, nel Regno Unito e in altri Paesi europei le autorità sanitarie e le associazioni delle aziende alimentari hanno un atteggiamento ostile verso la sugar tax e le etichette semaforo. Questo comportamento è supportato con motivazioni di scarso valore scientifico e nutrizionale. Qual è la posizione dell’Iss?
L’etichetta a semaforo francese (Nutri-Score) è uno strumento accuratamente pensato, frutto di un gruppo di lavoro a cui hanno partecipato diversi ministeri, gli stakeholder privati, le associazioni di consumatori e altre istituzioni. La Francia ha un tipo di alimentazione e di interessi abbastanza simili a quelli italiani e ritengo l’etichetta a semaforo da loro elaborata un ottimo sistema da estendere anche all’Italia. Allo stato attuale registriamo invece una situazione di stallo che può solo danneggiare il nostro paese e nuocere in futuro alla salute degli italiani. Il Nutri-Score e la sugar tax sono strumenti necessari e devono essere affiancati a politiche locali di promozione di stili alimentari e di vita corretti, oltre che inseriti in un programmi da portare avanti con le industrie del settore. Non si può avere un atteggiamento di rifiuto totale come stanno facendo alcune istituzioni sostenute dalle lobby industriali. Questo vuol dire avere una visione miope perché la salute degli italiani riguarda tutto il Paese. Secondo me il modello da seguire in Italia è simile a quello di Santé Publique France che ha introdotto in modo saggio e progressivo sia la tassa sullo zucchero sia l’etichetta a semaforo, condividendo le scelte con gli interlocutori, senza imposizioni.
L’introduzione di una tassa (del 10-20%) sulle bibite zuccherate e su altri alimenti troppo zuccherati, potrebbe essere un modo per aiutare a ridurre l’assunzione di calorie, magari associando la tassa a interventi come i limiti alla pubblicità in tv di alcuni tipi di cibo in certe fasce o realizzando efficaci campagne e di informazione istituzionali sulla sana alimentazione?
L’Iss è l’organo tecnico scientifico del Servizio sanitario nazionale e non può negare o andare contro le evidenze esistenti nel settore della nutrizione. Noi come istituzione scientifica abbiamo il dovere di contrastare posizioni senza fondamento e di portare avanti una strategia per spianare la strada a un cambiamento di stile alimentare verso modelli più corretti. La tassa sullo zucchero è uno strumento utile e per essere significativa dovrebbe arrivare al 20% così come indicato dall’Oms. Stiamo minando la salute delle giovani generazioni, caricando il paese di responsabilità e dobbiamo intervenire al più presto per invertire il senso di marcia.
La Pubblica amministrazione dovrebbe svolgere un ruolo attivo nel proporre ai cittadini stili di vita e alimentari?
In questo periodo diverse forze contrastano policy di salute pubblica decise dalle autorità sanitarie quando obbligano i cittadini a seguire certi comportamenti, adducendo come motivo l’invasione di campo in scelte personali che il cittadino ha il diritto di fare liberamente anche quando si siede a tavola. La logica è un po’ quella portata avanti dai sostenitori della campagna contro i vaccini. Il ragionamento è sbagliato perché l’obesità in continuo aumento non è solo una questione personale, ma un fenomeno che implica un problema sociale e coinvolge direttamente le strutture sanitarie e la spesa pubblica. Per questo motivo istituzioni come la nostra hanno il dovere di affrontare l’argomento nutrizione con tutti gli strumenti a disposizione che possono favorire l’adozione di stili di vita salutari.
Nella situazione italiana attuale, sulla normativa alimentare ci sono interventi sporadici del Ministero dello sviluppo economico, affiancati da quelli del Ministero della salute che si occupa anche di sicurezza alimentare, e del Crea alle dipendenze del Ministero delle politiche agricole che segue in modo alquanto superficiale l’aspetto nutrizionale. Nonostante la presenza di tre ministeri competenti, le iniziative delle autorità in ambito nutrizionale sono poche e di scarso rilievo. Forse sarebbe il caso di affidare il capitolo nutrizione e sicurezza alimentare a un’agenzia autonoma, come avviene in Francia, nel Regno Unito e in altri Paesi?
In una situazione così articolata, che vede il coinvolgimento di diversi ministeri e istituzioni, razionalizzare il tutto affidando a una struttura unica il coordinamento degli interventi e dei progetti potrebbe essere una soluzione. Il rischio di mantenere come avviene adesso una specificità affidata ai singoli istituti e ministeri crea situazioni scoordinate e a volte contrastanti, e una generale situazione di stallo. D’altra parte basta guardare ai dati su sovrappeso e obesità in tutte le fasce d’età, in continuo peggioramento, per rendersene conto.
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[sostieni]
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Concordo pienamente sull’applicazione di una sugar tax adeguata al 20%, come propone l’Oms ed il Dr. Ricciardi sugli alimenti e bevande con zuccheri aggiunti.
Mentre sull’etichetta a semaforo, penso proprio si debbano attendere indicazioni e decisioni comunitarie armonizzate, per evitare iniziative semplicistiche ed isolate come quella del Nutri Score alla francese, poco condivisibile ne condivisa.
Finalmente in Italia una persona preparata la posto giusto!
Tra gli alimenti ad elevato contenuto di zucchero aggiunto ci sono anche le conserve di frutta?
Dipende da quanto zucchero contengono
Considerando i profitti miliardari dell’industria del junk food, una tassa del 20% mi sembra il minimo.
Già che ci siamo, perchè non chiedere di mettere la tassa su tutti i generi alimentari?
Con una buona campagna pubblicitaria potrebbe essere una cosa richiesta a maggioranza dal populo ed il governo sarebbe sicuramente riconoscente!
Cordiali saluti,
Dante G.
dante g. ma che c’entra? lol
Sperare che i partiti al potere diano ascolto alla razionalità ed al parere delle persone preparate e competenti è una pia illusione. Semmai riusciranno ad incattivire la popolazione contro chi cerca di fare corretta informazione, diranno che vanno contro le sane tradizioni alimentari italiane o qualche altra sciocchezza del genere. Finirà come con i vaccini insomma.
Per cominciare si potrebbero far sparire i distributori automatici dalle scuole oppure sostituirli con dispensatori di cibi più sani
Mi unisco. Anche dagli ospedali
Concordo. Magari anche dagli ospedali