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squalo pinne zuppaLa moda, sempre più diffusa in Oriente e non solo, di offrire nei ristoranti che si suppongono di lusso zuppa di pinne di squalo sta costando molto cara a questi straordinari pesci. Se non si interverrà al più presto con leggi specifiche e omogenee, ma soprattutto con un cambiamento culturale dei consumatori, presto potrebbero non essercene più, dal momento che circa il 60% delle specie note è a rischio di estinzione (percentuale mai vista in altri vertebrati).

È un vero e proprio grido d’allarme, certificato da numeri impressionanti, quello che arriva da uno studio pubblicato su Marine Policy da un gruppo di ricercatori aderenti a Sea Around Us, iniziativa dell’Università della Columbia Britannica, che comprendente esperti dell’Università di Hong Kong e ambientalisti di WildAid della stessa città cinese. 

Ogni anno vengono  pescate circa un milione e 400 mila tonnellate di squali, il doppio di 60 anni fa, e solo il 12% di questi, pari a 200 mila tonnellate, è pescato in modo sostenibile. Ma 200 mila tonnellate di squalo equivalgono solo a 4.300 tonnellate di pinne essiccate, la parte usata per le zuppe. Oltre a queste, nei ristoranti arrivano altre 25 mila tonnellate, tutte dal mercato illegale, ed è pressoché impossibile distinguere le une dalle altre, dal momento che non esistono sistemi di tracciatura internazionali. 

Interessante, poi, la geografia della passione per la zuppa di pinne: tra i maggiori responsabili della caccia allo squalo vi sono senza dubbio la Cina e la città di Hong Kong, che con 6 mila tonnellate all’anno di pinne essiccate sono considerate la porta d’ingresso della carne di squalo nel mondo, anche a causa dei diversi piatti tradizionali presenti nella cucina locale, e poi l’India. Ma non mancano paesi come la Spagna, dove gli squali vengono spesso portati per la lavorazione, e altri come l’Indonesia (che consuma ogni anno 100 mila tonnellate di squali da sola), Macao, il Vietnam e la Tailandia, dove la moda della zuppa di pinne è arrivata solo di recente, ma dove la richiesta è in allarmante crescita.

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La moda della zuppa di pinne di squalo minaccia il 60% delle specie conosciute

Come se non bastasse, secondo gli autori moltissimi di questi squali sono portati a terra in piccoli porti periferici, dove i controlli scarseggiano (anche per la quasi inesistente sensibilità al problema) e dove in ogni caso non si potrebbe procedere a metodi quali l’analisi del DNA per capire la provenienza degli squali.

È tempo insomma di introdurre normative possibilmente internazionali ma, soprattutto, di avviare un’operazione culturale, che laddove è stata intrapresa sta già dando qualche frutto. In Cina e a Hong Kong, che detengono fermamente il primato del traffico e del consumo, le rilevazioni indicano una frenata quando non una vera e propria diminuzione della richiesta, perché si è iniziato a capire, grazie a specifiche campagne di informazione, che mangiare specie importantissime per l’ecosistema marino e a elevato rischio estinzione non è affatto chic, e non tutto ciò che proviene dalla tradizione deve per forza essere mantenuto così com’è.

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