Si moltiplicano, a livello internazionale, gli sforzi per ridurre lo spreco alimentare. Negli ultimi giorni due studi affrontano l’argomento da prospettive molto diverse: quella della necessità di un cambiamento culturale radicale, e quella della possibilità di fare molto già oggi, modificando i comportamenti individuali.
Nel primo caso gli psicologi e i nutrizionisti dell’Università di Houston (Texas) hanno esposto sul Journal of the Association for Consumer Research la loro idea per convincere i consumatori a preferire frutta e verdura imperfette attraverso quella che chiamano “umanizzazione”. Spesso, spiegano gli autori, la gente non sceglie un certo prodotto perché avverte poca familiarità. Se però quel prodotto ci sembra più vicino, allora può diventare attraente. Applicando questo principio al cibo, si dovrebbero raffigurare (per esempio nei supermercati e nelle campagne pubblicitarie) frutta e verdura imperfette con immagini che ne ricordino alcune assolutamente normali. Per esempio, una sdraio sulla spiaggia sulla quale, anziché un bagnante, è seduta una banana matura (vedi foto). Nello studio vengono fatti altri esempi come quello di un cetriolo che compone un volto, e si dimostra, su un campione di 300 consumatori, che il cambiamento di propensione in seguito all’esposizione a questo genere di figure è presente e assolutamente misurabile. Se i rivenditori applicassero questo metodo i consumatori sarebbero più inclini ad acquistare anche frutta e verdura che non rispondendo agli standard commerciali, spesso contribuisce a incrementare quei 1,3 miliardi di tonnellate di cibo sprecato ogni anno a livello mondiale.
Il secondo studio è in realtà un rapporto di oltre cento pagine stilato dal World Resources Institute (WRI) e diretto a tutti i decisori, affinché si rendano conto della situazione e soprattutto degli spazi di intervento. Il documento contiene molti dati aggiornati sulle dimensioni dello spreco alimentare e sulle sue motivazioni . Una parte del dossier focalizza l’attenzione su cosa ciascuno dei protagonisti della filiera, dai produttori ai venditori, dai consumatori ai finanziatori può fare. Per i consumatori, gli interventi sono sintetizzabili in cinque punti.
- Compra solo ciò che ti occorre. Scegli alimenti con il minor packaging possibile, e accertati che quest’ultimo sia riciclabile. La tendenza a comprare in eccesso è estremamente diffusa anche se viene percepita come una cosa naturale. Per contrastarla si consiglia di stilare una lista della spesa e limitare gli acquisti a ciò che si consumerà nel giro di poche ore. Se si compra cibo che non si riesce a consumare, è possibile congelarlo o trasformarlo con la cottura o ancora, preparare creme, minestre e conserve. In alternativa lo si può dare a qualcuno.
- Organizzazione. Il consiglio riguarda il frigorifero: i cibi deperibili andrebbero sempre posti in bella vista, per non dimenticarli. Inoltre le verdure dovrebbero essere avvolte in cellulosa o cotone, che assorbono l’umidità e aiutano a mantenere la freschezza. In alternativa andrebbero chiusi in contenitori specifici.
- Impara a leggere le etichette. Per sprecare meno si consiglia di leggere e capire ciò che è riportato sulla confezione, con particolare attenzione a frasi come “da consumarsi preferibilmente entro il...”, diverse dalla vera scadenza. Anche i sensi poi devono aiutare: un alimento scaduto è quasi sempre riconoscibile in base all’odore, ai colori e al gusto.
- Prendere in considerazione i kit da pranzo. Quando si mangia fuori, per esempio in ufficio, bisognerebbe valutare la possibilità di assumere pasti porzionati. Anche se sono stati accusati di essere una fonte di spreco alimentare, in realtà dati recenti hanno dimostrato che così non è.
- Mantenere le porzioni entro i limiti. Essere in sovrappeso significa sprecare cibo: è stato calcolato che l’eccesso di peso nel mondo corrisponde a oltre 60 miliardi di chili di cibo sprecato, perché mangiato quando non è necessario. Oltre che far bene alla salute, mantenere il peso entro i limiti aiuta quindi anche a non sprecare.
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Giornalista scientifica
Devo confessare che sono molto confuso non riguardo a queste ricerche ma riguardo alla cifra totale dello spreco qui riportate , mi sembra una cifra sparata a casaccio , corrisponderebbe se non sbaglio alla constatazione che ciascuno dei 7 miliardi di abitanti della terra butta giornalmente almeno mezzo chilo di alimenti nel bidone compresi i neonati , gli infermi e quella gran parte di abitanti di paesi disagiati che non navigano certamente in buone acque dal punto di vista finanziario e non hanno sicuramente il nostro ritmo di spreco.
Sicuramente la nostra preferenza all’acquisto di prodotti solo se sono belli da vedere penalizza i prodotti naturalmente non perfetti o già avanti di maturazione , anche se l’imperfezione non pregiudica il gusto anzi a volte è anche migliore .
Basterebbe regolare il prezzo di vendita ma la grande distribuzione organizzata spesso ha problemi a incoraggiare gli acquisti occasionali a prezzi scontati in caso di eccesso di prodotto o maturazione troppo avanzata, lorsignori preferiscono restituire e farsi rimborsare la merce deperibile e deperita ai fornitori per farla buttare a loro.
Riguardo all’oggetto della seconda ricerca , beh direi che l’economia domestica andrebbe insegnata a tutti fin dall’asilo , bruciare i soldi per usare la cenere in giardino non è conveniente e il concetto è comprensibile a tutti.
Se invece consideriamo merce buttata anche quella
a) lasciata a marcire sui campi a causa di calamita’ naturali
b) distrutta per mantenere alto il prezzo di una parte soltanto della produzione
c) lasciata sul campo poichè l’industria non vuole acquistare se non a prezzi troppo bassi
d) merce deperita a causa di trasferimenti difficoltosi e conservazioni difficili
e) quantità di derrate alimentari destinate ignobilmente alla produzione di biocarburanti
solo allora è possibile che le cifre dello spreco siano come viene qui presentato.
Pero’ in questo caso i singoli cittadini non sono responsabili.