Vino “senza solfiti” o “senza solfiti aggiunti”? Quali sono le differenze tra le due diciture che si trovano sulle etichette di molte bottiglie
Vino “senza solfiti” o “senza solfiti aggiunti”? Quali sono le differenze tra le due diciture che si trovano sulle etichette di molte bottiglie
Dario Dongo 2 Aprile 2014Non riesco a capire se un produttore che utilizza l’indicazione “senza solfiti aggiunti” deve essere certificato, oppure se si tratta di un’auto-dichiarazione equivalente a “senza solfiti“. Non riuscendo a trovare documenti o regolamenti in rete su questo argomento, mi chiedo:
1) “senza solfiti” significa che il vino deve presentare un contenuto di SO2 inferiore a 10mg/l?
2) “senza solfiti aggiunti”: vuol dire che non è importante il contenuto in mg/l di SO2 nella bottiglia, ma cindica che il produttore non ha mai utilizzato questi additivi durante le fasi di produzione. In questo caso è necessario effettuare dei controlli?
Giovanni
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Risponde Dario Dongo, avvocato esperto di diritto alimentare
L’indicazione “senza solfiti aggiunti” è una dicitura facoltativa che viene affiancata all’elenco degli ingredienti, ed è espressa in termini di sottrazione. Free from, appunto. Non si qualifica come un claim nutrizionale né sulla salute, ed é perciò una dicitura esclusa dal campo di applicazione del regolamento (CE) n. 1924/06 ed è priva di disciplina specifica nella normativa di settore viti-vinicolo. Si applicano perciò i criteri generali consolidati relativi all’informazione al consumatore (dir. 1979/112/CEE, poi dir. 2000/13/CE, ora reg. UE 1169/2011). L’informazione commerciale dev’essere anzitutto veritiera, perciò dimostrabile in base a criteri oggettivi, e deve risultare chiara al consumatore medio. La comunicazione non può essere ambigua né fuorviante, non deve indurre in errore. Non si possono vantare caratteristiche in verità condivise da altri prodotti della categoria di appartenenza. Ed è vietato accennare a qualsivoglia proprietà dell’alimento di prevenire, curare o guarire le malattie.
Detto ciò bisogna precisare che i solfiti sono additivi non presenti in natura nelle materie prime agricole, pertanto la dicitura “senza solfiti” appare più chiara ed è più corretta rispetto a “senza solfiti aggiunti”.
– “Senza” significa “assenza”: è quindi un’affermazione totalizzante. Ne deriva una tolleranza zero su eventuali residui di solfiti nel prodotto. Quindi a mio avviso, in entrambi i casi – “senza solfiti” e “senza solfiti aggiunti” – non si può tollerare alcun residuo rilevabile nel prodotto finito. Che i solfiti siano stati aggiunti in vigna o in cantina non ha importanza, perchè il consumatore ha la legittima aspettativa di acquistare un vino in entrambi i casi privo di solfiti.
– Come è ovvio, l’operatore dev’essere in grado di dimostrare di non utilizzare i solfiti nel corso dell’intero processo. Per questo è utile definire le pratiche enologiche applicate e condivise, e in caso le precauzioni e le misure da adottarsi per prevenire la contaminazione accidentale, con particolari cautele laddove nella cantina stessa si utilizzino solfiti in altre circostanze. Sulla base della concreta analisi dei rischi individuati, deve altresì valutarsi l’opportunità di campionamenti e analisi.
– La dichiarazione può consistere in una auto-certificazione che l’operatore rilascia senza bisogno di formalità, anche solo in etichetta. In questo modo l’operatore si assume comunque una precisa responsabilità, in ordine a quanto dichiarato, nelle sedi civile, amministrativa e penale. L’operatore può decidere di avvalersi, su base facoltativa, di una certificazione di parte terza, volta ad affermare quanto dichiarato. Non dovuta ma certo utile.
Dario Dongo avvocato esperto di diritto alimentare
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Avvocato, giornalista. Twitter: @ItalyFoodTrade
l’opinione dell’avvocato non è pienamente condivisibile, la dicitura “senza solfiti aggiunti” dovrebbe essere accompagnata da quella “presenza di solfiti naturalmente prodotti dai lieviti”, infatti durante la fermentazione del mosto ad opera dei lieviti per ottenere il vino, tra i prodotti della fermentazione vi sono anche i solfiti, che in alcuni seppi di leiviti possono raggiungere il livello di alcune decine di mg/l (sino a circa 80 ppm). Mentre la legge applicabile, stabilisce che sino a 10 ppm (mg/l) i solfiti si considerano assenti nel prodotto.
Premesso che non sono un tecnico della vinificazione, mi sarà concessa qualche approssimazione. Per quanto ne so, come ci spiega anche il signor Russo, “tra i prodotti della fermentazione vi sono anche i solfiti”.
Per questo motivo non si può utilizzare il termine assolutizzante “senza solfiti” e neanche quello “senza solfiti aggiunti” perché non ci sarebbe la possibilità di verificare la cosa. Mi chiedo allora, perché non indicare in etichetta l’esatto contenuto di solfiti e di altre sostanze chimiche?
La UE 1169/2011 recita riguardo ai solfiti afferma che è necessario indicare sull’etichetta la presenza di “anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in termini di SO
2 totale da calcolarsi per i prodotti così come proposti pronti al consumo o ricostituiti conformemente alle istruzioni dei fabbricanti.”
Di conseguenza è inopportuna e fuorviante la presenza della parola SENZA.
Non concordo molto con l’articolo…
è come per l’allergene Glutine: se presente in quantità inferiore ai 20 ppm il prodotto può dichiararsi “senza glutine”: idem, se i solfiti (SO2) sono inferiori a 10 mg/L, penso si possa dichiarare “senza solfiti”; se superiori alla detta soglia, vanno indicati in etichetta (sono ritenuti allergeni). Non sono presenti nelle materie prime, ma sono un prodotto normale della fermentazione; quindi se un produttore non ne aggiunge di ulteriori può dichiararlo; se però, anche se “naturali”, sono in tenore superiore ai 10 mg/L compariranno comunque fra gli ingredienti.
“Senza solfiti aggiunti” è l’unica dizione possibile, in quanto il vino contiene inevitabilmente dei solfiti naturali prodotti dal processo di fermentazione alcoolica. La parte più sensata dell’articolo è l’ultimo paragrafo: “La dichiarazione può consistere in una auto-certificazione che l’operatore rilascia senza bisogno di formalità, anche solo in etichetta. In questo modo l’operatore si assume comunque una precisa responsabilità, in ordine a quanto dichiarato, nelle sedi civile, amministrativa e penale. L’operatore può decidere di avvalersi, su base facoltativa, di una certificazione di parte terza, volta ad affermare quanto dichiarato”
Ma, allora, se i solfiti sono sempre prodotti durante la fermentazione come si fa a scrivere “senza solfiti”? Che siano aggiunti o no, se ci sono e sono sopra i 10 ppm bisognerebbe sempre evidenziarlo in etichetta. Sbaglio?
per rispondere a Guido, da tecnico, ti dico che i solfiti a seconda dei lieviti, più o meno selezionati possono produrre si gli 80 mg/l descritti ma anche solo 1,2 mg/l che poi ossidano a solfato. Capita spesso che i vini (soprattutto rossi) rimangano con meno di 10mg/l di SO2.
Per assurdo può capitare il caso contrario: un vino “con solfiti aggiunti” ad esempio nell’ordine di 15-25 mg/l se rimane scoperto durante la vinificazione, ossiderà completamente a solfato i solfiti e di fatto ad una titolazione essi risulteranno “senza solfiti”. Egli può dichiarare in etichetta la loro assenza!