Il Fatto Alimentare ha già offerto un’analisi critica di quanto riportato da Il Sole 24 Ore all’alba dell’applicazione sull’articolo 62 della legge 24.3.2012 n.27. Ha anche rivelato il “bluff” di un fantomatico documento ministeriale – zeppo di macroscopici errori – che è stato pubblicato “in anteprima” dal quotidiano economico ma non ha avuto alcun seguito ufficiale da parte del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

 

Il Sole è tornato sull’argomento, il 4 dicembre, con l’articolo “Sugli alimenti le sanzioni fanno la differenza a firma di Gian Paolo Tosoni. Un ossimoro per iniziare: considerata “questa legge giusta ed etica”, si suggerisce “ciò che dovrebbe fare il legislatore è solo di prevedere una sanatoria, neanche tanto lunga, ad esempio di sei mesi, in ordine all’applicazione delle sanzioni”.

È come riconoscere la validità di un piano regolatore e proporre un condono edilizio, ma stiamo scherzando?

 

Ancora una volta si confonde la norma primaria, che è una legge dello Stato, con la norma secondaria il cui unico fine è quello di indicarne le modalità applicativa (il decreto ministeriale). Scrivendo che “sotto il profilo della pratica legislativa tutte le cose non sono al loro posto” e che il decreto entrerà in vigore il giorno dell’Immacolata.

Ma che c’entra? La legge è in vigore e si applica a decorrere dal 24 ottobre 2012, punto.

 

Finalmente si chiarisce che la forma scritta deve precedere o al più tardi accompagnare la consegna delle merci. E che perciò – come ci siamo premurati a nostra volta di ribadire tanto nell’ebook “Articolo 62, una Rivoluzione”, quanto in risposta a vari quesiti (import-export, pubblica amministrazione, deroghe e vezzazioni) – la fattura differita non è idonea a adempiere le prescrizioni normative.

 

Ma Il Sole inciampa anche nella parte in cui nega la possibilità “che gli elementi del contratto fossero contenuti alternativamente in più documenti”. Ciò è invece possibile e risponde sia alle esigenze di molti operatori, sia ai requisiti di legge. Basta chiarirne le modalità: Tosoni cita l’esempio di una bolla di consegna che molti operatori vorrebbero utilizzare quale documento contrattuale.

Alcuni fornitori”, per ovvie ragioni di riservatezza sui prezzi applicati ai vari clienti (che non si intende mettere a conoscenza, ad esempio, di agenti pluri-mandatari o di trasportatori), “sono contrari a indicare il prezzo nella bolla di consegna”.

 

La soluzione del quesito è alla portata di tutti, basta ottenere la sottoscrizione di un listino prezzi al quale il contratto o DDT o bolla di consegna del caso faccia esplicito e specifico riferimento.

E invece cosa suggerisce Il Sole? “Si può sopperire inviando la bolla per posta nella medesima giornata della consegna”. Sbagliato, proprio perché l’accordo scritto e sottoscritto, come si sperava fosse ormai chiarito, deve precedere o accompagnare e non succedere – se pur di poche ore – la consegna delle merci.

Oppure si può adottare un documento alternativo come […] la fattura immediata”. Ma come, se il problema è la riservatezza si consegna al corriere la fattura, che dovrà in tal caso comunque venire sottoscritta dal ricevente? E la riservatezza?

 

Dario Dongo

Foto: Photos.com, Ilsole24ore.com