51f-6SDZ9bL._SX327_BO1,204,203,200_Marion Nestle, dell’università di New York, famosa in tutto il mondo per aver raccontato con rigore l’effetto nefasto dell’industria alimentare sull’alimentazione degli americani, ha appena pubblicato il suo ultimo libro: “Soda Politics”. Nell’opera viene affrontato nel dettaglio il ruolo che le multinazionali delle bibite zuccherate (soda o soft drink) hanno svolto nel corso degli anni per promuovere il consumo dei loro prodotti nelle scuole, tra i bambini e le minoranze etniche.

Così come l’industria del tabacco ha finanziato per decenni le associazioni sanitarie americane pilotando la ricerca per confondere le idee sul reale rischio del fumo; allo stesso modo l’azienda leader mondiale, la Coca Cola, ha elargito ingenti somme di denaro a istituzioni sanitarie e altre organizzazioni. L’obiettivo è distogliere l’attenzione dal rischio dei soft drink facendo credere che: “se sei fisicamente attivo e mangi bene puoi bere qualsiasi bevanda zuccherata”.

Ma mentre le ricerche sponsorizzate dall’industria evidenziano che non c’è legame tra consumo di soft drink e salute, una mole imponente di pubblicazioni finanziate da enti governativi indica con certezza l’esatto contrario. Le bevande zuccherate hanno un ruolo importante nell’origine dell’obesità, diabete mellito di tipo 2 , carie ed altre patologie. Il modo più semplice ed efficace per ridurre queste malattie è eliminare i soft drink dalla dieta.

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Il succo di frutta non dovrebbe essere considerato come una porzione di frutta

A questo punto una famiglia virtuosa cercherà bevande alternative più salutari, come a esempio i succhi di frutta, considerati ancora oggi al pari di una porzione di frutta (150 ml al 100% di frutta e senza zuccheri aggiunti). Ma “bere la frutta” non è come mangiarla: non si mastica, c’è minor fibra e il glucosio nel sangue sale rapidamente alla pari dei soft drink. Per questo nel Regno Unito si stanno adoperando per far sì che in futuro un succo non sia più considerato come una porzione di frutta. È meglio quindi ritornare a bere acqua, tè, caffè, tisane senza edulcoranti artificiali o zuccheri aggiunti.

Il libro della Nestle, che tutti i nutrizionisti dovrebbero leggere, non solo è illuminante per capire come l’industria si muove per promuovere le vendite delle bevande spazzatura, ma è anche una continua chiamata all’azione con link in rete a documenti e video che mostrano iniziative virtuose già attuate in tutto il mondo, affinchè ogni lettore diventi parte attiva nel processo di cambiamento della società.

 

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Anna
Anna
7 Ottobre 2015 11:45

L’unica bevanda salutare è l’acqua, bisogna farsene una ragione, al massimo si può aggiungere un po’ di succo di limone per migliorarne il gusto.
GLi infusi possono anche andar bene, a patto però che non si aggiunga nulla, e invece la maggior parte delle persone aggiunge zucchero, e allora siamo punto e a capo

Sergio Altro
Sergio Altro
11 Ottobre 2015 10:34

In merito all’aggiunta di zucchero in alimenti diversi dalle bevande segnalo i fiocchi di cereali che mediamente contengono il 20% di zucchero.
Ne ho una scatola di una nota catena di supermercati europea nei cui ingredienti lo zucchero è al terzo posto ed immagino che si tratti di saccarosio visto che successivamente al penultimo posto c’è anche il miele.
Nella composizione gli zuccheri sono 18,3 grammi per 100 grammi di prodotto.
Da una breve indagine fra i diversi supermercati mi risulta che questa marca è forse quella che ne contiene di meno.

Andrea
Andrea
11 Ottobre 2015 15:57

qualcuno sa se i libri della Nestle sono tradotti anche in italiano?
Grazie

Roberto La Pira
Reply to  Andrea
11 Ottobre 2015 20:28

Non credo

giulio calderoli
giulio calderoli
21 Ottobre 2015 08:26

Non dimentichiamo l’opposizione del ministro della salute italiano alle linee guida OMS che raccomandavano la riduzione del consumo degli zuccheri aggiunti. In nome della nostra industria alimentare.
dott. Giulio Calderoli

luigi
luigi
21 Ottobre 2015 11:43

l’unico vero contrasto alle politiche alimentari dettate dalle lobby industriali è una adeguata e responsabile conoscenza alimentare di base che deve essere impartita in tutte le scuole sin dalla tenera età.