Slow Food propone una petizione contro il “formaggio senza latte”. Il problema non esiste. All’estero si usa già una percentuale di latte in polvere per standardizzare la lavorazione
Slow Food propone una petizione contro il “formaggio senza latte”. Il problema non esiste. All’estero si usa già una percentuale di latte in polvere per standardizzare la lavorazione
Redazione 14 Luglio 2015Il “formaggio senza latte” è l’ultima bufala diffusa e amplificata dai media contro la decisione europea di invitare l’Italia a rimuovere il divieto di aggiungere latte in polvere al formaggio. Tra i sostenitori e i promotori troviamo in prima fila Coldiretti e Slow Food, quest’ultima promotrice di una petizione lanciata pochi giorni fa su change.org.
Premesso che il latte è indispensabile per produrre formaggi e yogurt e nessuno pensa di produrre latticini senza materia prima va altresì precisato che in tutta Europa – ma non in Italia – durante la lavorazione si può aggiungere una parte di latte in polvere per rendere omogenea e uniforme la materia prima o per aumentare la quantità di proteine e/o grassi prima del processo di lavorazione. Questa operazione è importante perché si può scegliere la diluizione con acqua del latte in polvere così da raggiungere una concentrazione di proteine e grassi maggiore o minore, in relazione al tipo di formaggio o di yogurt. In Italia, per aggirare il divieto sancito dalla legge 138 del 1974, si usano idrolizzati proteici e retentati (ossia concentrati per micro e ultrafiltrazione). Chiarita questa funzione tecnologica della polvere di latte, non ha alcun senso chiamare questi prodotti “formaggi senza latte” visto che la materia prima c’è . Tanto più che nella stragrane maggioranza dei casi si tratta di un’aggiunta in percentuale ridotta.
Abbiamo già scritto che l’uso del latte in polvere non pone rischi per la sicurezza, mentre da punto di vista nutrizionale si registra un depauperamento delle vitamine e una parziale denaturazione delle proteine. In ogni caso stiamo comunque parlando di una materia prima valida e sicura, utilizzata (previa integrazione) per l’alimentazione di neonati e lattanti. Non si tratta, come qualcuno lascia intendere, di una materia prima di scarto. L’utilizzo di latte in polvere è legale in tutti i paesi Ue e questo vuol dire che se compriamo yogurt e formaggi stranieri c’è la possibilità che il prodotto contenga una percentuale di latte in polvere ricostituito. Il vero problema è che questo non è indicato sull’etichetta. Ed è qui il nodo da sciogliere: chiedere all’Ue indicazioni chiare sulle confezioni, in cui tra l’elenco degli ingredienti ci sia anche la percentuale di latte in polvere.
La petizione di Slow Food non ha alcun senso dal punto di vista tecnico, perché si basa su un assunto falso: nessuno vuole produrre formaggi senza latte, e anche se si producessero formaggi con latte in polvere al 100% (ma bisogna vedere cosa ne esce), comunque sarebbe sempre latte ricostituito. I timori di Slow Food sono infondati; inoltre i latticini Dop, Igp e Stg sono esclusi dal provvedimento. Quello che servirebbe davvero è l’obbligo di indicare in etichetta la presenza di latte in polvere, per poter decidere consapevolmente ciò che preferiamo consumare.
no al formaggio con il latte in polvere!
E se il latte in polvere utilizzato fosse quello destinato all’alimentazione animale?
Premesso che queste eccedenze non ci sono più come avveniva 20 anni fa, il problema è che il latte in povere destinato agli animali non è infetto o presenta anomalie ma è solo un prodotto che non si sa come utilizzare. Anche da noi in Italia il latte fresco di alta qualità che ha ancora due giorni di validità viene ritirato dagli scaffali dei supermercati e destinato a volte all’alimentazione animale, ma è latte di alta qualità non scaduto uguale a quello che compra ha solo il difetto di scadere dopo 48 ore
Potrà anche essere “sicuro”, ma con questo approccio si nega il valore del “gusto”. Formaggi sicuri o formaggi sicuri e buoni? In verità credo che sia solo un problema di mercato (ossia più polvere di latte più abbatto i costi). Se il mercato fosse veramente libero, come stato, e non solo come consumatore, dovrei poter esercitare il diritto di scegliere e decidere cosa per me è buono e sicuro.
Ecco perché una campagna contro il latte in polvere nei formaggi http://www.slowfood.it/e-il-latte-e-la-ragione-dessere-del-formaggio/
“La petizione di Slow Food non ha alcun senso dal punto di vista tecnico”. Mi meraviglio che dopo la giusta campagna per la deforestazione dovuta alla selvaggia coltivazione della palma, il Fatto Alimentare si soffermi solamente sull’aspetto tecnico del salubrità del formaggio fatto anche con latte in polvere. Il cibo è un patrimonio culturale legato profondamente al territorio, cosi si rischia l’omologazione del gusto e soprattutto la mortificazione del lavoro di centinaia di piccoli casari che grazie al loro latte,soprattutto crudo, producono un prodotto di qualità (buono pulito e giusto). I casari presidiano il territorio, fanno si che si conservi la biodiversità delle razze, rallentano l’abbandono dei posti più impervi per fare pastorizia, custodiscono antiche pratiche artigianali, creano piccole economie vitali per territori spesso economicamente depressi, resistono caparbiamente ad una concorrenza spietata. A tutto questo non avete pensato ? Io si
Leggere certe cose su un sito come questo fa rimanere sbigottiti. La standardizzazione è SEMPRE un difetto, e va evitata. Nulla importa se il latte in polvere è sicuro o meno. I piccoli produttori non hanno bisogno di queste porcherie!
Ma i piccoli e i grandi produttori possono continuare tranquillamente a non usare il latte in polvere. In questo periodo che per il gran caldo il latte contiene meno principi nutritivi come pensa che possa essere fatto il formaggio dalle grandi aziende se non aggiungendo una piccola parte di latte in polvere o con altri sistemi che permettono di arricchire la cagliata. Non è una frode questo deve essere chiaro . Bisogna però ottenere il principio che va dichiarato in etichetta anche per fare capire che si tratta di piccole quantità.
Ma chi se ne frega delle grandi aziende. I piccoli produttori in questo periodo come fanno? Se la filiera è sostenibile tanto tanto, ma non credo che lo sia, neanche un po’.
Le grandi aziende potranno usare il latte in polvere al posto dei sistemi che usano adesso per arricchire la cagliata e per i piccoli potranno continuare a lavorare come hanno sempre fatto . In Francia si può usare il latte in polvere e i formaggi Francesi sono insieme ai nostri i migliori del mondo !!!!Per DOP , IGP e STG non cambierà altresì nulla. La cosa importante è che il consumatore dovrà trovare in etichetta l’elenco completo degli ingredienti compreso il latte in polvere
Un Tir di Latte in polvere equivale a circa 8 di Latte naturale. Chiuderanno molte stalle in Italia. Non cambia nulla? La nostra industria lattiero casearia è solo fare le DOP IGP? Ma in che mondo ci stiamo dirigendo? Piccole produzioni gioiellino e grandi produzioni standardizzate?
Sono due tipi di produzione parallele che convivono già sul mercato con strategie diverse e prodotti ben differenziati. Il piccolo caseificio deve continuare a lavorare come prima e anche la grande industria soltanto che anziché retentati e latte concentrato da aggiungere nella caseificazione useranno latte in polvere e lo dovranno dichiarare in etichetta. Nessuno deve chiudere e nessuno vuole usare il latte in polvere per frodare i consumatori .
Per fare le cose servono le materie prime che spesso fanno la differenza per la loro qualità. Anche il processo di lavorazione fa la differenza. Se fai chiudere i fornitori di materia prima diventi totalmente dipendente dalla “qualità” dai prezzi e dalle politiche agro alimentari degli altri Paesi. Se ti metti a produrre nello stesso modo degli altri diventi come gli altri. Io la distinzione tra piccoli e grandi produttori non la farei. In Italia sono pochissimi i grandi produttori e sono prevalentemente stranieri. Questa regola serve solo a loro. Non a noi.
Come vedi il problema non è l’etichetta o la libertà d’impresa..ma è un problema di politica agro alimentare nazionale.
Ma nessuno chiede all’Italia di produrre come gli altri. Se domani si toglie il divieto i grandi produttori continueranno a usare retentati o concentrati oppure li sostituiranno con il latte in polvere ( il prodotto finale non cambierebbe ) e gli altri continueranno a lavorare come prima facendo i loro formaggi. Qualcuno ricorda l’allerta per il burro di cacao nel cioccolato … come è andata a finire? Che in Italia non è cambiata una sola ricetta .
L’Italia non famosa per la sua cioccolata mentre lo è per i suoi formaggi. La sostituzione con il latte in polvere dei concentrati o retentati farà diminuire la produzione di latte e quindi chiudere stalle. Quel poco di latte che veniva comprato dai grandi sparirà.
La UE vuole che anche in Italia si possa produrre utilizzando latte in polvere. Non ci obbliga di certo a farlo, ma considerando quale sia la situazione attuale dell’industria casearia italiana, quali le sue principali grandi aziende, è chiaro che lo scopo è quello di privarci dell’ultimo baluardo agricolo che avevamo: la produzione di latte.
E’ questione di politica agro alimentare nazionale. Lo ripeto. Non di etichette o di libertà d’impresa.
In assenza di una legislazione europea rigorosa che obblighi i produttori a dichiarare esplicitamente ed in modo esaustivo in etichetta i componenti di un alimento, aspetterei a consentire l’uso del latte in polvere nella produzione dei formaggi.
l’assunto è: liberare i mercati da ogni ostacolo per dare a tutti la possibilità di accedervi con quanto l’Europa concede di usare lecitamente. potrei essere anche d’accordo se le nostre patrie consuetudini implicassero un livello di attenzione critica adeguato a tali accadimenti e novità, sì da muovere il mercato italiano in una direzione piuttosto che in un’altra. ma, ahimè, così non è, perché, ditemi, quanta gente legge le etichette? poca e, magari, con scarsa cognizione di quanto legge. l’unico argine, che sinora ritengo possa essere validamente erto a difesa dei consumatori, è quanto dispongono le leggi nazionali nel vietare varchi a cambiamenti nelle nostre produzioni, tipiche, artigianali o industriali che siano. ma non mi soffermerei neanche a questi particolari, poiché, secondo me, c’è da rimarcare e sottolineare la diffusa tendenza a minimizzare le conseguenze che queste “aperture” diffondono, senza possibilità di tornare indietro: l’omologazione sempre più verso le basse qualità dei prodotti in circolazione!
Se nei formaggi prodotti all’estero l’utilizzo è già possibile (cosa evidente visto che se c’è l’invito ad allinearsi significa che altri lo fanno già) poco ci importa: il punto è che al momento, comprare italiano ci garantisce rispetto alla metodologia di produzione mentre comprare straniero non necessariamente. Con questa riforma ci allineeremmo tutti verso il basso e perderemmo una nostra caratteristica qualitativa.Siamo d’accordo che il latte in polvere è sempre latte e che quello epr uno animale è comunque sano ma la polvere di latte è una materia prima comunque ultra- trattata che non mantiene identiche caratteristiche rispetto al latte “naturale”. La mia domanda è quale interesse spinge a demonizzare una petizione di slow food che chiede di mantenere inalterata una modalità produttiva che rende più naturali i nostri prodotti e che tutela anche se solo limitatamente i nostri produttori di latte? Chi vuole firma e chi no non lo fa ma dire che è senza sensa mi sembra un inutile attacco. Mi stupisco perchè invece ho sempre apprezzato la linea editoriale del fatto alimentare
Il problema è che dovremo per forza allinearci oltre al fatto che le grandi aziende utilizzano già altri sistemi equivalenti ! La richiesta legittima è la dichiarazione in etichetta del latte in polvere . DOP , STG e IGP sono esclude dal provvedimento. La modalità produttiva dei formaggi resta uguale se il produttore decide di non usare latte in polvere . Per il burro di cacao nel cioccolato Slow Food e altri hanno portato avanti un’iniziativa simile, poi in realtà nessuno ha cambiato la formula del cioccolato.
Scandalizzati per le regole europee. Giusto. Ma quanti di noi (italiani, non lettori del “Fatto”) acquistano quotidianamente formaggi e tutti gli altri Dop, Igt ecc a sostenendo cosí il nistro patrimonio gastronomico? E poi basta con queste litanie ” l’europa qui, L’Ue là, su e giú”: l’iniziativa é stata nel 2013 dell’italianissimo Oreste Rossi europarlamentare, cui la commissione europea ha dato ragione (cercate sul web e troverete l’interrograzione a risposta scritta). Ci potranno essere ANCHE formaggi con latte in polvere. Non é un obbligo per i produttori: se vorranno potranno farlo altrimenti potranno tranquillamente continuare ad utilizzare il latte fresco, a tutela del nostro patrimonio gastronomico. I piccoli produttori, i caseifici montani e gli alpeggi continueranno a produrre con il (loro) latte fresco. Invece di perdere risorse in siffatte cose, dovremmo impegnarne molte di piú per valorizzare ed ampliare i nostri prodotti caratteristici. Sacrosanto scriverlo in etichetta.
Qualcuno mi fa un elenco esaustivo dei formaggi cioè quelli fatti con fermenti e caglio che si fabbricano esclusivamente con il latte in polvere senza usare il latte liquido crudo di partenza ?
non capisco perché bisogna produrre tutta questa roba, quando comunque si e votati a mangiarne sempre meno o addirittura nulla come dicono ormai certi medici. Io da quando ho smesso sto veramente meglio e i latticini diminuiti drasticamente,
Questo articolo del Fatto Alimentare mi ha lasciato a bocca aperta con una gran delusione. Difendere l’uso di un sottoprodotto industriale in uno dei cibi piu’ tipici del nostro paese, abbatte in una sola pagina anni di stima che avevo accumulato per voi.
Noi non difendiamo l’uso di un sottoprodotto industriale ( che in ogni caso non è un sottoprodotto visto che viene dato ai lattanti) prendiamo atto che si chiami latte in polvere o resentati o latte concentrato o idrolizzati alla fine non cambia nulla e che questo sistema si usano già da anni . Prendiamo atto che dovremo per forza modificare la noma essendo una regola UE e prendiamo atto cche nessuno è obbligato ad usare il latte in polvere . I produttori di formaggi tipici continueranno a produrre come prima. Chi non vede questi fattori fa lo struzzo e nega la realtà. Giusto invece chiedere la presenza in etichetta di tutti gli ingredienti utilizzati precisando la presenza di latte in polvere.
Dott. La Pira non Le viene il sospetto che questo permetterebbe di aumentare la possibilità di frode?
Non crede che acconsentendo a questo il nostro cibo continuerà ad essere sempre più depauperato di valori nutrizionali indispensabili?
Non crede che che acconsentendo a questo, anche se come Lei tiene a precisare le quantità sono piccole, ci si avvicinerà sempre più alla standardizzazione dei prodotti che per questa tipologia soprattutto, hanno tanto a che fare con il clima, la zona di produzione del latte, ecc.?
Perché dobbiamo?
Dobbiamo perché le regole europee devono essere uniformi . Dovere recepire la norma non vuol dire dovere utilizzare il latte in polvere . I francesi sono famosi per i loro formaggi e da loro si può usare il latte in polvere. E poi ribadisco il concetto le grandi aziende usano già in Italia altri sistemi equivalenti ma nessuno grida allo scandalo!
A me sembra che ci siano 3 aspetti:
tecnico. Non si può che essere d’accordo con La Pira.
Qualitativo. Il latte dona caratteristiche organolettiche e nutritive migliori rispetto al latte in polvere. E anche qui siamo tutti d’accordo.
Normativo. Ed è qui, a parer mio, il nocciolo dellla discussione. L’Europa può dire quello che vuole e stupidi noi a volerci/doverci uniformare a tutti i costi. Noi abbiamo un’economia che in tutti i settori, alimentare incluso, è praticamente l’opposto della standardizzazione, che, al contrario, favorisce la formazione di grandi aziende. Noi dovremmo in tutti i modi, anche aggressivamente, evitare l’adozione di questi regolamenti. Proteggere le nostre peculiarità significa garantirsi un mercato che diversamente ci sarebbe precluso, non avendo mai avuto grandi aziende (nel senso che l’economia dà a questo termine). Nè possiamo pensare di averne ora, ormai è tardi. Stare in Europa per giocare con regole che ci sono sfavorevoli non è molto saggio. Sempre secondo me, ovviamente.
Ergo: bene ha fatto Slow Food ad alzare le barricate!
Mi pare che moltissimi degli intervenuti, nonostante i chiarimenti di Roberto Lapira, per ragioni di ideologia radicata e deviante NON VOGLIONO CAPIRE LE COSE PIU SEMPLICI. I prodotti tipici di cui si fregia l’Italia e promossi da slow food, che pure non desidera capire ed ha altri intenti, per disciplinare NON POSSONO UTILIZZARE LATTE IN POLVERE, quindi per le tipicità italiane non c’è alcun problema. Perr quanto riguarda la standardizzazione proteica dei latti da caseificio, non c’è alcuna differenza fra l’uso di concentrati ultrafiltrati e latte in polvere, comunque sempre, secondo buona tecnica, (pena forti e indesiderate alterazioni tecnologiche e di prodotto) utilizzando tali concentrati (e il latte in polvere altro non è se non un concentrato conservabile più a lungo) in quantità molto ridotte .Ciò serve a standardizzare la tecnologia ed i prodotti finiti, con vantaggi di costi operativi e di qualità di prodotto,rispetto alla quantità di latte liquido utilizzata. I prodotti ottenuti con tecnologia standard sono più apprezzati dai consumatori = sai cosa compri, sempre uguale e riconoscibile per qualità e caratteristiche organolettiche che non è affatto detto si discostino significativamente dai prodotti tradizionali.
Per il resto lasciamo stare certe osservazioni che denotano, oltre ad ignoranza tecnologica anche dei prodotti tipici, anche posizioni insostenibili. possibile che in Europa siano tutti co…oni , e in italia siamo tutti dei geni?
Ecco perchè nessuno ha mai risposto alla mia domanda precedente e solo Costante è stato chiaro.
Il Formaggio tipico inteso come latte caglio sale e fermenti lattici con il solo latte in polvere non si può fare.
Si possono fare forse altri prodotti lattiero caseari industriali che hanno poco a che fare con il formaggio e la tipicità, oppure si usa come ingrediente di prodotti composti.
Il consumatore deve essere formato, dobbiamo rendere chiare le etichette, come si fanno gli alimenti e la loro origine.
Le teorie del proibizionismo in tutti i settori compreso quello della nutrizione oltre a quello della produzione alimentare, non portano a niente. Se non ci sono rischi per la salute è una battaglia persa.
E’ la globalizzazione bellezza !!