
In questo periodo le fragole con la panna montata vanno per la maggiore. Sugli scaffali dei supermercati ci sono diverse marche di panna spray che più o meno si equivalgono… o forse no? Confrontando due bombolette spesso affiancate nei punti vendita, quella dell’azienda Campina e la Chef della Parmalat, scopriamo che quest’ultima non è panna, anche se appartiene alla famosa linea Chef di panna da cucina in brick.
Va detto che sulla confezione non compare mai la parola “panna”, ma il nome del prodotto “Già montata” potrebbe confondere i consumatori facendo subito pensare alla panna… cos’altro potremmo montare? La definizione di vendita sull’etichetta è però un’altra ed è questa che conta da un punto di vista legale: Prodotto dolciario montato spray per uso di pasticceria.
Gli ingredienti
La bomboletta Parmalat contiene infatti una miscela composta dal 66% di latte scremato e il 24% di olio di palma solido (indicato come “palmisto” in etichetta). Ecco qui l’elenco degli ingredienti completo: Latte scremato (66%), Grassi vegetali totalmente idrogenati (palmisto) (24%), Zucchero (8,5%), Latte scremato in polvere, Emulsionanti: E472b, E475, E471, E435, E433, Stabilizzanti: E460, E466, E407, Sale, Gas propulsore: E942.
Il prodotto Campina ha invece questa composizione molto più semplice: Panna (89%), Zucchero (10%), Emulsionante: mono e digliceridi degli acidi grassi, Stabilizzante: carragenina, Gas propulsore: protossido di azoto, Azoto.
Si tratta di prodotti con un prezzo simile intorno ai 12 €/kg, ma solo apparentemente uguali. La bomboletta Campina è vera panna, l’altra è un surrogato di mediocre qualità ottenuto con latte scremato e olio di palma totalmente idrogenato.
Eppure sul sito ufficiale dell’azienda, Parmalat, sia nella sezione “panna per dolci” sia nella descrizione del prodotto compare più volte la parola “panna”. Si legge: “Il montaggio con Panna Chef Spray avviene direttamente al momento dell’erogazione…” e ancora: “Con Chef Panna Spray ogni dolce momento diventa più piacevole”. Sul sito dell’ecommerce invece il termine “panna” compare solo nella categoria in cui è inserito il prodotto ma non nella descrizione dello stesso.
Superfluo dire che non si può definire panna una preparazione a base di latte scremato e olio di palma. Una distrazione così grossolana da parte di Parmalat non ce la aspettavamo.
Una segnalazione
Diversi lettori ci hanno segnalato che le bombolette spray a marchio Campina non sono (ovviamente) le uniche sugli scaffali dei supermercati a essere fatte con vera panna. Per esempio c’è la panna montata Spray Pan, che ha come ingredienti: Panna (88%), Zucchero (7,5%), Destrosio, Amido modificato, Emulsionante: esteri lattici di mono- e digliceridi degli acidi grassi (E 472b), Stabilizzante: carragenina (E 407), Aroma vaniglia, Gas propulsore: protossido di azoto (E 942).
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
“DAL PUNTO DI VISTA LEGALE” é giusto. Dal mio punto di vista è giusto non comprare nessun prodotto di detta azienda. Comunque sempre grazie dell’informazione
sempre sul filo del rasoio visto che le leggi sono sempre a favore delle aziende!
Acquistata una sola volta per distrazione, prodotto che lascia un gusto di unto, un prodotto fatto per confondere i clienti
Educato alla lettura degl’ingredienti mi trovo sempre più in difficoltà: omissioni, nuovi additivi, nuovi processi industriali, pubblicità ingannevoli, etichette in carattere 2, e bollini del supermercato apposti sull’etichetta. Lo slaloom nello scialpinismo forse e’ meno impegnativo.
Il “fatto alimentare”, cioé il prodotto industriale di cui ci alimentiamo (.. non la rivista) è una sempre più efficace metafora della complessità, della difficoltà di comprensione del mondo e di come queste caratteristiche vengano disonestamente e ampiamente sfruttate da classi di capitalismo industriale e ceti finanziari per incrementare il profitto attraverso la riduzione del valore aggiunto.
Molto importante avere l’intelligenza e l’attenzione, dedicata nella fattispecie dal “Fatto alimentare” (.. la rivista!) a ciò che “non è”.
Condivido quasi tutto, ma sulla sua conclusione mi permetto di esprimere una mia idea.
Sentirmi vincolato nella scelta tra ciò che è – nella sua genuina espressione – e ciò che non è – nel senso usato da lei – mi pare un po’ faticoso, e pure poco stimolante. Cioè, sempre usando la metafora dello scialpinista, è come fare il percorso per evitare ostacoli o precipizi, senza quel pizzico di piacere che può venire dal percorrere un lieve pianoro o una discesa tra gli alberi. Uscendo di metafora per stare sul “fatto alimentare” trovo innumerevoli esempi dove l’industria a. ha fatto creativamente delle innovazioni e delle ri-visitazioni di prodotti. In certi casi grazie a una politica attenta che ha stabilito come doveva essere fatto un prodotto. Penso, ad es., all’introduzione della soia, qualche decennio fa, con ottimi prodotti come il tofu e la sua bevanda, o gli stessi fagioli secchi di soia aggiunti alla disponibilità di quelli nostrani. Oppure a panettone e colomba, lievitati di con un buon valore aggiunto, o il latte di Alta Qualità (finito nel dimenticatoio, ahimè).
Senza tanti giri di parole, quella della Parmalat non è una innovazione ma, semplicemente, una furbata!
E’ attinente all’argomento per meta’, ma…ricordavo che gli olii e i grassi idrogenati fossero stati banditi. C’e’ stato un cambio di normativa ?
Facile equivocare. I caratteri arial 2 non aiutano. Cosa sarà il “palmisto”? Inoltre abbiamo sempre con noi il Reg. CE per capire cosa sono gli E 475 ecc. ecc. ?
Il palmisto è il grasso estratto dal seme della palma da olio.
L’olio di palma è estratto dal frutto, l’olio di palmisto dal seme.
Molto interessante!!!
Un bel montaggio chimico per le povere fragole!….ci sono più E che latte! E poi il vituperato palmisto per confondere le idee perché olio di palma allontana i consumatori….Non ci si puo’ fidare neppure delle aziende blasonate
é legale, ma inganna il consumatore. La legislazione Ue per le etichette non evita la comunicazione ingannevole perché è costruita sul significato semantico delle parole, invece dovrebbe tenere conto del percepibile cioè della percezione comune, come accade con la pubblicità un esempio è il Giurì della pubblicità (organizzazione privata dell’associazione delle agenzie di pubblicità). Quello della Chef è un caso tipico, il consumatore sa, da decenni, che il logo Chef vuol dire panna, è nella corteccia cerebrale del consumatore(quella parte del cervello che ci fa fare cosa automaticamente) ne è un esempio la guida di un auto. Con la scuola guida mentre mettiamo la prima sappiamo che è la prima la seconda, sappiamo che stiamo spingendo l’acceleratore, ma poi col tempo usiamo il cambio l’acceleratore e il freno al bisogno senza associarlo all’uso dello strumento. La stessa cosa accade nei supermercati quando acquistiamo un brand. Immaginate di vedere un tubetto o un barattolo con lo stesso colore e font, immagine di liquido bianco che esce del latte condensato Nestlè” e immaginate di vedere lo stesso prodotto con scritto “Bianco Condensato Nestlé” cosa pensate che il consumatore percepisca? “Chef già montata” con foto di un prodotto riconducibile solo alla panna sopra alle fragole, cosa può far percepire? E’ vero che anche i grassi idrogenati e gli addensanti possono far montare il latte scremato quindi da questo punto di vista la foto è corretta, è vero che la parola panna non è nel clime, ma ciò non cambia affatto la percezione. Oltre a ciò se un consumatore ha dei dubbi legge il testo e vede: Il montaggio con panna chef spray … ma stiamo scherzando? Non è solo ingannevole è volutamente truffaldino. Le regole devono cambiare, da significato semantico a percezione comune. Ma chiediamoci perché un industria dovrebbe fare un prodotto simile? La panna del latte può essere separata in vari modi dal prodotto originale, quello che rimane è latte scremato. La panna ha un prezzo elevato, la si può usare per fare burro o vendere, il latte che rimane ha un valore minimo, ottimo quindi per essere associato ad un altro prodotto a basso costo come i grassi idrogenati dell’olio di palma. Ritengo ma qualcuno più esperto di me potrebbe verificare, che il costo del prodotto Chef già montato sia decisamente inferiore a quello della panna montata di altri brand. Non è nemmeno un prodotto vegano perché c’è comunque il latte, quindi parte che l’unica ragione per fare un prodotto simile sia un maggiore guadagno, che però avviene se il consumatore crede di acquistare panna Chef montata. MI chiedo, perché non interviene l’EFSA?
Inoppugnabile.
Ho contato,oltre l’ultra processato olio di palma, che non dovrebbe più esserci, emulsionanti n° 5,Stabilizzanti n°3 ,gas propulsore E942, ed è pubblicizzata :Tanto pratica tanto deliziosa..Complimenti Parmalat…
Finalmente si scoprono gli altarini dei francesi—-
Meraviglie della scienza e della tecnica! Togli la panna al latte e, ormai scremato, lo vendi come se fosse panna
L’unica arma che abbiamo e leggere l’etichetta e non comprare più certi prodotti. Solo così capiranno che devono tornare a produrre secondo la qualità attesa dal consumatore, quindi voglio Panna, e non creando un surrogato. Grande Il Fatto alimentare
come il solito non ci si può fidare ed è necessario approfondire leggendo con attenzione l’etichetta. Ma cosa fanno gli enti preposti alla repressione frodi?
Non c’è nessuna frode commerciale. L’etichetta è corretta. Da nessuna parte compare la parola “Panna”. Differente la questione per il sito web della Parmalat…
sempre notizie utilissime, grazie
Questo articolo dimostra che non si deve mai mettere nulla nel carrello senza aver prima letto con attenzione tutta la lista degli ingredienti. Quel prodotto non è panna ma un intruglio di ingredienti. Leggete sempre gli ingredienti ed evitate tutto ciò che non è naturale.
Purtroppo non esiste “una disciplinare di legge” apposita per la produzione e la vendita di prodotti commerciali di panna montata, che regolamenti, cioè, in senso legislativo gli ingredienti e i metodi di produzione stessi. Essendo un prodotto alimentare le norme si limitano all’etichettatura, per l’indicazione dei valori nutrizionali, caratteristiche organolettiche ecc. Ciò è particolarmente grave perché, trattandosi di un prodotto lattiero-caseario, richiederebbe indicazioni precise per es. sulla pastorizzazione del latte utilizzato. In mancanza di una “disciplinare di legge” per la panna montata commerciale sarebbe però almeno corretto imporre la dicitura: “succedaneo della panna montata”, come per il caviale. Ma questo ovviamente produrrebbe una diversa consapevolezza nel consumatore, che è nemica del facile profitto.
una distinzione letterale che se non era per voi, che l’avete sviscerata, non sarei MAI riuscito a capire e a distinguere.
siete fantastici.
preciso a livello personale che da quando parmalat è passata ai francesi non ho più acquistato tale marchio perchè temevo ripercussioni sulla qualità finale dei prodotti.