L’Indonesia è il primo produttore di olio di palma del mondo, e nel 2023 la deforestazione motivata dalla necessità di fare spazio a ulteriori piantagioni è aumentata del 34%, con 30.000 nuovi ettari di foresta persi. L’aumento era iniziato nel 2022, dopo che nel decennio precedente si era vista una lieve tendenza alla diminuzione, e ciò che preoccupa è il fatto che le rese continuino a diminuire, nonostante l’aumento di superficie, e che alcune delle nuove piantagioni siano state insediate al posto di torbiere, che rilasciano molta più CO2 dei terreni normali.
Sei anni fa, però, i ricercatori dell’Università di Gottinga, in Germania, sono andati proprio in Indonesia, e nello specifico a Sumatra, per decenni la zona a più elevata concentrazione di piantagioni del mondo, a condurre un esperimento di riforestazione. Test che ha avuto un grande successo, e che quindi toglie argomenti a chi sostiene l’ineluttabilità dello status quo, e la scarsa utilità di pratiche rigenerative.
La riforestazione a “isole”
Esistono vari modi di tentare una riforestazione, e i ricercatori tedeschi hanno scelto quella delle cosiddette isole di alberi, insediandone ben 52 in una piantagione di palme estesa su una superficie di 140 ettari. Come descritto in un primo report, pubblicato nel 2023 su Nature, le isole sono aree nelle quali vengono piantati da sei a nove specie di piante a fusto autoctone, in una zona con un perimetro quadrato che ha un lato compreso tra cinque e quaranta metri, e un’area, quindi, di 25-1600 metri². Tra le specie ripiantate vi sono alcune Fabacee come la Parkia speciosa e l’Archidendron jiringa, il Durio Zibetinhus (malvacee), la Dyera polyphylla (apocynacee) e altre.
Le isole non sostituiscono parte delle piantagioni, ma si insediano in mezzo a esse, per verificare se sia possibile aumentare la biodiversità e la crescita spontanea anche nelle aree contigue (quelle con le palme da olio), che sono sempre quasi prive di vita, a causa dei pesanti trattamenti e del disboscamento. Inoltre, oltre agli alberi, la tecnica prevede di favorire la nascita e la crescita di vegetazione spontanea, e i terreni delle isole di alberi non sono quindi in alcun modo trattati con antiparassitari o insetticidi.
Le misurazioni della situazione
Già dopo i primi cinque anni, e ora dopo sei, come riporta un articolo appena pubblicato su Science, i ricercatori hanno verificato dieci parametri indicatori di biodiversità e 19 di benessere dell’ecosistema. Tra i primi, per esempio, la presenza di insetti di vario tipo, pipistrelli, artropodi, erbe spontanee, semi e pollini, fauna al suolo, funghi e batteri del terreno; tra i secondi la resistenza alle invasioni, l’impollinazione, la qualità generale del terreno, la produttività e i cicli del carbonio e dell’acqua.
I risultati dei calcoli e delle rilevazioni hanno mostrato che i benefici sono molto significativi, e arrivano in tempi assai brevi. Tutti i parametri migliorano, rispetto alle zone dove crescono solo le palme, e dopo sei anni dalla piantumazione alcuni alberi sono già alti più di 15 metri. Inoltre – aspetto fondamentale se si vogliono lanciare programmi che abbiano qualche speranza di avere successo – la resa delle palme non diminuisce, anzi.
Le specie aliene arrivate nei sei anni trascorsi, poi, non rappresentano più del 10% del totale, e anche questo è un dato importante, per verificare se questo approccio possa o meno avere un futuro e se i suoi effetti non siano peggiori di quelli della monocoltura.
L’olio di palma
Infine, i vantaggi crescono ancora più macroscopicamente quando l’area riforestata è di 400 m² o più, fatto che indica che, con ogni probabilità, esistono soglie al di sotto delle quali la rigenerazione procede più a fatica. Analogamente, maggiore è la varietà delle specie ripiantate all’inizio, più rapidi e completi sono i fenomeni di recupero della biodiversità, anche se non si raggiungono mai del tutto valori paragonabili a quelli delle foreste vergini estirpate. E ciò significa, anche, che bisogna fare di tutto per preservare le foreste vergini, in Indonesia e non solo, vietare la deforestazione, anziché continuare a permettere che venga attuata, e diminuire la domanda di olio di palma.
Oggi nel mondo ci sono 21 milioni di ettari provenienti da deforestazione e destinati a monocolture di palme da olio, e Indonesia e Malesia sono i due paesi che di gran lunga ne hanno la porzione più rilevante.
© Riproduzione riservata. Foto: Fotolia, Nature
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Giornalista scientifica