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I livelli soglia non sono stati ancora determinati e possono variare da individuo a individuo

Pubblichiamo una lettera firmata da Monica, curatrice del blog Mi Mangio l’Allergia, sul delicato problema dei livelli di soglia in grado di scatenare un’allergia.

 

Proprio l’altro giorno, in una discussione con alcuni celiaci, mi si chiedeva se l’industria è “obbligata” a segnalare le “tracce” di alimenti… Vorrei condividere le informazioni (e le fonti) di cui io sono al corrente.

Quindi, cominciamo col dire che esiste una nomenclatura precisa degli allergeni, stabilita per Legge, ossia occorre fare riferimento al Decreto Legislativo 8 febbraio 2006, n.114 (modificato dalla DIRETTIVA 2007/68/CE DELLA COMMISSIONE del 27 novembre 2007): Crostacei e prodotti derivati; Uova e prodotti derivati; Pesce e prodotti derivati; Arachidi e prodotti derivati; Soia e prodotti derivati; Latte e prodotti derivati (compreso il lattosio); Frutta a guscio cioè mandorle (Amigdalus communis L.), nocciole (Corylus avellana), noci comuni (Juglans regia), noci di acagiù (Anacardium occidentale), noci pecan (Carya illinoiesis (Wangenh) K. Koch), noci del Brasile (Bertholletia excelsa), pistacchi (Pistacia vera), noci del Queensland (Macadamia ternifolia) e prodotti derivati; Sedano e prodotti derivati; Senape e prodotti derivati; Semi di sesamo e prodotti derivati; Anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/l espressi come SO2.”

 

Il problema non è banale, soprattutto in caso di allergie molto gravi, laddove anche solo una traccia (sebbene non sia ancora stata stabilita una soglia universale capace di scatenare reazioni…), tant’è che i nuovi prodotti da forno e mix di farine per celiaci contenenti “frumento/grano deglutinato…” costituiscono un interrogativo per chi è gravemente allergico a tutte le proteine del grano, non solo al glutine, e qui… dipende dal grado di “purezza” del prodotto… non so se mi spiego, non è facile.

A questo proposito forse potrebbe interessarti sapere che, stando ad un Documento ufficiale: “l’amido di grano e il lattosio sono ingredienti provenienti da fonti allergeniche, ma non sembra esservi un reale rischio per il consumatore. Non vi sono però sufficienti studi condotti in sottogruppi di pazienti con elevata sensibilizzazione che confermino la non nocività.” tratto daAllergie alimentari e sicurezza del consumatore. Documento di indirizzo e stato dell’arte” (p. 30).

 

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Esiste una dose soglia in grado di scatenare una reazione allergica  per ogni alimento allergenico o  per i derivati?

Si tratta di un documento pubblicato di recente nel sito del Ministero della Salute. Lì si può anche leggere altro da p. 29 a p. 32, nella sezione dedicata agli allergeni in etichetta, per esempio:

Le domande chiave a cui bisogna ancora dare risposta per garantire la sicurezza alimentare sono:

• esiste una dose soglia di scatenamento per l’alimento allergenico o per gli ingredienti da esso derivati?

• l’esposizione a “basse dosi”, all’alimento o alle proteine allergeniche da esso derivate, può provocare una reazione allergica?

• tutti gli ingredienti provenienti da quell’alimento rappresentano un rischio per la vita di individui

sensibilizzati?

• ci sono altre fonti nascoste di allergeni?

 

I livelli soglia non sono stati ancora determinati per la maggior parte degli allergeni alimentari, e quelli conosciuti, uovo, arachide e latte, possono variare, da individuo a individuo, da pochi milligrammi a qualche grammo.

Proprio per questa variabilità, al momento non è possibile basare su questo parametro le regole di etichettatura. Soltanto per l’anidride solforosa e i solfiti è indicato dalle disposizioni vigenti il limite di 10 mg/kg o 10 mg/l espressi come SO2, il cui superamento implica l’obbligo di segnalazione in etichetta. Il livello di rischio posto da ingredienti derivati da fonti allergeniche è legato alla quantità di proteine 29 allergeniche presenti nell’ingrediente stesso, alla natura della proteina ed al livello di uso dell’ingrediente nella formulazione dell’alimento. Gli oli altamente raffinati, anche se provenienti da fonti allergeniche come soia ed arachide, non rappresentano un rischio per la maggioranza dei soggetti allergici a soia ed arachide, in quanto contengono minimi livelli residui di proteina.

 

La sezione si conclude con questa frase: “L’EFSA (European Food Safety Authority) e altre organizzazioni scientifiche (ILSI Europe) stanno valutando i dati riportati in letteratura per arrivare a proporre soluzioni adeguate in merito alla dose minima o sul livello soglia in grado di scatenare una reazione negli individui più sensibili.

 

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L’esposizione a “basse dosi”, all’alimento o alle proteine allergeniche derivate, può provocare una reazione allergica?

Mi permetto di aggiungere un altro link ufficiale al Rapporto Eufic sugli allergeni alimentari (10/2013), dove, per esempio, si accenna anche alle soglie:

Soglia di sicurezza degli allergeni. Esse possono essere definite a due livelli, ossia soglie individuali e soglie per popolazione. Una soglia individuale è la quantità massima di allergene che può essere tollerata da un soggetto allergico. Una soglia per popolazione, invece, è la quantità massima di allergene che può essere tollerata da un’intera popolazione (o da un sottogruppo rappresentativo) di soggetti con allergia alimentare.”

 

In caso di allergie non è facile stabilire una soglia perché quelle individuali variano da caso a caso. E le eventuali contaminazioni possono essere pericolose per alcuni e non per altri. Comprendo di conseguenza la difficoltà dell’Industria nel trattare le tracce accidentali, tant’è che una volta, un imprenditore mi confidò: «Io faccio tutto il possibile per pulire la macchina, ma ho solo quella, con cui produco altri prodotti che contengono gli allergeni, e non posso entrarci… e se ci rimanesse una traccia? Non solo… come posso essere sicuro al 100% che la materia prima del mio fornitore non sia contaminata? Io la dicitura “Può contenere…” devo metterla, perché non posso garantire l’assenza di contaminazioni».

Il tema, sembra essere complesso. Spero di aver fornito spunti utili…

 

Monica, curatrice del blog Mi Mangio l’Allergia

© Riproduzione riservata

Foto: Thinkstockphotos.com

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ezio
ezio
23 Maggio 2014 12:27

Il mio sintetico contributo al tema molto importante, finalmente trattato in modo adeguato:
– L’allergico è responsabile personalmente di quello che acquista e se ha scoperto di esserlo, deve acquistare solo prodotti sicuri e garantiti, esenti dall’allergene che lo danneggia nelle farmacie, negozi specializzati e scaffali dedicati della GDO.
La salute come la legge non ammettono ignoranza.
– Il produttore che immette sul mercato un alimento potenzialmente contaminato con un allergene, perché lo contiene in origine o si può aggiungere nella linea produttiva, deve indicarlo chiaramente.
– Le contaminazioni accidentali non prevedidibili dalle condizioni suddette, non sono imputabili a nessuno, salvo che all’allergico se acquista irresponsabilmente alimenti non espressamente garantiti per il suo problema.(esempio: un allergico al latte che consuma cioccolato fondente generico non garantito esente da latte)
– Le soglie di contenuto minimo e massimo dovrebbero interessare solamente i produttori di alimenti garantiti per queste patologie (perché l’allergia è una patologia).
– Per tutto il resto degli alimenti siamo nell’ambito delle tolleranze/intolleranze alimentari non patologiche ed il consumatore sceglie come alimentarsi in base alle proprie capacità digestive e di gradimento in generale.
Alla Catalano:
Per la nostra salvaguardia, quando attraversiamo la strada dobbiamo farlo sulle striscie pedonali a noi riservate e non nello stesso momento in cui sopraggiunge un auto.
Per lo stesso scopo, quando guidiamo un mezzo potenzialmente pericoloso per un pedone indifeso, dobbiamo dargli la precedenza e non travolgerlo.
Ma se il pedone si tuffa in mezza alla strada, oppure un conducente non guarda dove va e non controlla il mezzo che guida, sono personalmente responsabili dei propri ed altrui danni.

Ufficio Stampa dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d'Aosta
30 Maggio 2014 16:00

Gentile Monica
le segnaliamo che la normativa che cita sta per essere superata dal Reg 1169/2011 di prossima entrata in vigore. Il prossimo 13 dicembre 2014 infatti l’elenco delle sostanze allergizzanti che ha trascritto sarà aggiornato come da allegato II e includerà: cereali contenenti glutine, crostacei, uova, pesce, arachidi, soia, latte, frutta a guscio, sedano, senape, sesamo, anidride solforosa, lupini, molluschi e relativi prodotti derivati o a base dell’ingrediente allergizzante.
Inoltre, quando si accenna alle soglie è necessario distinguere tra allergie vere e proprie, con coinvolgimento del sistema immunitario e di anticorpi in genere IgE, e le intolleranze alimentari. Il mondo scientifico al momento concorda sul fatto che non ci siano dati adeguati e sufficienti per fissare dosi soglia: tuttavia, dal punto di vista normativo, per alcune sostanze come lattosio, glutine e anidride solforosa, impropriamente definiti allergizzanti ma che causano per lo più intolleranze alimentari, sono stati fissati limiti quantitativi al di sotto dei quali la loro presenza in etichetta può non essere indicata. Tali limiti derivano da studi internazionali che hanno valutato la dose minima giornaliera e quella somministrata per lunghi periodi capace di provocare l’effetto tossico su una popolazione di soggetti sensibilizzati.
Resta infine indubbio, che ad oggi, anche in base alla recente opinione dell’EFSA, i dati disponibili di tipo clinico, epidemiologico e sperimentale non permettono di determinare soglie sicure in grado di evitare reazioni allergiche propriamente dette.
Per ogni ulteriore chiarimento o approfondimento non esiti a visitare il nostro sito alla pagina del nostro Centro Regionale Allergie e Intolleranze Alimentari http://www.izsto.it/index.php/centri-di-eccellenza/1229-crealia o il portale di Sicurezza Alimentare del nostro Istituto http://www.izsalimento.izsto.it/palimenti o a contattarci all’indirizzo mail crealia@izsto.it