Pubblichiamo le criticità di un nostro lettore sull’informazione di origine presente su una confezione di carne. Di seguito la risposta dell’avvocato Dario Dongo, esperto di diritto alimentare.

Scrivo per avere un vostro parere in merito ad un’etichettatura applicata da una nota catena di supermercati romani su una confezione di carne bovina da me acquistata pochi giorni fa.
Si tratta di lombate di chianina che, a una prima occhiata è stato facile dare per scontato che si trattasse di carne italiana (spicca infatti il bollino che recita “razza chianina italiana 100%” con le scritte colorate in rosso e verde con vicino la mucca bianca).
Salvo poi scoprire poco dopo l’acquisto, e leggendo con più attenzione l’etichetta, che in realtà l’animale è nato, allevato, macellato in Danimarca e infine sezionato in Italia. Credete che l’applicazione di quel bollino possa essere ritenuta fuorviante? La sola sezionatura può essere ritenuta sufficiente per definire la carne 100% italiana?
Allego tre immagini dell’etichettatura e del confezionamento.
Flavio

chianinaDi seguito il parere dell’avvocato Dario Dongo

L’etichetta in esame è scorretta, in primo luogo, esporre la dicitura “100% italiana” sull’etichetta di una carne di animale invece nato, allevato e macellato all’estero rappresenta a tutti gli effetti una violazione delle leggi sul commercio (ai sensi del codice penale, articolo 515). In secondo luogo, la dicitura “sezionato in” – a margine della triade di informazioni obbligatorie sull’origine delle carni bovine  (“nato in”, “allevato in”, “macellato in”) – contemplata nei regolamenti CE 1760, 1825/00 non è certo sufficiente a definire la carne “100% italiana”.

È illegittimo infine il riferimento alla specie Chianina (specie bovina italiana autoctona, il cui nome deriva dalla Val di Chiana), senza comunicare con altrettanta evidenza grafica che le carni sono a tutti gli effetti estere. Per palese contrasto con il reg. UE 2018/775.

Di seguito la risposta dell’azienda

Innanzitutto grazie per averci scritto dandoci l’opportunità di spiegare l’errore. La nostra catena di supermercati, al fine di garantire la tutela del consumatore e la trasparenza nelle informazioni riportate in etichetta, seleziona da anni carni di Razza Chianina che seguono dei disciplinari di produzione che certificano le merci fino al momento della vendita. In quest’ottica di trasparenza vengono garantiti controlli di tracciabilità lungo tutta la filiera fino al consumatore finale.

Le nostre carni di razza chianina vengono registrate sia in ingresso che in uscita attraverso appositi registri che vengono inviati ogni mese all’azienda produttrice affinchè i vari organi competenti possano compiere le opportune verifiche.

Analizzando L’accaduto si evince un errore dovuto alla mancata attenzione da parte dell’operatore addetto al preincarto che al momento di inviare il prodotto sulla bilancia automatica anzichè digitare il codice di riferimento 24 (che corrisponde ai requisiti di etichettatura della carne di razza chianina) ha digitato il numero 28 al quale corrispondono i requisiti di etichettatura della carne danese. Per meglio comprendere quanto detto, vi invitiamo presso i nostri locali per verificare l’attendibilità delle nostre informazioni.

Nel frattempo oltre ad aver richiamato il personale addetto ad una maggiore attenzione è stato disposto il richiamo del prodotto.

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Caci8aro
Caci8aro
28 Ottobre 2020 17:57

Era palese che fosse una etichetta non regolare.

roberto pinton
roberto pinton
29 Ottobre 2020 09:38

Assolutamente d’accordo con Dario Dongo.
Piccola integrazione: una volta che i dettagli siano indicati in etichetta in modo del tutto trasparente, nulla osta a che manzi della razza Chianina siano allevati in Danimarca o in Wisconsin, così come che quelli della razza Piemontese siano allevati in Oregon o in Argentina, e ciò conservando il riferimento alla razza: le caratteristiche genetiche non cambiano.
In Italia alleviamo grandi quantità di manzi da carne Charolaise e Limousine (il cui nome è sufficiente a esplicitare l’origine francese), così come gli scozzesi Angus, per non dire della Frisona (più di 1 milione di vacche da latte) e di qualche allevamento della giapponese Wagyu; il fatto che siano allevati in regioni anche molto lontane da quelle d’origine non cambia la genetica. Per le razze più rilevanti sono istituiti libri genealogici che registrano il “pedigree” dei capi; per la riproduzione sono utilizzati solamente capi in possesso dei caratteri di razza e anch’essi iscritti al libro genealogico.

Gabriel
2 Novembre 2020 16:38

Salve Sig. Roberto,
non ho compreso bene la sua integrazione, ovvero:
ovviamente il corredo genetico non cambia, però qua parliamo di provenienza dei capi accresciuti, macellati e lavorati all’estero; poi commercializzati in Italia.
Nulla vieta di fare miglioramento genetico utilizzando capi esteri, ma quel che è certo è che la carne dei capi venduti come “100% italiana” deve necessariamente provenire da animali nati, cresciuti, macellati e lavorati in Italia.
Anche perché è dalla notte dei tempi gli allevatori si scambiano bestiame per fare incroci e miglioramenti ma questo non ha mai e non deve pregiudicare l’origine dei capi che ne derivano.

Gabriel B.

roberto pinton
roberto pinton
8 Novembre 2020 16:02

Del tutto d’accordo.

Quello che intendevo precisare nel post precedente è che (fermo restando l’errore ammesso – e non poteva fare altrimenti- dalla catena e ferma restando la totale condivisibilità di quanto sostenuto da Dario Dongo), nulla impedisce che dei manzi di razza Chianina (o Piemontese) siano allevati altrove, così come in Italia si allevano capi di razze francesi, di Angus o di Kobe.

Sta a dire che, in teoria avrebbe potuto trattarsi effettivamente di carne di manzo chianina (anche se non da etichettare come “italiiana 100%” se il capo è nato, allevato e macellato a Copenhagen, ma pur sempre “chianina”), così come la carne di un manzo Limousine nato in Francia, allevato e macellato in Italia rimane Limousine, a norma di legge “allevato in Italia” e non “100% italiano”.

Mauro
Mauro
25 Novembre 2020 13:44

L’etichetta è fuorviante perché dichiara apertamente che la “Razza Chianina (è) Italiana 100%” (che è lapalissiano come scrivere “L’acqua è bagnata), cosa che come ha fatto rilevare Roberto Pinton è inequivocabilmente corretta (sarebbe falsa invece se le Chianine, come dice Gabriel, fossero state oggetto di qualunque variazione genetica) ma è ovvio che il consumatore la interpreta come “la carne contenuta in questa confezione è al 100% di Chianina nata, allevata e macellata in Italia”.

In altri articoli si discuteva della chiarezza delle etichette e dell’opportunità di consentire denominazioni fuorvianti, questa è l’ennesima dimostrazione che la cosa rappresenterebbe una trappola per i consumatori che badano, come è ovvio, a quanto dichiarato in etichetta e magari solo a casa, col contenuto che già cuoce in pentola, ci pensano su e trovano il tempo di leggere i dettagli e fare le “scoperte”.

Danilo
Danilo
25 Novembre 2020 21:57

Quello che definisce l’etichetta è un semplice codice de tracciabilità che chi lavora in questo supermercato immette manualmente dallo schermo della macchina prezzatrice e già questo ve fa capi che si può sbagliare come sbagliano tutti quelli che le cose le fanno…oltretutto in questo posto si lavora ad un ritmo spropositato e quindi ancor più facile sbagliare…