È un futuro a tinte fosche quello descritto dal Rapporto Coop 2023, presentato in anteprima a Milano il 7 settembre. Guerra in Ucraina, crisi climatica, inflazione, lavoro povero sono solo alcune delle emergenze che preoccupano gli italiani e le italiane, e finiscono per influenzare il carrello della spesa. Il grande rimbalzo economico postpandemico che abbiamo visto tra il 2021 e il 2022 ormai è finito, e gli effetti degli aumenti dei prezzi dei beni di consumo si stanno facendo sentire. Negli ultimi due anni l’inflazione ha abbattuto il potere di acquisto di 6.700 € pro capite e ha trascinato quasi la metà degli italiani (27 milioni) in condizioni di difficoltà. In uno scenario di inquietudini e timori in crescita, dunque, non sorprende scoprire che 36% delle persone intende ridurre i propri consumi.
“Il Rapporto Coop 2023 disegna un Italia in difficoltà e resistente. – Spiega Marco Pedroni, presidente Ancc-Coop – L’inflazione erode il potere di acquisto, le diseguaglianze si accentuano, una parte della classe media è spinta verso il basso e ritiene di non avere le condizioni per una vita dignitosa. Il rischio della recessione è oggi molto più concreto e le politiche pubbliche sono incerte nel sostenere la domanda, anche per i concreti vincoli di bilancio. Il Pnrr stenta a decollare. L’occupazione va bene ma il lavoro povero, soprattutto dei giovani, ha raggiunto livelli allarmanti. Il quadro è davvero poco ottimistico.”
Gli effetti dell’inflazione
L’inflazione, infatti, si fa sentire soprattutto nel carrello della spesa: in Italia i prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche in due anni sono aumentati di un impressionante +21,3% e si prevede che nel 2024 cresceranno ancora del 4%. Anche se, lentamente, l’inflazione sta rallentando, nei primi sei mesi del 2023 i rincari maggiori si sono visti nei reparti pet care e freddo (+17%), seguiti da ortofrutta (+14%) e drogheria (+13,6%). Questi dati però non rappresentano in pieno la situazione reale, dato che, oltre ai prezzi in aumento, c’è da considerare anche l’incidenza sul carrello della sgrammatura (ne abbiamo parlato in questo articolo), il fenomeno sempre più diffuso della riduzione del peso o del volume di un prodotto venduto poi allo stesso prezzo di prima.
Tutto ciò spinge le persone a comprare di meno, come mostra il calo delle vendite a volume del 3%. Per cercare di arginare la lievitazione scontrini, il 76% degli italiani e delle italiane ha messo in atto strategie per far fronte all’aumento dei prezzi, cambiando le proprie abitudini: il 90% afferma di aver ridotto gli sprechi, il 78% ha aumentato l’acquisto di prodotti in offerta, mentre oltre il 60% delle persone confessa di scegliere prodotti più economici e con il marchio del distributore (che crescono in quasi tutti i canali di vendita), al posto di quelli di brand famosi. C’è poi anche chi rinuncia ai propri propositi di uno stile di vita più sostenibile diminuendo gli acquisti di prodotti biologici e sostenibili (oltre il 40% del campione), ma anche chi ha deciso di abbandonare la propria insegna di fiducia per iniziare a fare la spesa al discount (63%).
Il Rapporto Coop certifica l’avanzata dei discount
L’affermazione del discount, infatti, sembra essere una delle conseguenze più evidenti della crisi dei prezzi alimentari. In quattro anni questo canale è passato dal rappresentare il 18,9% delle vendite a valore al 23%, a scapito di supermercati e ipermercati. Una crescita che continuerà nei prossimi anni. L’81% degli italiani e delle italiane prevede infatti di aumentare i propri acquisti nei discount e anche gli esperti prevedono un futuro promettente per questo canale di vendita.
La perdita di identità alimentare
Un altro effetto dell’inflazione è la perdita di ‘identità alimentare’: il 20% della popolazione (in notevole crescita rispetto al 12% del 2022) dichiara di non sentirsi rappresentato da nessuno stile alimentare, baby boomer e classi economiche più svantaggiate in testa. Vacilla anche il mito della Dieta mediterranea, come dimostra il crollo degli acquisti di frutta e verdura, calati di oltre 900mila tonnellate in due anni, a causa degli aumenti vertiginosi dei prezzi.
Nonostante ciò continuano ad affermarsi nuovi stili alimentari innovativi: anche il Rapporto Coop 2023 fotografa il successo dell’iperproteico, seguito dal ‘reducetariano’ (stile di vita basato sulla riduzione del consumo di carne). A proposito di limitazione della carne della dieta, continua anche la crescita dei consumi globali di proteine alternative: quasi un terzo delle persone intervistate (31%) afferma che nei prossimi 10 anni sulla sua tavola ci saranno prodotti vegetali dal sapore di carne, le cosiddette ‘fake meat’, seguiti da quelli a base di farine di insetti (29%) e, nonostante l’opposizione feroce dell’attuale governo, dalla carne coltivata (28%).
Il Rapporto Coop prevede un cambiamento nella filiera
Tutto questo porterà necessariamente a un profondo cambiamento della filiera alimentare. Il problema è che la distribuzione e l’industria sembrano andare in due direzioni diametralmente opposte: se la prima sembra puntare sull’introduzione di prodotti innovativi come strategia per rispondere al calo delle vendite a volume, la seconda si concentra sull’ampliamento della gamma di prodotti a marchio del distributore per rispondere alle esigenze delle famiglie che hanno visto crollare il loro potere di acquisto.
“I dati presenti nel Rapporto – afferma Maura Latini, presidente di Coop Italia – confermano i rischi che anche l’industria di marca sta correndo con un segno costantemente negativo sulle vendite oramai da tempo. Per come la vedo io, c’è la necessità di un confronto serio e costruttivo proprio per dare una risposta a larga parte della popolazione italiana in difficoltà. Ritengo possa essere un solido obiettivo comune lavorare per recuperare volumi di vendita che al momento i clienti stanno dirottando sui discount.” Solo il tempo ci dirà se queste strategie avranno successo.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Abbassare i prezzi e smettere di cavalcare la tigre!!!