Ragazza adolescente con cuffie da gaming beve bevanda zuccherata o energy drink alla scrivania davanti al computer

Ragazzo adolescente beve bevanda zuccherata o energy drink mentre gioca con i videogiochiLa pubblicità di junk food e, in modo particolare, quella di bibite zuccherate, di snack e di dolci  è sempre più presente su social media e sulle piattaforme, e ben si capisce perché: funziona e influenza gli utenti, che spesso diventano acquirenti. Tra quelli che stanno riscontrando maggiore successo c’è Twitch, piattaforma di live-streaming con canali su argomenti quali la musica, l’arte, lo sport, il cibo ma soprattutto videogiochi, che nei primi tre mesi del 2021 ha avuto sei miliardi di ore di contenuti visualizzati, con un incremento del 97% rispetto allo stesso periodo del 2020. 

Twitch consente la creazione di community e, quindi, l’interazione tra utenti, ed è particolarmente apprezzata per il settore con il quale ha iniziato la sua attività: i videogiochi. Anche a causa di queste sue caratteristiche è diventata particolarmente appetibile per la pubblicità, che negli ultimi mesi è visibilmente aumentata, e oggi interrompe le competizioni, obbligando i giocatori ad assistervi. Per questo i ricercatori della Penn State University e del Dartmouth College hanno voluto capire meglio che impatto avesse.

Ragazzo davanti al computer mangia chips dal sacchetto
I ricercatori hanno indagato gli effetti della pubblicità del cibo spazzatura sulla piattaforma di live-streaming Twitch

Come ricordato su Public Health and Nutrition, esistono tre strumenti di indagine studiati apposta per verificare se un comportamento tende alla dipendenza, al cosiddetto craving, e altre che misurano quanto la pubblicità influenzi le scelte commerciali, nello specifico l’acquisto di junk food. Gli autori le hanno utilizzate su un campione di quasi 570 utenti di Twitch reclutati su Reddit e considerati sensibili ai richiami del marketing, un quarto dei quali con meno di 18 anni, nel 90% dei casi maschi e nel 60% caucasici. I ricercatori sono riusciti a delineare i profili delle persone più a rischio, in base alle risposte date. C’è infatti una parte di videogiocatori (15%) che ammette di aver sviluppato un desiderio compulsivo di alcuni dei prodotti pubblicizzati, e una percentuale modesta, ma non irrilevante (l’8%) che afferma di averli acquistati. I soggetti più vulnerabili si individuano abbastanza facilmente: sono coloro che rispondono positivamente a frasi come “voglio cibi o bevande quando vedo altri che li stanno consumando” o “voglio mangiare quando qualcuno parla di cibo” o, ancora, “noto loghi/insegne dei ristoranti”. Si tratta infatti di risposte che denotano un coinvolgimento e quindi una particolare attenzione al cibo (e alle bevande), e una grande influenzabilità.

Secondo gli autori, non è difficile capire che cosa accade a chi è così suscettibile ed è anche abituato a passare molte ore al giorno giocando o parlando con gli amici su Twitch: cede alle sirene del marketing. Del resto, fanno notare, se le aziende, solo negli Stati Uniti, spendono ogni anno cento miliardi di dollari in pubblicità, è perché questa funziona, anche su persone adulte che si considerano sufficientemente strutturate da poter essere immuni. In realtà nessuno è totalmente immune dai messaggi pubblicitari, anche se alcuni sono più vulnerabili di altri.

I dati ottenuti riportano al centro del dibattito la possibilità di porre dei vincoli a queste nuove forme di pubblicità, che stanno soppiantando quelle classiche, soprattutto pensando a chi è più sensibile e anche maggior rischio di obesità, sovrappeso e altre patologie legate a un consumo eccessivo dio cibo spazzatura.

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