Prosciutto di Parma: Altroconsumo contesta la pubblicità che vanta “la scarsa presenza di sale”. La norma europea lo vieta. Ricorso all’Antitrust
Prosciutto di Parma: Altroconsumo contesta la pubblicità che vanta “la scarsa presenza di sale”. La norma europea lo vieta. Ricorso all’Antitrust
Roberto La Pira 17 Giugno 2013Lo slogan utilizzato dal Consorzio del prosciutto di Parma per fare pubblicità a uno dei prodotti tipici del made in Italy è scorretto. Altroconsumo contesta la frase utilizzata nel messaggio “per fortuna c’è poco sale …”. Secondo la normativa europea la quantità di sale nel prosciutto è superiore ai valori previsti per la categoria degli alimenti che possono essere definiti a basso contenuto di sale.
La norma è chiara: l’indicazione pubblicitaria sul basso contenuto di sale è consentita solo se il prodotto contiene meno di 0,12 grammi di sodio (che corrispondono a 0,3 grammi di sale) per 100 grammi o 100 millilitri. Il contenuto di sodio/sale nel prosciutto di Parma è ben al di sopra di tale valore.
Come si può leggere sul sito internet dell’azienda, il sale è pari al 4,4% nel prosciutto e al 5,1% in quello sgrassato. Percentuali confermate anche dal nostro ultimo test sul prosciutto di Parma. Per questo motivo Altroconsumo ha inviato una segnalazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per fare censurare la pubblicità.
Foto : Photos.com
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
A quale regolamento o direttiva si fa riferimento nell’articolo?
grazie!
Alla norma europea sulle etichette che trova sul libro “L’etichetta” di Dario Dongo che può scaricare gratuitamente dal nostro sito
Alla luce della normativa sanzionatoria sul regolamento claim, che prevede sanzioni molto limitate, e inferiori al passato, e competenza esclusiva alle ASL (invece che all’AGCM), si potrà riscontrare una maggiore frequenza di questi fenomeni; in qualche modo la norma è anticipata dagli usi che sono riscontrabili da alcuni mesi perché comunica le intenzioni dell’autorità in questa materia.
E’possibile che la normativa comunitaria sia troppo restrittiva rispetto alla realtà nazionale, e che quindi bene faccia il legislatore a limitarne fortemente la capacità di incidere sui comportamenti delle imprese.
Del resto sono le stesse associazioni di consumatori a non essersi attivate su questo fronte in maniera sistematica. Può darsi che quindi il regolamento 1924/2006, cui si riferisce l’articolo, vada bene per l’Europa, ma sia troppo oneroso per essere applicato in Italia.
ALTROCONSUMO prima di squalificare con denunce al garante uno dei migliori prodotti Italiani, doveva intervenire a consigliare il Consorzio del prosciutto di Parma di trasformare il messaggio pubblicitario in pubblicità comparativa visto che il Prosciutto di Parma è uno dei meno salati (Il sale trova ragione nei metodi tradizionali di conservazione e stagionatura). Altroconsumo faccia la voce grossa dove per malafede si circuiscono norme precise di legge , e non si metta a far la guerra alle eccellenze della gastronomia Italiana.
non si può criticare un’eccellenza se questa si vanta a torto di un merito che non ha?mi sembra di capire che il parma contenga il 4% di sale in peso di prosciutto praticamente 40 grammi a kg di carne,ben oltre i 30 ,se ho letto bene,del disciplinare europeo che per salatura di carne è già tanto,e se i fatti sono così,dov’è il vilipendio al prosciutto di parma?perchè lei è sicuro che non ci siano additivi per accelerare la stagionatura,il colore,la riduzione della cariche microbiche dannose etcetc.
Osserverei che il regolamento 1924/2006 consente anche dizioni di “ridotto tenore” di sale/sodio, qualora il contenuto sia diminuito del 25% rispetto ad un prodotto simile. Esiste cioè anche un claim “relativo”, oltre a quello “assoluto” citato nell’articolo. E’ ovviamente necessario scegliere un termine appropriato per presentarlo al consumatore; forse “è a ridotto tenore di sale” sarebbe stato sostenibile, precisando il termine di paragone.
Mi sono riguardato sul web la pubblicità del consorzio del prosciutto di parma, la polemica e la denuncia mi sembrano dettate dai primi caldi estivi.., infatti nello spot viene detto “..poco sale, niente conservanti..”.
Poco sale non vuole dire , bensì che il Parma ha nelle regole del disciplinare un valore di sale compreso tra 4,2 e 6,2%, che sono i valori più bassi dei competitor presenti sul mercato (tenere presente che i TUTTI i competitor S.Daniele a parte hanno TUTTI oltre a contenuti di sodio maggiore anche una buona dose di conservanti (nitrati e nitriti).
Se queste sono pubblicità ingannevoli…
Indipendentemente dalle norme, il prosciutto di Parma mi risulta troppo salato per il mio palato. Sono anni che non l’acquisto.
Cara ivana, se per lei il prosciutto di Parma è troppo salato, , continui a consumare quello cotto, perché di meno salati, e più dolci non ce ne sono, quello ce lo mangiamo noi, e d’accordo con chi lo giudica una delle prelibatezze mondiali . Chiaro che a chi fa prosciutto “ignobilmente” come nel nord europa, la squalifica del Parma fa comodo. Quanto a Ennio, prima di fare certe affermazioni si legga il disciplinare , e soprattutto venga a visitare a Parma gli stabilimenti di produzione, e son sicuro che cambierà idea.
Se ho letto bene, mi sembra che Altroconsumo, giustamente, contesti la pubblicità che vanta “ la scarsa presenza di sale” nel Prosciutto di Parma. Non viene contestata la bontà, ne tanto meno il disciplinare, ma si evidenzia solamente il fatto che non è corretto affermare che contiene poco sale.
Per evitare di creare contrapposizioni tra i consumatori ignari del processo produttivo del Prosciutto di Parma, perché, invece di dire che vi è scarsa presenza di sale, non si dice quanto sale contiene realmente, lasciando al consumatore la valutazione del caso? La risposta a questo interrogativo potrebbe venire da alcuni fatti e, precisamente: 1. il Prosciutto di Parma Dop, come del resto tutte le produzioni Dop, dovrebbe rispettare l’articolo 2, del Regolamento CE 510/2006, che recita: “……la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani …..” e l’art. 4, che recita: “…….la descrizione del prodotto agricolo o alimentare mediante indicazione delle materie prime, se del caso, e delle principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche o organolettiche del prodotto agricolo o alimentare….” 2. le cosce del prosciutto di Parma provengono da diversi allevamenti di maiali, per i quali non è prevista un’alimentazione standardizzata e, quindi, le caratteristiche delle carni divergono. 3. la quantità di sale utilizzata per la salatura delle cosce è proporzionata al peso delle stesse. Pertanto, il risultato finale, in tema di quantità di sale, è sicuramente diverso da partita a partita di cosce. Ecco perché, pur trattandosi sempre di Prosciutto di Parma, notiamo notevoli differenze organolettiche tra un prosciutto e l’altro. Merita ricordare che entro il 2016, a partire dal 13 dicembre 2014, tutti i prodotti alimentari devono essere accompagnati da un’etichetta nutrizionale che attesti le loro caratteristiche oggettive e, tra queste, deve essere indicato il quantitativo di sale ( sodio).
Sarebbe interessante che qualcuno ci informasse se è in grado di riconoscere un Prosciutto di Parma, ed anche qualsiasi altro prodotto Dop, non tanto dal marchio stampigliato sul prodotto, ma in base ai requisiti previsti dagli articoli 2 e 4 del regolamento CE 510/2006 citato.
In risposta a Benito.. il tenore salino può essere espresso unicamente come intervallo da min 4,2% a max 6,2%), perchè non è possibile avere un valore unico, basti pensare che lo stesso prosciutto analizzato a stagionature diverse presenta un tenore salino diverso (prolungando la stagionatura l’acqua che evapora porta una riduzione di massa, mentre il peso del sale non cambia..)
Comunque dei prodotti di salumeria è quello con il tenore salino ammesso più basso.. e se si tiene conto che non ci sono conservanti..
Sig.Fabio, se consulta le tabelle nutrizionali INRAN, si accorgerà che non è il prosciutto il prodotto di salumeria a più basso contenuto di sodio. Per quanto riguarda, poi, il diverso contenuto di sale riscontrato nello stesso prosciutto, basta stabilire tale contenuto in funzione di quello dell’acqua contenuta nel prosciutto. Lo stesso principio deve valere per tutti i prodotti stagionati.