L’introduzione degli insetti nell’alimentazione occidentale è stata oggetto di discussione per anni e solo di recente è divenuta realtà. Nel 2021 la Commissione europea ha autorizzato la messa in commercio di prodotti destinati al consumo umano a base di larve di Tenebrio molitor (o larva gialla della farina), di Locusta migratoria (in forma congelata, liofilizzata, in pasta o in polvere) e di larve di Alphitobius diaperinus (o verme della farina minore). Dallo scorso 5 gennaio 2023, il via libera è stato esteso anche all’Acheta domesticus (o grillo comune) che ora può ufficialmente essere utilizzato sotto forma di farina in prodotti da forno, dolci, cioccolato, salse, sostituti della carne e bevande venduti al supermercato o serviti al ristorante di tutti i Paesi Ue.
In questi due mesi c’è stato un susseguirsi di polemiche, obiezioni, allarmismi e inutili polveroni su questo argomento. L’ultimo caso risale al 23 marzo, in occasione dell’annuncio dei 4 decreti sull’etichettatura dei prodotti a base di farine derivanti da insetti. Il ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida ho sottolineato la necessità di introdurre un’etichettatura specifica per questi nuovi prodotti, allo scopo di evitare che siano confusi con quelli made in Italy tipici della dieta mediterranea. Da parte sua, il coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza Stato-Regioni, Federico Caner, ha ribadito la necessità di segnalarne in modo visibile sulle confezioni la presenza di farina d’insetti, anche laddove in misura inferiore al livello massimo previsto. Mentre Carlo Rienzi, presidente di Codacons, ha avanzato la pretesa di un’esplicita indicazione dei possibili rischi per la salute, nonché la predisposizione all’interno di negozi e supermercati di scaffali dedicati a questo tipo di “nuovi prodotti”, allo scopo di differenziarne al massimo la commercializzazione rispetto a quelli tradizionali, e di evitare confusione nei consumatori e abusi.
Si tratta per lo più di polemiche inutili, che non tengono conto del fatto che l’Ue ha già previsto una specifica normativa a riguardo e che l’Efsa ha prescritti precisi requisiti a cui questi “novel food” dovranno sottostare, al pari di qualsiasi altro prodotto destinato all’alimentazione umana. Ce lo ha spiegato Dario Dongo, avvocato esperto in diritto alimentare internazionale nell’intervista dello scorso 14 febbraio: anche in fatto di allevamento degli insetti e di produzione di alimenti che li contengono, l’industria agroalimentare deve rispettare le stesse norme di igiene, tracciabilità della filiera e trasparenza verso i consumatori pretesi per tutti gli altri comparti del settore.
Per quanto la presenza di insetti (e loro derivati) nell’alimentazione umana sia considerata una novità sulle tavole occidentali, in realtà l’entomofagia è una realtà da millenni in molte culture, e ancora, secondo la FAO circa 2,5 miliardi di persone nel mondo mangiano regolarmente insetti. A tal proposito, l’Efsa non ha individuato alcun problema intrinseco di sicurezza sanitaria, fatta eccezione per i soggetti allergici a crostacei, acari della polvere e molluschi, nonché a eventuali allergeni presenti nell’ambiente in cui vengono allevati gli insetti o nei mangimi con cui vengono nutriti (per esempio nel caso in cui contengano glutine). Ma anche in questo caso basteranno le indicazioni riportate in etichetta per scongiurare eventuali pericoli legati all’ingestione accidentale.
Infine, per quanto la parziale sostituzione della farina di insetti possa essere considerata una soluzione più sostenibile dal punto di vista economico ed ecologico, l’adozione di questo ingrediente da parte dei produttori resta una scelta libera, non obbligata dalle logiche del mercato (per esempio l’aumento del costo dei cereali) né dalla crescente attenzione alle tematiche ambientali, che sempre più contribuisce a orientare le abitudini alimentari dei consumatori (spingendoli per esempio a rinunciare ad alcune fonti di proteine animali come la carne).
A testimoniare la trasparenza delle aziende che già si sono impegnate nel nuovo business c’è la start up Fucibo di Vicenza, dal 2021 il primo marchio di insetti made in Italy, che, oltre a riportare la specifica dicitura nella lista degli ingredienti, ha scelto di segnalare in modo evidente la presenza di farina di insetti sul fronte delle confezioni. Un’iniziativa che dimostra non solo la volontà di adeguarsi a qualsiasi prescrizione o eventuale implementazione delle misure a tutela dei consumatori, ma anche l’orgoglio di ciò che caratterizza l’attività aziendale, svolta nel rispetto delle regole, all’interno di una filiera che punta a diventare interamente italiana.
Nell’attesa che questi “novel food” diventino una presenza nei supermercati dell’Occidente (proprio come è accaduto con frutti esotici, alghe e sushi) quello che servirebbe, invece delle polemiche, è un’attività di divulgazione attendibile, che punti a disinnescare inutili pregiudizi e infondate preoccupazioni, con l’obiettivo piuttosto di informare e sensibilizzare i consumatori sui vantaggi di questa nuova classe di ingredienti, nonché di abbattere le barriere culturali che ancora portano molti a guardarli con diffidenza o ribrezzo.
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I “novel foods” citati non hanno niente di inusuale utile a giustificare l’introduzione di insetti nella dieta. La frutta, esotica o meno è frutta. Come è stata esotica in passato la verdura di uso comune, patate, riso, mais, fagioli Cosí come si consumano da secoli alcune alghe in zone di mare, idem per il pesce crudo. Il fatto che siano stati adottati dai cittadini che non ne sapevano molto fino all’altro ieri non li rende “novel foods”.
Ristoranti o case di veneti, pugliesi, sardi, campani o siciliani hanno sempre servito pesce crudo, perchè sapevano quel che facevano e solitamente non accompagnavano il pesce con l’anisakis.
Ora, a parte le occasionali larve delle moschine del formaggio nei tomini o nel casu marzu, di quali insetti o larve ci nutriamo da secoli in Italia/Europa ?
Un tempo nelle campagne i più bisognosi trovavano piccoli integratori a diete anche povere, pesci in fossi e ruscelli, rane, lumache. Piccole creature parte del ciclo naturale, distrutto dai pesticidi che fanno capo alle stesse logiche e gli stessi capitali che ora spingono per carne sintetica e insetti.
A mio modesto parere, la priorità numero uno è la bonifica dell’ambiente ormai ampiamente avvelenato e il ripristino della biodiversità.
La seconda priorità è l’educazione alimentare. Le proteine animali sono state tradizionalmente un’eccezione alla dieta quotidiana, non la norma.
Se poi uno vuole nutrirsi con insetti o carne di sintesi, affari suoi, ma almeno finiamola con la colossale bugia del “salvare il mondo”.
Totalmente d’accordo! Un ennesimo business che porta rischi ecologici gravi e si basa su un inesistente problema di trovare fonti di proteine per una popolazione che ne consuma già troppe. Le proteine vegetali (i legumi) sì sono parte della dieta mediterranea e il loro consumo abituale è associato a una serie di benefici per la salute delle persone e del terreno. Ma no, c’era un impellente bisogno di scomodare gli insetti!!
Business. Start-up, finanziamenti alle ricerche, nuovi studi… Perché accontentarci di quello che abbiamo già sperimentato in migliaia di anni? Non offre tutte queste nuove opportunità di guadagni.
Sono totalmente d’accordo. Questa pressione così intensa per farci accettare a ogni costo qualcosa che da centinaia di anni il mondo occidentale ha rifiutato… Nemmeno in tempi di carestia, nemmeno in pirgionia alla fame, ci si riduceva amangiare insetti… L’arrivo delle cavallette non è visto come la caduta della manna dal cielo, cioè “cibo per tutti in abbondanza!”. Secondo me questa spinta all’entomofagia non favorisce né l’ambiente né la salute, ma apre un nuovo business ancora inesplorato, con speranza di enormi profitti, sovvenzioni per studi e start-up, vortice di fondi pubblici e privati… Ci dicono che oltre due miliardi di persone si cibano di insetti. A parte che molto probabilmente non sono nemmeno per questi popoli il cibo principale, sul pianeta siamo oltre 8 miliardi, quindi la maggioranza non si ciba di insetti. I “cibi tradizionali” non somo mode, ma sperimentazioni millenarie di generazioni che tentavano di trovare cibo. Dopo infiniti malori, intossicazioni, avvelenamenti, si sono esclusi alcuni elementi e se ne sono accettati altri. Ora ricominciamo? Anche le allergie non sono cosa da poco! Trovo scritto che non ci sono problemi sanitari: “fatta eccezione per i soggetti allergici a crostacei, acari della polvere e molluschi, nonché a eventuali allergeni presenti nell’ambiente in cui vengono allevati gli insetti o nei mangimi con cui vengono nutriti (per esempio nel caso in cui contengano glutine)”. E’ uno scherzo, vero? Il numero delle persone allergiche è in aumento, così come quello dei celiaci. Sono diffusissime le allergie alla polvere e agli acari, ma la questione sembra secondaria. Questa “nuova via” mi sembra piuttosto insensata, da qualunque punto la si guardi.
Premesso che non ho nulla in contrario all’uso di prodotti alimentari a base di insetti, vorrei dire che sono, invece, contrario all’uso distorto del termine farina di grilli. La farina appartiene al mondo vegetale, derivato da far «farro, ed è ottenuta dalla macinazione di frutti o semi, prevalentemente cereali. Il suo uso, secondo il mio parere, tende ad ingannare il consumatore portandolo a credere che la farina di cereali possa essere sostituita da quella di insetti. Si tende a persuadere il consumatore che i due prodotti, farina di frumento e farina di grillo, siano interscambiabili. Il termine corretto, come riportato nella normativa, è quello di “polvere” o, al limite, potrebbe essere di “macinato di grilli”, per analogia con i prodotti derivati dal regno animale, a cui i grilli appartengono. Pertanto, il termine “farina di grilli” dovrebbe essere vietato.
“tecnicamente” ineccepibile ma di nessuna praticita
comune. La mente umana (oserei dire anche di tutti gli animali) ha sempre lavorato per comparazione con quello che gia
conosce. Ha l’aspetto della farina di cereale? siverra' usata per farci pani/pizze/biscotti? si
bon finita lila chiamiamo farina di X. Imporre un altro nome serve al più per regolamentazioni merceologiche e per far dormire sonni tranquilli i puntigliosi ma il resto dell'umanità continuerà a chiamarla farina di... cosi' come ancora adesso si dice comunemente latte di soia anche se non si può più chiamare ufficialmente così da anni. E, dopotutto, non ci vedo nulla di grave.
Il termine farina si applica anche ai sottoprodotti animali. I fatti si usa per il carniccio o farina di carne, per farina di pesce e la farina di ossa. Non so se si possa vietarne l’uso quindi per quella di insetti. Bisogna vedere come è stata presentata la domanda come novel food.
Chissà perché l’invasione delle cavallette non è entusiasmante come la manna dal cielo: eppure è cibo per tutti, altamente proteico, a costo zero e va direttamente a domicilio!
Comunque, possiamo pensarla come vogliamo, gli insetti arriveranno sugli scaffali dei nostri supermercati, così è deciso. Si finanziano start-up di allevamento insetti, non si investe nelle bonifiche di terreni. Troppo banale. Sono pochissime le popolazioni al mondo che si nutrono di insetti e difficilmente è il cibo prevalente, piuttosto è occasionale, in mancanza di altro. Ma per noi è l’illuminante cibo del futuro. Rassegniamoci, è così. Speriamo soltanto che sia mantenuta la possibilità di scelta, perché anche questa non è così scontata.
L’impiego di farina di insetti è solo un nuovo ingrediente che rappresenterà uno spazio limitato nel nostro assortimento alimentare
Si fa un gran parlare di queste farine “particolari”, ma in definitiva, se qualcuno le ha provate, quali proprietà organolettiche hanno? A quale cibo si possono paragonare come gusto?
Noi in redazione abbiamo assaggiato i cracker ma non ci sono sembrati avere proprietà organolettiche così rilevanti
Quando mescolate a farine convenzionali sono quasi impercettibili al gusto, sembra di mangiare qualcosa fatto con una farina integrale… Mai provate da sole però.
Ho invece provato insetti semplicemente tostati e conditi in svariati modi, nella media direi che sono per lo più palatabili anche se ammetto che mi sia capitato trovare alcuni dei marchi veramente sgradevoli sia per gusto che per consistenza.
E’ un problema culturale
Non siamo abituati culturalmente a questi alimenti ma consumiamo gamberi, gamberetti, scampi, cicale di mare, ecc. in quanto provenienti dall’acqua.
Prima o poi dovremmo farcene una ragione.
Importante è un etichettatura chiara e precisa sia in termini di tracciabilità che rintracciabilità con esposizione e vendita su scaffali dedicati.
Gli scaffali dedicati! Non ha assolutamente senso. Sono cibi come tutti gli altri. Questa idea può venire solo a politici che conoscono molto poco la materia
scaffali dedicati non sono necessari, se c’è una scritta GRANDE da qualche parte. Io non voglio gli insetti nel cibo, perché sono VEGETARIANA. Quindi non voglio per “sbaglio” mangiare insetti nei biscotti. Non uccido i grilli nel giardino, e non intendo mangiarli. Come non mangio carne e pesce, solo di tanto in tanto prodotti derivati (uova, gelato fatto con latte per esempio). E spesso le scritte degli ingredienti sono talmente piccoli, che nonostante occhiali forti, non riesco a leggerli. Quindi un indicazione più grande in più sarebbe molto utile. Non uno scaffale dedicato, questo no
Quando si usa farina di grilli in un prodotto viene scritto di solito molto grande perché è un ingrediente che costa di più e bisogna motivare il prezzo elevato
Non sono d’accordo. Metterli in scaffali dedicati, come ci sono, del resto, per prodotti per vegani, per celiaci, per integratori alimentari, ecc. significa evitare confusione tra i vari tipi di prodotti. In secondo luogo, favorirebbe la scelta consapevole di chi ha voglia di provare questa roba. Ma veramente pensate che chiamarlo “novel food”, con ingannevole esterofilia terminologica che sa tanto di presa in giro, lo renda più desiderabile e appetibile?
La scelta di creare spazi per cibi vegani , celiaci … è esclusivamente commerciale e viene fatta dal punto vendita per facilitare le scelte al consumatore
Appunto! Conferma che viene fatto per facilitare le scelte al consumatore. Se lo facessero per le farine di insetti o altri prodotti “alternativi” non farebbero altro che mantenere lo stesso orientamento.
Certamente lo fanno per facilitare le scelte al consumatore, ma non è assolutamente un obbligo è una libera scelta commerciale dei punti vendita. Qualcuno invece parlava di obbligo!
Nessuna barriera culturale. Fanno ribrezzo, nausea e quant’altro. In altre culture è diverso da millenni, qui abbiamo il nostro cibo, che magari fa schifo a qualcun altro.
Se si avrà sentore che siano stati immessi come ingredienti o elencati in forma scritta, il consumatore non comprerà più, semplicemente
Come tutti gli alteri alimenti anche per questi gli ingredienti devono essere indicati in modo chiaro sull’etichetta
Mi dispiace constatare che anche il Fatto Alimentare si schieri così acriticamente a favore di questi nuovi “cibi”.
Giustificare l’introduzione nella nostra alimentazione delle farine di insetti perchè “…in realtà l’entomofagia è una realtà da millenni in molte culture…” è risibile. Cosa significa ? In altre culture si mangia la carne di cane, in base al ragionamento della giornalista dovremmo mangiarla anche noi ?
E poi in altre culture l’entomofagia è ancora legata in qualche modo all’ecosistema locale, da noi si tratterebbe dell’ennesimo prodotto industrializzato, senza considerare i possibili effetti nocivi sulla salute. Certo, miliardi di persone si nutrono di insetti in altre parti del mondo da millenni, ma noi europei no ! Il ns. organismo non è abituato ad assumere queste sostanze. Siamo sicuri che da qui a qualche anno non si producano patologie particolari ?
Il fatto che i grandi media spingano così fortemente su questo argomento, e che si legga ovunque di start up, investimenti, finanziamenti, nuove filiere, mi rende sempre più chiaro che si tratta solo di un nuovo mercato dove gettarsi a capofitto per la solita vecchia finalità, il profitto !
Condivido in pieno il commento del sign.Andrea e lo trovo anche molto
perspicace e intelligente,quando non giustifica (solo x il fatto che alcune culture mangino insetti ) che anche l Occidente debba adeguarsi nell’ assaporare il disgusto solo perché altre culture li mangiano da sempre … Come giustamente sottolinea, in alcune realtà rurali della Cina mangiano ancora i cani, ma in Occidente non ci azzarderemo mai a mangiare esseri viventi che consideriamo membri della famiglia e che amiamo come figli…Tutto ciò viene ripudiato nella nostra cultura ..
E quando il sign.Andrea sottolinea che il nostro organismo non è abituato a mangiare insetti sottolinea irrimediabilmente la verita .. L’ organismo umano infatti si abitua a mangiare *certi alimenti* sin da quando si e bambini ( forse
ritengo addirittura mentre si è nel ventre della propria madre ) …!!
Mi unisco ad Andrea nel manifestare il mio disappunto e la mia delusione nel constatare che questa rivista che seguo da anni per sostegno al mio lavoro in ambito di produzione alimentare abbia assunto una posizione dichiaratamente a favore di questa nuova “alimentazione”
Gentilissima, gli insetti sono un argomento di attualità e negli ultimi anni, proprio in vista dell’autorizzazione al commercio in Europa, si sono moltiplicati gli studi che hanno approfondito e indagato sulla loro sicurezza e su altri aspetti nutrizionali. La redazione de Il Fatto Alimentare cerca di aiutare a promuovere una dieta sana e varia, pubblicando spesso interventi di preparati e aggiornati nutrizionisti. per questo abbiamo sempre ribadito l’importanza di consumare proteine di origine vegetale e di limitare il consumo di carne.
Se i consumatori italiani o europei non vorranno consumare insetti, nessuno li obbligherà. E se non c’è domanda anche l’offerta sparirà.
Alcuni personaggi pubblici stanno facendo passare l’idea che nei comuni alimenti che mangiamo ogni giorno verrà inserita la farina di insetti, ma non è così, visti anche i costi molto più alti di questi nuovi prodotti.
Nei nostri articoli ospitiamo i commenti dei nostri lettori che sono per la maggior parte contrari al consumo di insetti. Non ci possiamo però inventare studi scientifici inesistenti. Abbiamo sempre riportato le criticità che questi novel food possono portare, come ad esempio l’aspetto allergenico. Qui può trovare un altro approfondimento. https://ilfattoalimentare.it/mangiare-insetti-tra-scetticismo-e-polemiche.html
Questi prodotti derivati da insetti ci possono dare, a basso costo, un notevole contributo dal punto di vista proteico (e non solo). Rimane comunque un fatto culturale che per molti è insuperabile. La questione potrebbe essere risolta in stretto giro generazionale.
A basso costo ?
Ai prezzi attuali minimi, con un grammo di proteine di grillo compri almeno il doppio di proteine di gamberi freschi.
E circa 40 volte la quantità di proteine di pollo.
Ciò è dovuto solo alla limitata produzione adatta al consumo umano, essendo ancora un prodotto di nicchia costa di più, ma il costo di produzione in sé è molto più basso… I prezzi sono destinati a scendere una volta aumentato il consumo e avviata la produzione su larga scala.
Mi domando cosa ci trovate di criticabile nell’azione di chi vuole difendere la nostra maniera di nutrirci senza inquinamenti di altre rispettabili, ma non nostre, consuetudini. A me i grilli e tutto il resto che avete menzionato non li gradisco e ben venga qualunque iniziativa volta a scansare dubbi sulla composizione di ciò che mangio. E poi: l’etichetta sul vino che nuoce alla salute si e quella che avverte sulla presenza di cavallette no?
La farina di grillo è un ingrediente al pari di altri e viene dichiarata sempre in etichetta. Giustamente non è gradita a molti come pure non tutti gradiscono come ingredienti i grassi tropicali come l’olio di palma o il burro di karitè utilizzati da grandi aziende alimentari. C’è chi non ama la frutta tropicale, l’avocado, il pesce crudo giapponese, il kebab e via dicendo. Sono però tutti cibi presenti da anni sul mercato e ognuno può fare come crede.
A volte purtroppo questa rivista prende posizioni che tradiscono una “ideologizzazione”
purtroppo ultimamente direi molto spesso, dando per scientifico quello che la scienza sarà pronta a rimangiarsi tra qualche anno e di retrogrado e dannoso a quanto assimilato da una cultura agroalimentare , la nostra, famosa e apprezzata nel mondo e risorsa economica/culturale del paese.
Preferisco essere vegana … so che la chitina non è proprio un toccasana per l’intestino, e allora è giusto che ognuno scelga a suo piacimento cosa preferisce introdurre nella sua bocca. A me non interessa, non ho fatto polemica, e penso che ognuno debba alimentarsi come vuole e come puó. Non capisco quale sia il motivo per cui si debba pubblicizzare questo prodotto che oltretutto costa molto di più della farina che siamo abituati ad usare.
Onestamente non capisco tutto questo astio che leggo nei commenti, anche se ormai si è persa molta della cucina tradizionale Italiana, ci tengo a far notare che gli insetti gli mangiavamo anche noi e che anche qualora non avessero mai fatto parte della nostra dieta non vedrei alcun problema ad introdurli, come d’altronde abbiamo fatto con tanti altri tipi di alimenti…
Avendo mangiato parecchi insetti aggiungo inoltre che se opportunamente preparati sono perfettamente palatabili, la loro produzione richiede una frazione del cibo (che peraltro può provenire da scarti alimentari), dell’acqua e soprattutto dello spazio richiesto per produrre un equivalente quantità di proteine provenienti da altre fonti, questa serie di caratteristiche gli rende anche adatti per produzioni domestiche in ambienti urbani, anche in un appartamento è possibile mettere una “arnia” per grilli o una vermi della farina e avere una rispettabile produzione di insetti, l’abbattimento inoltre è umano e semplice mediante rapido congelamento.
Concludo dicendo che per quanto il disgusto che taluni possono provare all’idea del mangiare insetti mi sembri del tutto ingiustificato, comunque è importante che ci sia trasparenza nelle etichette.
Ma davvero si pensa che anche noi non ci nutriamo di insetti da secoli? In tutte le farine, tutte, ci sono frammenti di insetti che vengono macinati dai molini continuamente e che finiscono nei nostri piatti. Ci sono certamente dei limiti (le aziende molitorie di solito garantiscono la presenza di massimo 20 o 25 frammenti di insetto per 50 g di farina), ma è impossibile nutrirsi di farine senza materiale proveniente dagli insetti. Con buona pace di vegani, antispecisti o semplicemente schizzinosi. Tutto questo straparlare senza cognizione di causa o competenza è davvero inutile oltre che dannoso nell’ottica della sostenibilità futura delle popolazioni e del diritto alla reperibilità di tutti i nutrienti necessari al corretto sviluppo e mantenimento di ogni essere umano.
Ho visto le etichette di Fucibo, ma c’è un problema.
Non c’è nessuna indicazione che la farina di grillo impiegata provenga da una delle società autorizzate dalla Commissione UE e a cui ha dato l’esclusiva di vendita del prodotto referenziato per 5 anni.
MI si dirà che basta l’obbligo di tracciabilità del produttore riguardo i suoi fornitori ma questo ovviamente non basta a me come consumatore, essendo l’ingrediente inusuale e non di commercio abituale (appunto perché limitato solo a chi è stato autorizzato a venderlo). Perché Fucibo, che ha l’obbligo di rendere conto della propria supply chain solo alle autorità competenti per la vigilanza alimentare che glielo chiedessero, non lo rende esplicito anche sulle confezioni? Sarebbe un bell’attestato di trasparenza e di garanzia per noi consumatori.
Le regole sui food in Europa sono uguali per tutti i cibi e non si capisce perché in questo caso dovrebbero esserci un’eccezione
Il problema della fame nel mondo è che non c’è CONDIVISIONE a chi non ha nulla e niente.Basterebbe qualche riccone in meno e il problema è risolto.Tutti hanno il sacrosanto diritto di vivere, e allora si pensa a questi sostituti di infusi di grilli.