Piatto di stufato di carne di manzo con funghi e paprika su un tagliere accanto a posate

Il consumo di carne nei Paesi più ricchi è troppo elevato, spesso circa il doppio di quanto sarebbe necessario e sufficiente (tra i 15 e i 25 chilogrammi a testa). Oltre alle conseguenze sulla salute, ciò implica pesanti effetti ambientali, perché alimenta la richiesta di animali allevati, con tutto quello che ne consegue. Ma come fare per modificare le abitudini e convincere le persone a tornare a quantitativi più adeguati? 

A questa domanda risponde uno studio appena pubblicato su Environment and Behaviour, condotto in uno dei Paesi europei dove il consumo di carne, ancorché in diminuzione, è maggiore: la Germania, i cui abitanti arrivavano, nel 2023, a più di 51 kg a testa. E il risultato dimostra, tra l’altro, che in molti casi si tratta semplicemente di routine, non di convinzioni radicate.

Lo studio dell’Università di Bonn

Per studiare le abitudini di persone reali, i ricercatori hanno reclutato lo staff della caffetteria di una clinica per la riabilitazione fisioterapica che serve ogni giorno circa 200 pasti, e hanno analizzato le risposte dei clienti nel periodo compreso tra l’ottobre 2022 e il maggio 2023, mesi durante i quali hanno proposto tre tipi di situazione:

  • Nella prima fase di osservazione, durata sei settimane, non ci sono state variazioni, e lo staff modificava le porzioni solo su richiesta dei clienti.
  • Nella seconda fase, chi serviva chiedeva esplicitamente ai clienti quanta carne volessero, ma un cartello ben in vista faceva notare che una porzione più piccola avrebbe avuto conseguenze positive sull’ambiente e contribuito a sfamare le persone che non hanno accesso al cibo.
  • Nella terza fase, le porzioni erano state ridotte di un terzo, ma ai clienti era anche ricordato, sempre tramite cartellonistica, che avrebbero potuto avere più carne, se lo avessero voluto. Quest’ultimo tipo di strategia, chiamata “default nudging”, non è diversa da quella all’origine dell’apposizione delle scritte sui pacchetti di sigarette. È basata sul principio dello stimolo verso qualche modifica comportamentale finalizzata a benefici per la salute. Nel caso della carne, l’idea è che dover chiedere una porzione più grande costituisca di per sé un disincentivo.
Piatti di carne Lemken et al Environment and Behaviour
I piatti di carne serviti nel corso dello studio

Nel periodo di osservazione, lo staff della caffetteria ha ridotto le porzioni non solo dei piatti come le bistecche, ma anche a pietanze con carne come gli spaghetti alla ‘bolognese’, l’agnello al curry o il pollo in fricassea, per un totale di poco meno di 6mila porzioni modificate di 11 piatti diversi.

Alla fine, 125 tra i clienti più assidui hanno compilato uno specifico questionario, e le risposte hanno fatto emergere tutte le potenzialità di un approccio attivo alla diminuzione del consumo di carne.

Favorire la riduzione delle porzioni di carne

Nella prima fase, solo il 10% dei clienti ha chiesto meno carne. Quando però, nella seconda fase, lo staff ha chiesto loro quanta ne volessero, il 39% ha risposto scegliendo una porzione ridotta rispetto a quelle medie. Ancora meglio è andata nella terza fase, quando sono state proposte porzioni più piccole: tale valore è salito al 90% (solo il 10% ha chiesto un supplemento, essendo consapevole della riduzione). Tutto ciò dimostra che le persone, debitamente sollecitate, non avrebbero difficoltà a ridurre il quantitativo di carne, e che gli eccessi sono più che altro abitudini scorrette, incentivate dall’offerta.

Le donne e gli uomini, inoltre, hanno rivelato comportamenti diversi: le prime hanno chiesto una diminuzione delle porzioni quattro volte più spesso rispetto ai secondi, e si sono dette soddisfatte delle porzioni più piccole servite nella terza fase più degli uomini, e anche questo è un dato che deve far riflettere. Una maggiore flessibilità nell’offerta si adatterebbe meglio a necessità differenti, contribuendo anche a limitare lo spreco.

Infine, un consiglio per i gestori. Si può provare a ridimensionare la carne, verificando le reazioni dei clienti. In alternativa, e se queste ultime non sono positive, si possono coinvolgere attivamente i clienti, chiedendo loro quanta carne desiderano, in modo da offrire piatti più personalizzati e – auspicabilmente – con un po’ di carne in meno. 

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Lemken et al. Environment and Behaviour

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luigiR
luigiR
3 Ottobre 2024 14:19

studio molto interessante! da diffondere.

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