È stato approvato dal Parlamento europeo con numeri schiaccianti (571 voti favorevoli, 53 contrari e 34 astensioni) il provvedimento per mettere al bando, a partire dal 2021, alcuni prodotti in plastica come posate, bastoncini cotonati, cannucce e bastoncini per palloncini, che costituiscono il 49% dei rifiuti marini.
La decisione del Parlamento ratifica una proposta approvata dalla Commissione europea lo scorso maggio per far sì che i prodotti usa e getta siano fabbricati esclusivamente con materiali sostenibili. Inoltre, entro il 2025, gli Stati membri dovranno raccogliere e riciclare il 90% delle bottiglie di plastica monouso per bevande. La ragione risiede nel fatto che attualmente, secondo il rapporto del Parlamento europeo, le bottiglie e i loro coperchi rappresentano circa il 20% di tutta la plastica presente in mare. Secondo la direttiva, inoltre, i contenitori per bevande in plastica saranno ammessi solo se tappi e coperchi non saranno rimovibili. Per i contenitori per alimenti e le tazze per bevande in plastica, gli Stati membri dovranno anche fissare obiettivi nazionali di riduzione.
I deputati sono andati oltre le proposte contenute nel testo della Commissione ambiente europea del 10 ottobre scorso: hanno aggiunto all’elenco delle materie plastiche vietate anche i sacchetti in plastica leggera, gli articoli di plastica oxodegradabili, come sacchetti o imballaggi, e i contenitori impiegati nei fast-food in polistirolo espanso. A breve inizieranno i negoziati con il Consiglio per approdare alla norma definitiva.
Per i prodotti in plastica per i quali non esistono alternative, gli Stati membri dovranno ridurne il consumo del 25% entro il 2025. Tra questi articoli figurano le scatole monouso per hamburger e panini e i contenitori alimentari per frutta e verdura, dessert o gelati. Gli Stati membri dovrebbero elaborare piani nazionali per incoraggiare l’uso di prodotti adatti a uso multiplo, nonché il riutilizzo e il riciclo.
In merito agli attrezzi da pesca, che rappresentano il 27% dei rifiuti che si trovano sulle spiagge europee, gli Stati membri dovrebbero garantire che almeno il 50% di questi, smarriti o abbandonati venga raccolto ogni anno, con un obiettivo di riciclaggio di almeno il 15% entro il 2025.
Il provvedimento è stato accolto con favore dalle associazioni ambientaliste.“Il voto del Parlamento europeo per la messa al bando della plastica monouso – spiega il WWF in una nota – è un primo e importantissimo passo. Il WWF chiede al Consiglio dei ministri dell’Ambiente europei e alla Commissione di concludere i passaggi necessari per l’approvazione definitiva entro l’anno”.
“Un passo importante nella lotta all’inquinamento da plastica non gestita correttamente che finisce nei nostri mari, fiumi e laghi – commenta Legambiente – al quale però deve seguire al più presto anche la volontà di inserire misure stringenti sui bicchieri di plastica usa e getta”.
Per Marevivo, la direttiva europea rappresenta un passo in avanti per la lotta al marine litter. “Ci ha sorpreso – ha scritto in una nota la presidente di Marevivo, Rosalba Giugni – che alcuni eurodeputati abbiano contestato l’eccessiva fretta e le mancate valutazioni sull’impatto economico della proposta di direttiva, soprattutto per gli effetti che avrà sulle imprese italiane di settore. L’Italia dovrebbe puntare ad essere leader nella ricerca di materiali innovativi e biodegradabili al 100% e non della plastica monouso, un prodotto che inquina i nostri mari”.
Il riferimento di Rosalba Giugni riguarda un gruppo di europarlamentari italiani di schieramento tripartisan (Forza Italia, Lega e PD) che, nel corso di un incontro tenutosi a Bruxelles, aveva fortemente criticato la proposta di direttiva pubblicata. Tra le ragioni della contestazione, il fatto che l’inquinamento da plastica derivasse principalmente da 10 fiumi che scorrono in Asia, Africa e Sud America piuttosto che dall’Europa, la fretta con cui si è scelto di bandire alcuni tipi di plastiche monouso (la direttiva mira a vietare in soli due anni alcuni prodotti monouso in plastica e ridurne fortemente l’uso di altri in quattro anni), e il fatto che l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) non si sia ancora esposta chiaramente in merito.
Nicola Caputo, parlamentare europeo di S&D, sosteneva che “la direttiva affronta una battaglia giusta – la riduzione della plastica nell’ambiente –, ma utilizza strumenti inadeguati e superficiali e con una fretta motivata solo dall’approssimarsi della scadenza elettorale della prossima primavera.”
Critiche mosse anche alla luce del parere (espresso proprio in prossimità delle votazioni) di David McDowell, professore dell’Università di Ulster, secondo cui i consumatori non pulirebbero i contenitori riutilizzabili in modo adeguato, lasciando proliferare batteri e virus: morale, il prospettato divieto di prodotti monouso in plastica non terrebbe debitamente conto dei rischi per la salute dei consumatori. Secondo McDowell, l’utilizzo di tazze, bottiglie e altri contenitori riutilizzabili – che il consumatore non è in grado di igienizzare in modo adeguato –, nonché il trasporto di alimenti in sacchetti riutilizzabili, comporterà un aumento della diffusione di batteri come Escherichia coli, Campylobacter e Listeria, e Norovirus e altri virus di origine alimentare che causano gastroenteriti acute.
Sebbene McDowell si sia riferito solo a contenitori e sacchetti riutilizzabili, che prevedono comunque diversi sistemi di utilizzo ripetuto nel tempo e sistemi di igienizzazione completamente differenti, Pro.mo (Gruppo produttori stoviglie monouso in plastica) non si è lasciata sfuggire la ghiotta occasione per cavalcare l’onda e inserire nel discorso anche un altro tipo di prodotto: le stoviglie monouso. “Le preoccupazioni espresse dal professor McDowell sull’uso dei contenitori riutilizzabili non sembrano sfiorare i detrattori della plastica, che vedono nella sua eliminazione la soluzione di tutti i mali del mondo – ha commentato il Presidente di Pro.mo, Marco Omboni – Da tempo sosteniamo che non esistono prodotti buoni e cattivi, ma prodotti adatti alle diverse situazioni. Non è pensabile utilizzare stoviglie monouso nei ristoranti, ma è impensabile usare stoviglie riutilizzabili in occasione di grandi eventi”.
Ma un ulteriore e recentissimo studio condotto dall’Agenzia dell’ambiente austriaca ha sicuramente innalzato il livello di preoccupazione tra i consumatori sul tema plastiche disperse nell’ambiente: la scoperta di residui di polimeri nelle feci umane ha allarmato gli scienziati che hanno inoltre evidenziato possibili collegamenti con diverse malattie gastrointestinali.
Come è ormai noto, minuscole particelle di plastica sono state riscontrate in animali come uccelli, pesci e balene (sono state trovate in oltre 114 specie acquatiche), nell’acqua potabile e in alimenti e bevande come la birra, il sale da cucina e nei frutti di mare. Era inevitabile pensare che attraverso la catena alimentare raggiungessero anche l’uomo ma oggi esiste la prova. I ricercatori austriaci, sebbene la conclusione debba essere verificata con studi su larga scala, si spingono ad affermare che: “Le microplastiche potrebbero essere presenti nel 50% della popolazione mondiale”.
Lo studio effettuato su un piccolo gruppo (otto partecipanti provenienti da Europa, Giappone e Russia) ha dimostrato come, nelle feci di tutti coloro che sono stati esaminati, fossero presenti particelle di microplastiche: ben nove tipi diversi di polimeri su dieci varietà testate, con dimensioni variabili da 50 a 500 micrometri (per confronto, un capello umano ha uno spessore di circa 100 micrometri). Le più comuni? Polipropilene, un componente comune di involucri di plastica per alimenti (ma anche per abiti sintetici), e polietilene tereftalato, polimero con cui sono realizzate le bottiglie in plastica. Si suppone che possano essere entrate nel corpo umano attraverso la catena alimentare o anche, in qualche modo, per prodotti legati alla cosmesi dove l’uso di microsfere di plastica, anche se presto saranno al bando in Europa, è molto comune.
“Questo è il primo studio nel suo genere e conferma ciò che sospettavamo da tempo, ovvero che la plastica alla fine raggiunge l’intestino umano” ha spiegato Philipp Schwabl, ricercatore presso l’Università di Medicina di Vienna che ha diretto lo studio. “Le particelle microplastiche più piccole sono in grado di entrare nel flusso sanguigno, nel sistema linfatico e possono persino raggiungere il fegato” ha detto Schwabl. “Ora che abbiamo le prime prove che le microplastiche sono presenti anche negli esseri umani, abbiamo bisogno di ulteriori ricerche per capire cosa questo significhi per la salute”
Da stabilire anche se le particelle influenzino la risposta immunitaria del sistema digestivo o veicolino la trasmissione di sostanze tossiche nel nostro corpo. È stato comprovato, ad esempio nelle microplastiche trovate in mare, che metalli pesanti e sostanze tossiche come i PCB (policlorobifenili) spesso si attaccano sulla superficie di queste particelle. In questo modo avrebbero una strada privilegiata (e nascosta) per finire nel nostro organismo. Preoccupante? Presto per dirlo, ma non possiamo certo stare sereni sapendo che la plastica, dopo l’ambiente, sta invadendo anche noi.
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cortesemente mi indicate la fonte dove è indicato che : posate, bastoncini cotonati, cannucce e bastoncini per palloncini, che costituiscono il 70% dei rifiuti marini?
Eccolo http://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/society/20181005STO15110/plastica-negli-oceani-i-fatti-le-conseguenze-e-le-nuove-norme-infografica
Ma i bastoncini di plastica dei lecca lecca?