Bicchieri di plastica monouso su sfondo azzurro

Lo scorso 14 gennaio, con oltre sei mesi di ritardo rispetto alla data fissata dell’Europa (3 luglio), è entrata in vigore anche in Italia la direttiva europea sulla plastica monouso (SUP), grazie al decreto (196/21). Come abbiamo evidenziato, il nostro Paese ha recepito la misura discostandosi dal testo europeo, introducendo alcune esenzioni e deroghe ingiustificate sotto il profilo ambientale, che tuttavia non sono sfuggite all’Europa. Con un parere circostanziato inviato lo scorso dicembre, la Commissione europea ha, di fatto, bocciato la legge italiana: le difformità segnalate dal commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton riguardano i rivestimenti in plastica e le esenzioni per i prodotti in plastica biodegradabile e compostabile.

La prima segnalazione di Bruxelles riguarda il concetto stesso di ‘prodotto in plastica monouso’, che per le istituzioni europee è quello non riutilizzabile, composto ‘in tutto o in parte’ da polimeri: non viene fissata in pratica alcuna soglia sulla quantità di plastica presente nel prodotto. La strada intrapresa dall’Italia invece esonera dall’ambito di applicazione i prodotti che hanno rivestimenti in materiale plastico in quantità inferiore al 10% del peso complessivo dell’articolo. Una misura che la Commissione ritiene possa incidere e modificare arbitrariamente il mercato interno.

Frappuccino in takeaway cup on wooden table isolated on cafe background
La Commissione europea ha contestato la legge con cui l’Italia ha recepito la direttiva sulla plastica monouso

La seconda obiezione riguarda l’esclusione dal divieto degli articoli fabbricati in plastica biodegradabile e compostabile inseriti nell’allegato B della direttiva sulla plastica monouso. Vale a dire piatti e posate, cannucce, agitatori per bevande, aste per palloncini, bastoncini cotonati e alcune tipologie di contenitori in polistirene espanso. Nella lettera, la Commissione sottolinea che la legge comunitaria non prevede tali tipi di esenzioni e che nella definizione di ‘plastica’ adottata negli anni scorsi coinvolgendo come d’abitudine gli Stati membri, rientrano anche quelle derivanti da materiali naturali modificati chimicamente (le più comuni plastiche biodegradabili).

L’Europa contesta anche il credito d’imposta, ovvero gli incentivi previsti dal decreto italiano per tutte quelle aziende che decidono di acquistare materiali e prodotti riutilizzabili o fabbricati in plastica biodegradabile. Anche qui, la bocciatura non riguarda le alternative riutilizzabili bensì le plastiche biodegradabili in quanto emerge il serio rischio di incentivare la sostituzione ‘uno a uno’ mantenendo inalterata la logica dell’usa e getta e andare in netto contrasto con la gerarchia europea di gestione dei rifiuti che vede nel riuso la via prioritaria da intraprendere.

Il parere circostanziato inviato dalla Commissione dava al nostro Paese la possibilità di rinviare di sei mesi l’entrata in vigore del provvedimento (marzo 2022). Ipotesi scartata dal nostro governo, dal momento che il recepimento è entrato in vigore il 14 gennaio scorso dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, senza aver atteso le eventuali osservazioni della Commissione europea.

Obiezioni anche per il credito d’imposta per le aziende che decidono di acquistare prodotti in plastica biodegradabile

A questo punto il Governo italiano può intraprendere due strade: rivedere la legge già in vigore, rimangiandosi le promesse fatte alle aziende dei settori carta e bioplastiche, oppure attendere i risultati della procedura d’infrazione che Bruxelles potrebbe avviare nei confronti di un Paese che ha scelto, comunque, di non adeguarsi alle ripetute indicazioni provenienti dalle autorità europee. Procedura che potrebbe richiedere anche alcuni anni prima di produrre effetti rilevanti.

In questa intricata situazione, si aggiunge la criticità di oggetti del tutto simili ai monouso appena banditi, ma etichettati come riutilizzabili per un numero limitato di volte, che cominciano ad apparire sugli scaffali dei supermercati; aspetto segnalato tra gli altri anche da Legambiente: un metodo studiato, secondo l’associazione, per aggirare il bando e che porta ad un incremento dell’utilizzo di plastica piuttosto che ad una sua diminuzione.

“L’Italia può essere leader della transizione ecologica” sosteneva quasi un anno fa, guardando al futuro, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Ma le possibili conseguenze ambientali figlie di scelte miopi e poco lungimiranti rischiano di tenere ancorato il nostro sistema industriale a logiche che appartengono solo al passato.

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