Ogni materiale impiegato a contatto con gli alimenti deve garantire la sicurezza alimentare e fungere da barriera nei confronti di agenti esterni. Pochi giorni fa l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IzsVe) ha pubblicato un interessante volume sui Moca (Materiali e oggetti a contatto con gli alimenti), spiegando quali sono i materiali possono essere impiegati, gli obblighi dei produttori e delle aziende che li utilizzano, e quali sono i rischi per il consumatore. Ma non tutti gli oggetti che troviamo sul mercato sembrano rispettare le normative o fornire in maniera completa le informazioni al consumatore finale.
Mi permetto di segnalarvi questo prodotto che mi ha destato notevoli perplessità… Ho acquistato online un nebulizzatore di plastica per olio alimentare. La confezione specificava “SAFETY PET MATERIAL”, ma ricevuto il prodotto ho osservato che non vi era alcuna marcatura sul flacone relativa al materiale e in una nota sulla confezione si parla di parete esterna(!) in PET per alimenti. La confezione non riporta alcun dato sul produttore. Solo un’etichetta adesiva applicata sopra, con un marchio CE, un codice a barre, un codice alfanumerico e due parole in caratteri latini ma riconducibili a una lingua orientale, verosimilmente cinese… Ho già disposto il reso dell’articolo, che non reputo sicuro per la salute mia e della mia famiglia, ma mi domando, innanzitutto, se un prodotto come questo possa essere liberamente messo in commercio nel nostro paese (materiale non indicato, produttore mancante…) e poi se non possa recare danno (magari è innocuo, ma magari no) alla salute del consumatore medio che, rassicurato dalla “marcatura” CE e dall’indicazione “safety PET material” lo utilizzi serenamente proprio per contenere olio, cioè una delle sostanze alimentari che più sembrano facilitare la migrazione dalle materie plastiche… Roberta
Di seguito la risposta di Luca Foltran, esperto di packaging e sicurezza dei materiali.
Purtroppo attraverso le foto non è possibile comprendere tutte le informazioni presenti sulla confezione.
Supponendo che le uniche siano quelle visibili nella fotografia, risulta evidente la mancanza di alcune informazioni essenziali, secondo quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.
In particolare detto Regolamento prevede, all’articolo 15 del testo di legge, che i materiali e gli oggetti non ancora entrati in contatto con il prodotto alimentare al momento dell’immissione sul mercato, siano corredati di quanto segue:
A) la dicitura «per contatto con i prodotti alimentari» o un’indicazione specifica circa il loro impiego (ad esempio come macchina da caffè, bottiglia per vino, cucchiaio per minestra), o il simbolo di alimentarietà
B) istruzioni da osservare per garantire un impiego sicuro e adeguato (istruzioni di lavaggio/uso del prodotto);
C) il nome o la ragione sociale e, in entrambi i casi, l’indirizzo completo o la sede sociale del fabbricante, del trasformatore o del venditore responsabile dell’immissione sul mercato, stabilito all’interno della Comunità;
D) un’adeguata etichettatura o identificazione, che assicuri la rintracciabilità del materiale od oggetto.
Seguendo le schema di cui sopra, per il prodotto si rileva effettivamente un’indicazione specifica circa l’utilizzo a contatto diretto con alimenti (“Edible oil bottle”).
Non si notano però istruzioni per garantirne un impiego sicuro e adeguato da parte del consumatore: tuttavia, trattandosi di informazioni del tutto volontarie, il produttore potrebbe avere ritenuto non necessario inserirle. A tal proposito si evidenzia che la legge suggerirebbe comunque l’apposizione di indicazioni al fine di agevolare l’impiego corretto dei materiali e degli oggetti da parte degli utilizzatori.
La confezione del prodotto sembrerebbe invece essere del tutto carente in merito a “nome e indirizzo completo del responsabile dell’immissione sul mercato comunitario”, punto indispensabile per l’attribuzione di responsabilità.
Da ultimo la rintracciabilità, che potrebbe essere garantita mediante il Barcode presente sulla confezione: chiaro è che la modalità di apposizione del codice a barre (etichetta applicata sulla confezione) è certamente migliorabile per evitare perplessità da parte del consumatore. L’importanza di questo codice è presto compresa se si considera che serve non solo a facilitare i controlli, ma anche per il ritiro di eventuali lotti di prodotti difettosi e per attribuire correttamente le responsabilità.
Altro punto che genera perplessità è legato alla lingua in cui sono riportate le informazioni: sebbene l’inglese sia ormai compreso da buona parte della popolazione italiana, il Regolamento 1935/2004 specifica che le informazioni debbano essere espresse “in una lingua facilmente comprensibile per gli acquirenti”.
Il Regolamento specifica inoltre che “l’etichettatura, la pubblicità e la presentazione di un materiale o di un oggetto non deve fuorviare i consumatori.”
Nel caso specifico, parlare di “SAFETY PET MATERIAL” quando la sicurezza del materiale utilizzato rappresenta già un requisito base per la commercializzazione di un qualsiasi prodotto destinato al contatto con alimenti, appare ridondante, ma si tratta probabilmente di una scelta di marketing mirata.
Sull’effettiva sicurezza alimentare del prodotto non è possibile pronunciarsi in quanto non disponiamo degli elementi adeguati per determinarla.
Vero è che l’olio è un alimento particolarmente estrattivo nei confronti di talune sostanze presenti nei polimeri: il consiglio è, per quanto possibile, di acquistare prodotti sulle cui confezioni appaiano eventualmente simboli di enti di certificazione riconosciuti.
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[sostieni]
Vivo in Argentina e vi seguo perché qui non c’è la stessa attenzione per la sicurezza alimentare che c’e’ in Italia. Grazie per il vostro lavoro.
Un vostro articolo di giugno 2019 esprimeva già dubbi ragionati sull’utilizzo della plastica nella commercializzazione dell’olio, qualsiasi tipo di olio che deve stare nel contenitore per settimane e a volte mesi in condizioni variabili.
Forse, visto che lo avete recentemente citato, il tripolimero tritan potrebbe essere meritevole di esami accurati vista la sua minore propensione a cedere sostanze al prodotto con cui entra in contatto, rischio relativamente minore rispetto ad altre plastiche, anche se non rischio zero.
E la pericolosità delle sostanze cedute da questi polimeri bpa-free dai nomi impronunciabili non è nota, qualche piccolo indizio c’è ma con la solita formula ” maggiori studi richiesti” che non arrivano se non dopo decenni di uso e magari dopo che le autorità vengono spinte a rivalutare i pericoli e abbassare i limiti ritenuti sicuri ( ma quando mai ?? )………………ma questo è un film già visto ed evidentemente poco interessante.