Come sono le pizze confezionate da una macchina? È pensabile che facciano concorrenza ai pizzaioli? Ha debuttato nei giorni scorsi a Roma Let’s Pizza, una macchina in grado di confezionare e sfornare in pochi minuti una pizza fresca, partendo dagli ingredienti di base. Si sceglie tra le opzioni disponibili – margherita, quattro formaggi, salame piccante o bacon – e il distributore impasta, aggiunge il pomodoro e gli altri ingredienti e cuoce la pizza. Un oblò permette di seguire in diretta i passaggi fondamentali della preparazione, trasformando Let’s pizza in un’attrazione per bambini e curiosi . “Ma è soprattutto un modo per garantire un cibo caldo, preparato al momento con ingredienti freschi, a tutte le ore del giorno e della notte”, spiega Claudio Torghele, l’imprenditore trentino che ha fondato CiboLab, la startup tecnologica che sta dietro Let’s pizza.
Il distributore automatico è stato presentato lo scorso anno al Sigep, il Salone Internazionale di Gelateria, Pasticceria e Panificazione Artigianale: “anche se in realtà il primo prototipo era stato realizzato una decina di anni fa, poi ho ceduto il progetto, e ho creato CiboLab all’interno di un parco tecnologico a Bolzano per sviluppare tecnologie nel food automation”, spiega Torghele, che ha ricomprato i diritti della sua creazione migliorandone le prestazioni, e la sta promuovendo in Italia e all’estero.
Il primo distributore installato nella capitale, gestito da Mr Go, si trova nella zona universitaria nei pressi di piazza Bologna. Ma Lets pizza è diffuso anche in altri paesi, in Europa e in Medio Oriente (CiboLabs è finanziata da una società di Dubai): “molti distributori sono installati in parchi divertimenti, ma anche fabbriche, uffici, in luoghi dove la gente può fermarsi per uno spuntino”, spiega Torghele. La macchina può servire la pizza completa di posate, mentre è allo studio la possibilità di proporla già tagliata, ma anche di arricchire la varietà includendo nuovi ingredienti come verdure ma anche affettati halal per il mercato arabo. Mentre in futuro le tecnologie di base potrebbero essere usate per proporre altri tipi di preparazioni.
Dietro al funzionamento e alla gestione della macchina ci sono tecnologie sofisticate: “ogni impianto è legato a una piattaforma cloud che permette di controllarne da remoto il funzionamento e intervenire in tempo reale in caso di guasto, supportando l’operatore che è costantemente informato sulle vendite e la disponibilità di materia prima”, spiega Torghele. All’estero gli impianti sono venduti a distributori che poi li smistano, mentre in Italia i gestori possono acquistarli o noleggiarli: in ogni caso il rifornimento di materie prime è garantito da rivenditori selezionati che le confezionano appositamente per questi macchinari
Let’s pizza non è la prima “macchina da pizza” esistente al mondo, gli altri impianti disponibili, però si limitano a cuocere un prodotto surgelato, mentre in questo caso la pizza è confezionata in diretta. I pezzi sono modesti – in Italia oscillano tra i 4,50 e i 6 euro secondo gli ingredienti – sicuramente concorrenziali rispetto a pizzerie o delivery. Ma una macchina può garantire una qualità paragonabile a quella di un prodotto di pizzeria? “Ovviamente non è la classica napoletana,” spiega Torghele, “l’impasto lievita in cottura grazie a un lievito istantaneo che agisce col calore, un buon compromesso dal punto di vista qualitativo e di gusto”. Il risultato è una pizza sottile che ricorda la piadina, ma anche le pizze arabe o turche apprezzate dal mercato internazionale. E, almeno per ora, ha successo: “La macchina appena installata a Roma sta andando bene, anche se in questo periodo la zona universitaria in cui si trova non è così affollata“, conclude Torghele, “i clienti sembrano apprezzare la novità, e il commento che sento più spesso è, “meglio di quanto mi aspettassi’”
© Riproduzione riservata. Foto: Lets pizza
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giornalista scientifica
Ci vuole tanta fame
Praticamente è un “maxi Bimby®”…
Mah, dalle immagini pare la solita scervellata, salatissima bomba calorica piena di grassi saturi derivanti da bacon, salame e cosiddetto formaggio a pasta filante, il tutto reso ancora più indigeribile dal lievito istantaneo che oltre che l’impasto fa gonfiare anche lo stomaco. Se poi per digerirla e mitigare la sete la si innaffia con la solita micidiale miscela di caffeina, caramello, zucchero acido ortofosforico e CO2 ecco confezionato l’ennesimo attentato all’equilibrio metabolico.
Non capisco, a parte il “novelty appeal”, perché uno la dovrebbe preferire alla comunissima pizza al taglio, sembra cartone, ho visto macchine simili in Giappone che pur semplicemente scaldando pizze surgelate offrono risultati molto più appetibili… Francamente credo che gli unici a poter tollerare una cosa del genere siano quelli che girano alle 4 del mattino con la fame chimica
E ignoranza della qualità