Nel mese di giugno 2022, il Governo spagnolo ha presentato il suo Piano strategico nazionale per la riduzione dell’obesità infantile, un progetto molto ambizioso, che dovrebbe portare alla riduzione del sovrappeso del 25% entro i prossimi 8-10 anni. Il programma, articolato in oltre 200 singole voci (50 delle quali prioritarie), è stato elaborato seguendo le indicazioni dell’Unicef e dell’Oms, con il contributo di 13 associazioni del terzo settore, 18 scientifiche e 25 economiche (dello sport, del cibo e del digitale), e si articola su quattro pilastri: ricerca e innovazione; comunicazione e consapevolezza del pubblico; finanziamento; coordinamento con altre strategie contigue. Tra le molte declinazioni, che comprendono programmi educativi su cibo e attività fisica, accesso all’acqua, aiuto all’allattamento, riformulazione dei prodotti, politiche anti cyberbullismo e contro le discriminazioni legate al peso, provvedimenti per ridurre le diseguaglianze sociali, coinvolgimenti di influencer e testimonial, tasse su bevande e alimenti, c’è anche quella specifica che impegna il governo a regolamentare strettamente la pubblicità degli alimenti rivolti ai più piccoli.
Ma su quest’ultimo punto non sono previsti decreti reali per tutto il 2023. E questo ha fatto infuriare alcuni degli estensori del Piano, anche perché secondo numerosi studi pubblicati negli ultimi anni e la maggioranza degli esperti, quello del marketing pervasivo rivolto verso i bambini e gli adolescenti è uno degli aspetti più delicati e importanti, sul quale è necessario e urgente intervenire. Per questo hanno pubblicato una lettera su Lancet, chiedendo l’immediata adozione delle norme previste e spiegando che cosa, secondo loro, si è messo di traverso.
Anche in Spagna, come altrove, esistono lobby che si oppongono con tutti i mezzi ai limiti alla pubblicità. In questo caso, a rappresentarne gli interessi sembra che ci siano alcuni ministri dello stesso governo governo Sánchez, nonostante abbiano partecipato alla stesura del piano. Tra di essi figura il ministro dell’Agricoltura, della pesca e dell’alimentazione, che ha sostenuto una tesi ormai del tutto screditata dalla realtà: quella secondo la quale sarebbe sufficiente l’impegno volontario delle aziende per limitare la pubblicità rivolta ai bambini. Come hanno ricordato gli autori della lettera, tutti gli esperimenti fatti in questo ambito ormai da anni hanno mostrato, senza tema di smentite, come gli impegni volontari delle aziende restino poco più che lettera morta e quindi non potranno mai essere veri agenti di cambiamento. Al contrario, le aziende diversificano e continuano ad aumentare la pubblicità, per esempio attraverso i social.
Per dare ulteriore forza alla loro richiesta, gli autori hanno anche ricordato che, secondo una recente indagine, la proposta di porre vincoli alla pubblicità incontra il favore della maggioranza assoluta della popolazione, con l’85% degli intervistati che si dice d’accordo: una volontà di cui si deve tenere conto. Così come si deve tenere conto del fatto che i bambini sono portatori di diritti spesso ignorati dalla pubblicità: quello alla salute, prima di tutto, ma anche quello ad avere informazioni veritiere, quello a un’educazione adeguata rispetto alle abitudini che mantengono la salute, quello alla privacy (e quindi a non essere profilati e oggetto di pubblicità mirate). Dal momento che i bambini non percepiscono la pubblicità come tale prima dei sei anni e che gli adolescenti non individuano le tecniche di persuasione poste in essere, sono da considerare soggetti vulnerabili e, come tali, da difendere con leggi specifiche.
Quattro bambini su dieci e tre adolescenti su dieci sono in sovrappeso o già obesi, in Spagna. E il Piano del governo, che pone il Paese all’avanguardia nell’Unione, non potrà essere pienamente efficace se non si rispettano gli impegni presi su un aspetto così cruciale, che ha ripercussioni sull’intera esistenza delle persone, perché le abitudini assunte da bambini sono poi molto difficili da scardinare.
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Giornalista scientifica