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Sono 477 le carcasse di cinghiali ritrovati morti in Italia a causa della peste suina africana, di questi la maggior parte sono stati trovati in Piemonte (282) e in Liguria (139). Il primo caso è stato segnalato il 5 gennaio del 2022 e i numeri sono in netta crescita e nei prossimi mesi si prevede un ulteriore incremento. “I motivi di questa preoccupante crescita sono diversi – spiega Angelo Ferrari direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta, incaricato fino a pochi giorni fa di seguire l’evoluzione dell’epidemia –. In inverno il virus si conserva maggiormente e quindi la propagazione è più facile. Poi c’è una questione logistica: nella stagione invernale la vegetazione è meno fitta e individuare le carcasse di cinghiali diventa meno complessa”.

“C’è poi il problema del trasferimento dei cinghiali morti – continua Ferrari – che devono essere rimossi al più presto dalla zona infetta, per evitare che altri ungulati vengano a contatto con le carcasse positive al virus e siano a loro volta contaminati. La questione è complessa e non è per niente di facile e rapida soluzione. L’area su cui intervenire è ampia e il sistema più efficace per arginare l’avanzata della peste suina africana è disporre sul territorio delle recinzioni per formare una barriera e cercare di circoscrivere le aree a rischio, intervenendo nel contempo all’esterno della zona infetta con un forte depopolamento. In Belgio sono  stati posizionati 350 km di reti, mentre in Italia, pur avendo una zona interessata molto più estesa, i chilometri di rete installata per ora sono 120. Ho segnalato ai Ministeri competenti la situazione e le criticità – spiega Ferrari –  e spero che ci sia un ulteriore intervento incisivo. In merito alle barriere occorre ricordarsi che non servono a contenere i cinghiali, ma a rallentare la propagazione della malattia. Fino ad ora il ministero della Salute è intervenuto stanziando ad hoc dieci milioni, la Lombardia ha destinato sempre per le recinzioni 1,5 milioni, mentre due milioni sono arrivati dall’Emilia-Romagna. Sono stati promessi, invece, da parte della Regione Piemonte finanziamenti per il posizionamento delle barriere e la loro manutenzione nonché per implementare l’attività di ricerca delle carcasse”. A essere coinvolti al momento sono oltre sessanta comuni, fra cui quello di Genova, ma fortunatamente la zona infetta non è a grande vocazione suinicola.

peste suina africana
L’area fra la Liguria e il Piemonte sottoposta a restrizioni per il ritrovamento di carcasse di cinghiali si estende sempre di più e coinvolge oltre 60 comuni

L’aspetto positivo è che nelle zone dove sono state trovate le carcasse non ci sono più allevamenti di suini e questo è importante perché quando il virus arriva negli allevamenti occorre procedere all’abbattimento di tutti i capi. Le misure di biosicurezza che sono state messe a punto intorno agli allevamenti dislocati fuori dalle aree a rischio, sono importanti, ma non danno garanzie totali. Il pericolo di contaminazione esiste e comporterebbe gravi ricadute sulla commercializzazione nazionale e internazionale dei prodotti del settore suinicolo.

Va ricordato che la peste suina africana si diffonde anche per via indiretta, per cui anche una macchina agricola, una bicicletta, una vettura o un semplice turista possono veicolarla in modo involontario negli allevamenti. In Piemonte, nella sola provincia di Cuneo, si contano 1,3 milioni di maiali, la maggior parte dei quali è destinata alla filiera del prosciutto di Parma. Le aree sottoposte a controllo per la presenza di carcasse di cinghiali morti sono molto vicine agli allevamenti e questo crea preoccupazione. Quando il territorio di un comune viene inserito nelle aree considerate a rischio, la zona viene comunque penalizzata e sottoposta a ulteriori restrizioni che comportano difficoltà nella commercializzazione dei prodotti d’origine animale. Con tutti i problemi che ne possono conseguire.

“Il rischio è elevato perché in Italia le popolazioni di cinghiali continuano a crescere tendendo a debordare nelle campagne e nelle città in cerca di cibo facilmente reperibile, nel contempo, le azioni di contenimento finora adottate non hanno i dato risultati attesi – spiega Fabrizio De Stefani direttore del Servizio veterinario di igiene degli alimenti dell’Aulss 7 Pedemontana –  secondo le stime ci sono 1,5-1,8 milioni di animali e in queste condizioni non è sufficiente avere incrementato del 30% il numero di capi che i cacciatori possono abbattere. Il problema della Peste suina africana – strettamente correlato ai cinghiali – non sembra sia stato affrontato con la tempestività necessaria in situazioni di emergenza. Le barriere sono insufficienti, l’epidemia si sta diffondendo a macchia d’olio. Come veterinario della sanità pubblica sono molto preoccupato per l’assenza di segnali di miglioramento. Bisogna solo sperare in un deciso cambio di passo per scongiurare il rischi sempre più concreto che il virus entri negli allevamenti compromettendo pesantemente un importante comparto economico del nostro Paese per un tempo indefinito. È necessario affrontare questa emergenza con strumenti e poteri straordinari come è stato fatto, ad esempio, nella seconda fase di gestione dell’emergenza Covid dal generale Paolo Figliuolo”.

Secondo i dati più recenti dal 1980 ad oggi i cinghiali selvatici sono passati da 50mila a 2 milioni, ogni anno causano 10mila incidenti stradali e provocano danni all’agricoltura per milioni di euro. Per cercare di arginare questa crescita vertiginosa di animali selvatici la Regione Toscana ha avviato una filiera coinvolgendo i cacciatori incaricati di fare gli abbattimenti selezionati. Il progetto prevede la creazione di centri di sosta dove gli animali abbattuti vengono controllati dai veterinari per poi essere macellati e avviati alla commercializzazione. I tagli  pregiati  finiscono nel circuito dei ristoranti, mentre quelli di minor valore possono essere impiegati nel circuito del pet food. Si tratta secondo gli addetti ai lavori di carne sostenibile, ottenuta da fonti rinnovabili con scarso o nullo impatto ambientale e a chilometro zero.

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Giovanni
Giovanni
21 Marzo 2023 09:02

Quali giornalisti ‘indipendenti’ esercitate disinvolta repressione censoria delle conoscenze, delle informazioni e delle opinioni altrui!! Questo commento lo dimostrerà.

Valeria Nardi
Reply to  Giovanni
21 Marzo 2023 09:51

a cosa si riferisce? Su questo sito le abbiamo pubblicato 19 commenti. E anche se c’è lo spazio per commentare è a totale discrezionalità della redazione pubblicare o meno i commenti.

Massimo Perego
Massimo Perego
21 Marzo 2023 10:35

Sono sempre stato contro la caccia in generale e quindi contro l’abbattimento degli animali selvatici. In più usando proiettili al piombo si inquina anche il terreno. Credo però che in questo caso sia necessario organizzare delle vere e proprie battute nelle zone vicine agli allevamenti, possibilmente seguite da un veterinario che controlli anche le modalità dei cacciatori (indumenti, scarpe, ecc)

giova
giova
21 Marzo 2023 11:04

“È necessario affrontare questa emergenza con strumenti e poteri straordinari come è stato fatto, ad esempio, nella seconda fase di gestione dell’emergenza Covid dal generale Paolo Figliuolo”. Probabilmente, il direttore del Servizio veterinario di igiene degli alimenti dell’Aulss 7 Pedemontana, Fabrizio De Stefani, ha ragione.
Ma mi chiedo se, un Paese che ha visto il primo allarme molti anni fa, debba sempre far ricorso a Piani emergenziali/Commissari/Poteri speciali per affrontare le nuove criticità (non mi riferisco ovviamente alle vere emergenze, v. Covid).
Manca il personale? Si può assumere, e magari avviare una riflessione sul fatto che ridurre il personale “all’osso” non porta alcun beneficio alla collettività. Lo vediamo tutti i giorni nei servizi pubblici, dalla sanità al Corpo Forestale.
Commissari e poteri straordinari significa: 1) agire senza rispetto di norme amministrative e “in barba” alle leggi di tutela del territorio; 2) agire senza la condivisione di progetti e iniziative con il mondo del volontariato specializzato in questioni ambientali e tutela della fauna e in genere degli ambienti ecologici, con tutti i problemi che potranno nascere da interventi sbrigativi e superficiali. Perchè sappiamo tutti che quando si corre per “chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati” si possono fare degli errori irreparabili.

Paola
Paola
21 Marzo 2023 15:10

Perchè non smettere invece di mangiare carne di maiale e salumi, e di allevare maiali in allevamenti intensivi?

Luciano Buttarelli
Luciano Buttarelli
22 Marzo 2023 09:29

le vostre notizie sono sempre interessanti,ma si dovrebbe averle anche in programmi TV in cui ogni giorno un programma specifico dessero queste notizie,sia per intervenire e come fare in caso di ritrovamento di carcasse. Nella maggioranza delle televisioni pubbliche parlano soltanto di politica.