I panettoni sono tutti uguali? La preparazione del dolce di Natale richiede da 2 a 3 giorni: ecco tutti i segreti. Prezzo e qualità non sono sempre correlati
I panettoni sono tutti uguali? La preparazione del dolce di Natale richiede da 2 a 3 giorni: ecco tutti i segreti. Prezzo e qualità non sono sempre correlati
Eleonora Viganò 2 Dicembre 2014Perché il prezzo del panettone venduto nei supermercati oscilla da 3 a 15 euro al chilo? Il listino è correlato alla qualità degli ingredienti o prevalgono altri fattori legati al marketing? Giustificare queste differenze è complicato perché la produzione del dolce tipico natalizio è regolamentata dal Decreto 22 luglio 2005, che prevede l’impiego di farina, burro, uova, uvetta e canditi. Solo chi rispetta queste regole può scrivere la parola “panettone” sulla confezione. La normativa regolamenta però le quantità minime degli ingredienti, non quelle massime: di conseguenza il dolce può contenere maggiori quantità di ingredienti pregiati come uvetta, canditi e burro che migliorano la qualità. Le altre differenze importanti tra un dolce e l’altro riguardano il tempo di maturazione e lievitazione – da 24 a 72 ore – e la qualità di alcune materie prime. Vediamo meglio.
Tra i panettoni industriali si distinguono due categorie caratterizzate da un prezzo diverso. La prima comprende i prodotti top di gamma venduti a 11-13 €/kg, seguiti da altri che inizialmente costano la metà (6-7 €/kg). A fare scendere questi prezzi in modo vertiginoso contribuiscono le promozioni che a dispetto della qualità elevata del prodotto riescono a proporre il dolce tipico del Natale a 2,5-3,0 €/kg, soprattutto nel mese di dicembre a ridosso delle festività. Quando i prezzi raggiungono questi livelli siamo di fronte a vendite sottocosto stabilite da accordi tra le catene di supermercati e le aziende produttrici. In questo gioco al ribasso le aziende svendono il loro prodotto – anche se di qualità – così da aumentare i volumi di vendita, sacrificando l’immagine.
Abbiamo chiesto ad alcune aziende come avviene la lavorazione del dolce natalizio, che resta uno dei pochissimi prodotti da forno industriali preparato con una lievitazione naturale. In questo percorso ci ha guidato Luciano Triangeli, direttore qualità di Galbusera (panettone Tre Marie), focalizzando l’attenzione sui passaggi critici e sulle diverse possibilità di un processo produttivo che non dà molto spazio alla creatività nel metodo di preparazione e negli ingredienti.
Iniziamo dal lievito …
È il punto di partenza forse più importante perché si utilizza il lievito madre abbinato a piccole quantità di lievito di birra per standardizzare il processo. Ogni azienda custodisce con gelosia un proprio lievito madre caratterizzato da microrganismi identificati e selezionati, in grado di conferire al dolce un profilo organolettico preciso. La preparazione della “madre” rispetta tempi e temperature fissate da ogni produttore e si conclude con l’aggiunta al primo impasto.
redazione Il Fatto Alimentare
Molto interessante il post e questa scheda!
Dubito però, che il panettone autentico possa essere fatto con solo lievito naturale (come alcuni dichiarano) giacché il procedimento classico, da tempi immemori, prevede l’inserimento anche del lievito di birra. A testimonianza di questo vi sono diversi testi scientifici sulla fermentazione naturale (in coda al commento ve ne menziono uno) che hanno studiato il metodo di produzione del Panettone e come, nella preparazione del dolce natalizio, i lieviti naturali (nello specifico i lattobacilli) agiscano in concomitanza con il lievito di birra (Saccaromyces Cerevisiae).
Quindi, ripeto, è proprio della produzione artigianale classica del Panettone usufruire del lavoro di due ceppi di lievito diversi e proprio per questa fantastica intuizione siamo conosciuti/invidiati/rinomati in tutto il mondo.
Saluti.
Fonte: The sourdough microflora: biodiversity and metabolic interactions, Luc De Vuyst and Patricia Neysens, Food Science & Technology 16 (2005) 43-56 (disponibile l’intero testo online).
mi spiace caro MAURO ma quando sei disposto a dissipare i tuoi dubbi al riguardo …..ci facciamo una bella scommessa al riguardo e ti dimostrerò che il vero Panettone artigianale si fa con solo lievito madre ..miscredente hahahahaah
Caro Mauro, il panettone fatto con il solo lievito madre esiste,mia figlia ha una pasticceria e fa il panettone con il solo lievito madre.
Ti assicuro che è molto apprezzato!
Anche se qui si parla di panettone, segnalo che ho comprato il pandoro Ecor da Naturasì alla “modica” cifra di 11,60 euro e purtroppo devo darne un giudizio non proprio positivo.
Forse è meglio che la Ecor continui a produrre formaggi!
Come consumatrice consapevole, la prossima volta mi orienterò su ditte che puntano sì alla qualità, ma con una tradizione nel campo dei lievitati.
Se la legge non è stata modificata, essa impone l’utilizzo di aromi naturali (o naturalidentici, che tuttavia non sono più contemplati dalla normativa). Devo supporre che si sia passati al “liberi tutti” nell’uso degli aromi?
Questo è l’ultimo aggiornamento a disposizione
http://www.ilfattoalimentare.it/misteri-aromi-legge-prevede-quattro-diciture-complicate-resta-confusione.html
Due parole sui panettoni artigianali no? Qui sembra che esista solo la GDO e i relativi prodotti industriali…
infatti….. per fortuna che esistono ancora …
e ci sono tante pasticcerie “non GDO” e “non industriali”
certo non possono proporre prodotti sottocosto!! a natale sulla mia tavola ci sarà uno di questi “sconosciuti” , altro che marchi più noti
Credo che Mauro non sappia nulla sui lieviti e sui lattobacilli.
Se mi cita lievito i lattobacilli la frittata è fatta.
Ma come la mettiamo con la spruzzatina di alcool all’atto della chiusura del panettone nell’involgente protettivo? Mi risulta che questa pratica sia ancora utilizzata nonostante l’alcol non sia un trattamento consentito su questi prodotti.
Le risulta o è sicuro?
La “spruzzatina” di alcool, all’atto della chiusura di taluni prodotti dolciari della pasticceria, come panettoni, colombe, brioches, è una pratica che taluni organi di vigilanza sugli alimenti ben conoscono, in quanto veniva utilizzata per il confezionamento, a livello industriale, di taluni prodotti dolciari lievitati da forno per evitare il prevedibile sviluppo di muffe durante la loro vita commerciale. Francamente pensavo che il dr. La Pira ne fosse al corrente, anche perchè il fatto fece notizia una decina di anni fa per una iniziativa svolta al riguardo dalla Procura della Repubblica di Milano, che attraverso l’allora Sezione Ambiente, fece svolgere indagini a taluni Tecnici della Prevenzione UPG, culminate con denunce, le cui risultanze possono essere richieste alla competente A.G. Se tuttavia ci si chiedesse come fanno taluni di questi prodotti da forno lievitati a non essere interessati da fenomeni di alterazione dovuti a muffe, anche se conservati diversi mesi dopo la scadenza della loro validità, può darsi che possa nascere il sospetto che la pratica di aggiungere alcool possa essere ancora utilizzata al giorno d’oggi, a meno che l’evoluzione delle tecniche di conservazione di questi alimenti (tecniche che andrebbero però spiegate al consumatore), sia tale da garantire lo stesso risultato che si ottiene spruzzando alcool.