L’industria dell’olio di palma cerca di influenzare la ricerca scientifica come le lobby dell’alcol e del tabacco. Lo afferma uno studio pubblicato all’Oms
L’industria dell’olio di palma cerca di influenzare la ricerca scientifica come le lobby dell’alcol e del tabacco. Lo afferma uno studio pubblicato all’Oms
Beniamino Bonardi 28 Gennaio 2019L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato sul proprio giornale una ricerca intitolata “L’industria dell’olio di palma e le malattie non trasmissibili”, che analizza il comportamento tenuto dalle multinazionali dell’olio tropicale per influenzare le ricerche scientifiche sui rischi legati alla coltivazione e al consumo di questo grasso, individuando analogie con quanto fatto dall’industria del tabacco e dell’alcol.
La produzione di olio di palma è passata dai 15 milioni di tonnellate del 1995 ai 66 milioni del 2017 ed è in crescita. Le piantagioni coprono ormai oltre 27 milioni di ettari a livello mondiale, una superficie grande quasi quanto la Nuova Zelanda.
La rapida espansione dell’olio di palma è dovuta al fatto che la resa è quasi quattro volte superiore rispetto agli altri oli vegetali, con costi di produzioni analoghi, oltre ad avere caratteristiche vantaggiose per l’industria degli alimenti processati. Tuttavia l’olio di palma contiene una percentuale maggiore di grassi saturi rispetto ad altri oli vegetali, anche se i suoi impatti negativi sulla salute sono oggetto di controversie.
Lo studio – realizzato da ricercatori dell’Unicef, della London School of Hygiene & Tropical Medicine e dell’Università inglese di Exeter – segnala come a fronte di ricerche che indicano una correlazione tra consumo di olio di palma e disturbi cardiovascolari, altre non evidenziano effetti negativi o addirittura ne sottolineano di positivi. Però, nella bibliografia esaminata dagli autori della ricerca pubblicata dall’Oms, dei nove studi che indicano un beneficio per la salute derivante dal consumo dell’olio di palma, quattro sono stati prodotti dal Malaysian Palm Oil Board, minandone la credibilità.
Meno contestati, invece, sono gli impatti indiretti dell’olio sulla salute globale del pianeta e dell’uomo, dovuti alla deforestazione su larga scala nel Sud-Est asiatico, agli incendi e all’inquinamento collegati, con morti premature, malattie respiratorie e malattie cardiovascolari.
Lo studio sottolinea come l’olio tropicale sia il grasso vegetale maggiormente prodotto nel mond. Nonostante ciò il suo ruolo viene banalmente trascurato quando si parla di patologie umane preferendo concentrare l’attenzione su alcol, tabacco e zucchero. Gli autori della ricerca dell’Oms segnalano la necessità di dedicare la necessaria attenzione anche all’olio di palma, vista la diffusione in moltissimi alimenti processati, conducendo studi indipendenti e completi sull’impatto sulla salute umana.
In Italia l’impiego dell’olio di palma nell’ambito alimentare è quasi inesistente, grazie ad una campagna di informazione promossa da Il Fatto Alimentare e Gift di Dario Dongo, che ha convinto le industrie a sostituire l’olio tropicale con oli di girasole, colza e altri semi.
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