Sconti, offerte speciali e sottocosto: tutti i segreti dei supermercati per attirare clienti e fargli credere di spendere meno. Il prezzo netto pulito
Sconti, offerte speciali e sottocosto: tutti i segreti dei supermercati per attirare clienti e fargli credere di spendere meno. Il prezzo netto pulito
Roberto La Pira 25 Settembre 2014Quando compriamo un chilo di pasta con “il 30% di sconto” o “sottocosto” siamo sicuri di fare un affare? Chi si accolla l’onere della promozione? Le spese da sostenere per supportare tutte queste iniziative sono a carico delle aziende. I produttori infatti per ogni pacco di pasta venduto nella settimana del sottocosto e/o ogni volta che il prodotto viene fotografato sul volantino recapitato nella casella della posta, riconoscono al supermercato uno sconto sul prezzo concordato nel contratto. Analizzando però con attenzione i numeri e gli accordi stipulati dalle parti si avverte la forte sensazione che il consumatore venga preso in giro da finti sconti e finte offerte speciali.
Tutto comincia con la definizione del prezzo nel contratto di acquisto, che oltre a materie prime, spese di produzione, distribuzione e ricarico del dettagliante, prende in considerazione le offerte promozionali e gli sconti del prodotto realizzati nell’arco dei 12 mesi. Si tratta di un calcolo affidato a laureati in economia con specializzazione nel marketing, abituati ad elaborare strategie basate sull’analisi di sconti, promozioni, offerte, coupon, ecc. Il quadro è estremamente complesso, perché il prezzo sullo scaffale è il risultato di tutte queste operazioni.
In Italia i negozi dove si risparmia di più sono le catene di supermercati che adottano il sistema dei prezzi utilizzato in Inghilterra e da alcune catene di discount in Germania, dove si garantisce ai consumatori il miglior rapporto qualità/prezzo tutto l’anno. Il metodo è applicato da U2 e da altre catene ancora più aggressive, localizzate in Veneto come Rossetto, Tosano e Lando che da molti anni hanno abbracciato la strategia dei “prezzi bassi tutto l’anno”. Si tratta di supermercati dove si adotta la politica del prezzo netto pulito (net net dicono gli inglesi).
Per capire il sistema prendiamo come riferimento un chilo di pasta che, secondo la logica del prezzo netto pulito, viene comprato a 1,0 euro al produttore e rivenduto a 1,30 al consumatore. In questo modo il supermercato si garantisce un ricarico vicino al 30% in grado di coprire i costi e di ottenere utili. Nei punti vendita che adottano il prezzo netto pulito il listino è sempre lo stesso tutto l’anno, perché non sono previsti sconti, promozioni, tagli prezzo, offerte 3×2, riduzioni speciali per i possessori di carte fedeltà… Il metodo offre molti vantaggi dal punto di vista finanziario: il supermercato compra solo la pasta che vende, non deve per forza acquistare l’intero l’assortimento, non deve distribuire volantini nelle caselle, non deve riempire il magazzino con camionate di prodotto per fare fronte alle richieste in occasione delle sottocosto, non anticipa somme elevate… C’è poi da considerare la drastica riduzione del personale dell’ufficio acquisti, perché i contratti sono semplici e non bisogna fare controlli nei punti vendita. Alla fine senza tutti questi elementi che incidono sui costi di gestione il prezzo sullo scaffale risulta molto interessante.
La strategia di marketing ora descritta non è quella adottata dalla stragrande maggioranza dei supermercati e ipermercati italiani, che preferiscono comprare il pacco di pasta da un chilo a 1,15 euro e venderlo a 1,35 euro. La differenza garantisce un ricarico del 20% circa che però non copre i costi di gestione.
Paradossalmente il prezzo di acquisto fissato nel contratto delle piccole catene che adottano il prezzo netto pulito risulta inferiore. Questo avviene perché il produttore di pasta non deve applicare forti sconti sui vari lotti (extra contratto) richiesti dai supermercati per realizzare le promozioni che si alternano durante l’anno .
Il supermercato dopo avere fissato il prezzo (1,15 euro al chilo) e siglato il contratto per la fornitura di un quantitativo di pasta necessario a soddisfare le vendite annuali, comincia a chiedere altri lotti a prezzo scontato, per soddisfare la maggiore richiesta di pasta a fronte delle promozioni (come nel caso dell’inserimento del prodotto sui volantini recapitati nelle caselle della posta).
A questo punto il pastificio invia la prima fattura dove applica una riduzione del prezzo rispetto a quello fissato nel contratto per i lotti destinati alla promozione dei volantini. Questo schema si ripete ogni qual volta che la pasta viene inserita nel paniere delle promozioni speciali, degli anniversari, delle settimane del sottocosto, degli gli sconti per i possessori di carta fedeltà”. L’elenco delle occasioni per ricevere partite di pasta a prezzo scontato comprende anche i premi da riscuotere per avere inserito nuovi tipi di pasta sugli scaffali, per avere venduto il numero di pezzi stabilito nel contratto e altre voci. A fine anno quando il pastificio fa i conti, scopre che considerando la pasta fornita al prezzo del contratto e quella fornita a prezzo scontato per le promozioni , il prezzo unitario di un chilo di prodotto risulta inferiore dell’8-10%. Si tratta proprio del margine necessario al supermercato per coprire i costi di gestione e ricavare l’utile.
Questo giochetto delle promozioni e degli sconti piace anche ai consumatori che, grazie alle continue offerte speciali hanno l’impressione di risparmiare sulla spesa. In realtà si tratta di un’illusione perché l’entità dello sconto, così come del sottocosto, viene applicato su un prezzo fittizio stabilito nel contratto che non considera l’enorme quantità di pasta fornita a prezzo scontato per soddisfare le promozioni. In altre parole quando il supermercato propone ai consumatori la pasta sottocosto al prezzo di 1,0 € ( inferiore di 15 centesimi rispetto al listino indicato nel contratto) non dice tutta a verità. Facendo bene i conti e considerando il numero di lotti forniti a prezzi scontati, il costo della pasta si avvicina molto a 1,0 €, che è poi il prezzo pulito netto riconosciuto dai supermercati che propongono il prezzo netto pulito. Alla luce di questo ragionamento il sottocosto diventa quasi una presa in giro.
In questa storia bisogna considerare i vantaggi finanziari. Le catene che applicano il prezzo netto pulito spendono meno per due motivi: il prezzo indicato nel contratto è più basso (1,0 euro al chilo) e non devono anticipare denaro per l’acquisto degli stock destinati alle promozioni. La maggior parte delle catene di supermercati paga quindi un chilo di pasta di più (1,15 €) e deve anticipare grosse somme per fare fronte alle promozioni. Un altro aspetto da considerare è il costo del personale adibito alla gestione di fatture, contratti e al controllo delle iniziative promozionali che incide in modo significativo sulle spese di gestione e quindi sul prezzo.
Le furberie del marketing per illudere il consumatore non sono finite. Ci sono catene che chiedono alle grandi aziende formati speciali da 900 g anziché 1 kg , per indicare sullo scaffale listini più bassi. In altri casi c’è chi vende confezioni grandi a prezzi superiori rispetto a quelle piccole. Anche il sistema del prezzo netto pulito non è perfetto. Alcuni supermercati acquistano lotti di merce che scade dopo 6 mesi anziché dopo 2 anni spuntando prezzi interessanti.
L’amara conclusione è che attraverso queste strategie di marketing si prendono in giro i consumatori, dando loro la sensazione di comprare a prezzi convenienti sfruttando sconti e offerte. Lo ha evidenziato anche l’Agcm in un bellissimo documento sui trucchi dei supermercati che consiglio a tutti di leggere. Il dossier analizza i meccanismi e le furberie messe in atto per proporre finti sconti nel periodo del sottocosto e delle promozioni.
Che fare? «La soluzione più conveniente – suggerisce un esperto del settore – è analizzare i volantini delle 3-4 catene di supermercati o ipermercati dislocati vicino a casa e approfittare di tutte le offerte. Se invece si fa la spesa solo in un punto vendita conviene scegliere tra le poche catene che adottano il prezzo netto pulito come U2 ,Rossetto, Tosano e Lando.
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Molto interessante l’articolo dal punto di vista del funzionamento e del marketing dei supermercati, ma non ho capito molto del perchè starebbero fregando i consumatori.
Se col sistema Prezzo netto pulito pago 1 kg di pasta 1,30€,
e con il sistema degli sconti lo pago 1,15€ perchè non starei risparmiando?
opprue se abitualmente lo pago 1.35€ perche non risparmio se lo compro a 1.15€?
Con il sistema del prezzo netto pulito pago tutto l’anno la pasta 1,30, mentre negli altri casi per comprarla a 1,15 devo sfruttare il momento in cui la pasta viene messa in promozione o usufuirsce del sottocosto .Gli altri giorni dell’anno la la pago di più. Il secondo aspetto riguarda il valore dello sconto che viene indicato sul volantino e il sottocosto calcolati vsul prezzo indicato nel contratto che in realtà è fittizio.
Al commento di La Pira aggiungo un’altra considerazione: difficilmente uno va al supermercato solo per comprare la pasta in offerta. Più probabilmente comprerà altre cose e sarebbe da verificare se gli altri prezzi sono altrettanto convenienti, oppure se il risparmio su un prodotto viene vanificato dagli altri acquisti meno convenienti. Onestamente, credo che se uno volesse avere la certezza matematica dovrebbe mettersi a fare veramente parecchi conti (e aggiungere poi il fatto che non tutti i supermercati sono alla stessa distanza da casa, il che in qualche modo può incidere sui costi di trasporto).
Se i supermercati mettessero online i prezzi di tutto in tempo reale, il problema potrebbe essere risolto con un’app per smartphone: si potrebbe inserire preventivamente la lista di beni da acquistare e il software potrebbe calcolare in tempo reale i costi nei supermercati vicini. È vero che quando si è davanti ai banconi con la merce uno può essere indotto a fare acquisti non previsti, ma sarebbe un bel punto di partenza.
giustamente bisogna fare il conto sull’acquisto annuale e sempre nello stesso supermercato. Grazie mille del chiarimento.
“Anche il sistema del prezzo netto pulito non è perfetto.
Alcuni supermercati acquistano stock occasionali che poi non ripropongono, oppure lotti di merce che scade dopo 6 mesi anziché dopo 2 anni spuntando prezzi interessanti.”
Io faccio spesa da Tosano una volta alla settimana e spesso mettono prodotti anche di marca vicini alla scadenza a prezzi veramente irrisori …
… non la trovo una pecca anzi è un modo per risparmiare molto comprando prodotti di qualità (magari evitando che finiscano in seguito in discarica) …. basta prendere i prodotti che si è certi di consumare in breve tempo….
La ricostruzione è abbastanza simile al vero, con qualche errore:
chi adotta il cosiddetto net net acquista grandi partite di merce (parliamo di generi di largo consumo come la pasta) per ottenere il prezzo più basso; sostanzialmente fà delle offerte di lungo periodo (anche qualche mese) ovvero sino a che non sarà presso chè terminata la partita.
La partita successiva sarà molto probabilmente costituita da una pasta di un altro fornitore/marchio, e via cosi..
Quindi il cliente troverà sempre una pasta o un caffè in promozione ma sarà per un periodo lungo.
Una cosa che non capisco in questi articoli è il tono fortemente censorio nei confronti della grande distribuzione, che in alcuni casi è giustificato, ma, a mio modesto parere, pregiudica l’attendibilità e l’autorevolezza
Il tono censorio è quello utilizzato dall’Antitrust quando ha trattato queste tematiche in un dossier dell’anno scorso, che le consiglio di leggere con attenzione e che citiamo nell’articolo.
Per favore sig. La Pira, non tiri in ballo l’antitrust che è un carrozzone e funge da foglia di fico, si ricorda qualche provvedimento concreto, ovvero che abbia avuto effetti sui consumatori ? Io no.
I mali della distribuzione non sono certo quelli citati nel suo articolo che cmq è utile ai non addetti.
Massimo, definire l’Antitrust un carrozzone è come dire che la magistratura è un carrozzone! Io non sono molto d’accordo. In ogni caso le sentenze della magistratura e dell’Antitrust si rispettano e io personalmente ho ripreso in centinaia di articoli le più importanti sentenze dell’Antitrust e da sempre mi occupo di consumi e consumatori. L’articolo sul prezzo netto è destinato ai nostri lettori che non sono addeti ai lavori. Ci sono anche persone come lei che conoscono bene il settore ma che raramente ci segnalano i veri “mali della distribuzione”.
Io parlavo dell’antitrust, che peraltro ha tirato in ballo Lei per rispondere ad un appunto al suo tono censorio nei confronti della GDO.
Ora tira in ballo la magistratura, che è una cosa seria e non c’entra nulla.
Il fatto che legga e commenti i suoi articoli vuol dire che li ritengo interessanti, altrimenti, Le assicuro, avrei di meglio da fare.
Se non conosce, e mi sembra strano visto che se ne occupa da tempo,i veri “mali della distribuzione”, mi contatti.
L’Antitrust mi scusi è una cosa seria. I mali della distribuzione io cerco di raccontarli in questo sito da anni con una certa fatica. Visto che lei sembra un addetto ai lavori può suggerire i veri mali e fornire dati utili. Ci invvi in redazione i suoi suggerimenti che li prenderemo volentieri in esame.
La gdo è costituita da aziende srl o spa che hanno un unico solo scopo: vendere e capitalizzare. Quindi non vedo e non concepisco quale dubbio ci sia in merito. Se questo venga fatto a danno del cliente finale poco importa gli strateghi del marketing, ma più loro sono i buyer che si accollano pesi e responsabilità pesanti, sanno bene come elaborare piani e strategie coinvolgenti per non insospettire il più attento e furbo. L’antitrust fa MOLTO bene ad indagare e a candannare, laddove si intervenga per tempi e modi. Loro, non dormono certo in piedi. Anche perchè con risultati negativi, sempre secondo le buone regole del capitalismo, il ricambio di personale sarebbe più che legittimo. Quello che viene descritto nell’articolo è molto verosimile alla realtà. Non capisco come si possa pensare che facciano “beneficienza” anche con i sottocosto, che tra l’altro ha delle regole imposte per legge su tempistiche e durata. Il vero intento della gdo è ovviamente incassare il più possibile nei limiti di ogni normativa o regolamento. Ogni anno i loro consuntivi dovrebbero essere sempre in positivo per non rischiare perdite considerevoli di fatturato. I volantini promo vengono pianificati una volta aper tutto l’anno in base ai contratti con le industrie, ma in casi estremi di “cali” proccupanti spesso si interviene con promozioni aggiuntive locali molto impattanti. A mio avviso i danni della gdo sono altri e non questi fin qui descritti.
Roberto , grazie per il contributo . Ci faccia sapere quali soni i danni della grande distribuzione che lei ritiene validi .
Sicuramente la lacuna più profonda è la mancanza di informazioni.In ambito nutrizionale naturalmente. Entrando in un qualsiasi supermercato la prima cosa che “salta all’occhio” è l’assortimento impattante di ogni reparto fresco(vero punto di forza della gdo)e la cura maniacale che ogni operatore(su disposizione aziendale) ha nel presentare al pubblico l’offerta merceologica.Prezzi ed indicazioni sono sempre a vista e questo non è assolutamente negativo, ma sarebbe più opportuno informare i clienti specificatamente cosa effettivamente stanno acquistando e che valore nutrizionale c’è all’interno.Io credo che sia a tutto vantaggio anche dell’azienda distributrice stessa!Ma forse più che la gdo la vera colpevole di una totale disinformazione è (ed è stata negli anni recenti) proprio l’industria alimentare.Mettere al primo posto solo ed esclusivamente il “profitto” come fine ultimo senza realmente e fortemente fidelizzare il cliente è stato un grande errore!La concorrenza è oggi più che mai spietata ed uscire da uno schema merceologico blindato e fotocopiato è cosa ardua!
io ho notato che dove faccio la spesa hanno messo dei buoni del 30% di sconto sui prodotti di marca e ti danno un buono per un prodotto di marca ogni 10 euro di spesa, ho fatto un piccolo calcolo e il buono mi permette di risparmiare da 30 a 90 centesimi su una spesa di 10 euro quindi equivale a uno sconto di circa dal 3% al 10% ma tenuto conto che la promozione è in scadenza, mi fa andare a spendere nel supermercato prima di quanto andrei se non avrei lo sconto,inoltre la promozione mi farà spendere quando non ci sarà più lo sconto, quindi il negozio recupera lo sconto vendendo di più e facendomi recare nel supermercato più spesso, e quindi facendomi spendere più soldi e più spesso