Sono un medico specialista in scienza dell’alimentazione e della dietetica appassionato dello studio della nutrizione umana da oltre 30 anni, e ho sentito parlare del Nutri-Score per la prima volta circa 5 anni fa, leggendo Il Fatto Alimentare. La mia impressione è che alcuni degli scienziati e specialisti della nutrizione in Italia non sappiano neppure che esista, mentre quelli che ne hanno sentito parlare non capiscono quale sia l’utilità. Alcuni, non conoscendo il problema, ripetono in maniera superficiale la propaganda istituzionale: “il Nutri-Score danneggia il Made in Italy“, “è promosso dall’industria alimentare d’oltralpe contro l’Italia”, “le etichette non servono, ma bisogna promuovere l’educazione alimentare”.
In TV, infatti, presentano servizi a senso unico, evitano il confronto con persone competenti, e invitano solo esperti in nutrizione, giornalisti e cuochi che (emerge chiaramente da ciò che dicono) non sanno di cosa stanno parlando. Tutti però hanno capito che aria tira in Italia e cosa devono dire, ovvero bisogna denigrare il Nutri-Score ed elogiare l’etichetta italiana Nutrinform Battery che in realtà è inutile e poco comprensibile.
La scienza a sostegno del Nutri-Score
Eppure la scienza è dalla parte del Nutri-Score con oltre 130 pubblicazioni peer reviewed indipendenti pubblicate in letteratura. Come spiegare il fatto che cosi pochi scienziati, epidemiologi, specialisti della nutrizione lo sostengano in Italia? Penso che la maggior parte di loro siano in buona fede, si interessano d’altro e non ritengono che l’etichetta sia importante. Alcuni confondono l’etichetta con l’educazione alimentare che è tutt’altra cosa: sostengono che il Nutri-Score non sia utile per educare la popolazione. In realtà l’etichetta serve quando siamo al supermercato, per orientare nella scelta di prodotti che appartengono alla stessa categoria, non ha la pretesa o la funzione di fare educazione alimentare.
La nutrizione – scriveva il professor WPT James – ė sempre stata la cenerentola della medicina, infatti ci sono grandi professori di medicina (internisti, endocrinologi, diabetologi) che non conoscono la nutrizione e la dietetica e che sposano delle mode dietetiche diverse da ciò che è considerato un modello dietetico salutare basato sulle evidenze (diete sbilanciate generalmente ricche di proteine, come ad esempio la dieta La Zona). Il problema è che scrivono anche libri rivolti alla popolazione generale in cui diffondono le loro teorie non ancora accettate dalla comunità scientifica: digiuno intermittente, dieta mima-digiuno, la dieta degli ormoni e così via.
Medici poco ferrati sulla nutrizione
Quindi la base di partenza è che pochi conoscono la nutrizione. Ma l’argomento di cui stiamo parlando implica un livello di conoscenza superiore: stiamo parlando di politiche nutrizionali, di ‘public relations’ che è qualcosa di molto più forte del semplice marketing (si veda la storia dello zucchero), di conflitto di interessi, tutte materie che non si studiano nelle facoltà di medicina. Facciamo degli esempi che evidenziano una grave carenza di formazione nel campo della nutrizione e delle politiche nutrizionali in Italia.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) da anni indica nei suoi documenti che gli zuccheri semplici aggiunti agli alimenti sono legati a obesità, carie, diabete e patologie correlate. Eppure l’ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica, una delle più importanti società scientifiche della nutrizione italiane, consulente del ministero della salute per prevenire l’obesità) tramite la sua fondazione si è fatta finanziare l’Obesity Day per 8 anni consecutivi (sino al 2022) da Eridania, che produce zucchero! A quanto pare nessuno degli affiliati ha mai avuto nulla da ridire. Quando si è trattato di sottoscrivere la petizione lanciata da Il Fatto Alimentare per promuovere la Sugar Tax (tassa sulle bevande zuccherate) molte società scientifiche hanno aderito, ma l’ADI no.
I conflitti di interesse delle società scientifiche
La SIMG Onlus (Società Italiana di Medicina Generale) è stata finanziata nel 2011 e 2012 da Coca-Cola rispettivamente con 357mila e 340mila euro per il progetto Calorie Balance. Nessuno si è domandato: “perché Coca-Cola viene a donare a noi cifre così elevate e cosa può comportare tutto questo?” Quando si è trattato di firmare per la Sugar Tax anche la SIMG si è defilata, ovviamente. Coca-Cola ha rivelato pubblicamente le donazioni fatte nell’arco di 5 anni circa e non sappiamo quanti soldi la SIMG, e altre società scientifiche, possono aver ricevuto prima del 2010 e dopo il 2015.
La METIS, società scientifica della FIMMG (sindacato dei medici di medicina generale), ha organizzato un corso FAD (formazione a distanza) sull’alcol e problemi alcol correlati finanziato da Federvini (federazione industriali produttori di vini, acquaviti e liquori). La scienza ci dice che l’alcol è uno stupefacente cancerogeno “che fa male”, ma il messaggio nel corso è stato annacquato per ragioni di opportunità, così i medici continueranno a pensare che tutto sommato un bicchiere di vino rosso non fa male, anzi… I medici, oltre a non conoscere la nutrizione, tendono a sottostimare i pericoli di condizionamento da parte degli sponsor.
Gli scienziati europei sostengono il Nutri-Score
Più di 300 medici, scienziati e professionisti della salute hanno firmato una petizione a supporto del Nutri-Score, tra questi figurano solo una dozzina di nomi italiani. Perché? Bisognerebbe fare uno studio scientifico per rispondere a questa domanda in maniera oggettiva. La mia impressione è che vi sia effettivamente una mancanza di interesse da parte della maggioranza degli scienziati, che non capiscono quale sia il senso dell’etichetta fronte pacco. Il problema è che esprimono dei giudizi con una superficialità derivata dalla non conoscenza.
È impressionante il fatto che alcuni scienziati italiani abbiano fatto delle pubblicazioni in cui sostengono che l’etichetta italiana sia superiore al Nutri-Score. Quando si leggono questi articoli ci si rende conto che in letteratura si può pubblicare di tutto, con argomentazioni prive di logica e metodologia adeguata. Alcuni probabilmente sono in mala fede, collusi con l’industria alimentare che teme il Nutri-Score perché è efficace nell’orientare i consumi e disturberebbe le vendite di prodotti junk-food, che avrebbero etichetta rossa (E).
Il Nutri-Score è una delle etichette fronte pacco più chiare e più studiate al mondo ed ha avuto il placet dall’OMS e dalla IARC. È paradossale che il Crea, ex Istituto Nazionale della Nutrizione (ex INRAN) abbia potuto optare per l’etichetta a batteria italiana sponsorizzata dall’industria alimentare. Forse il Crea ha come mission in primis la tutela dell’industria alimentare e non della salute degli italiani?
Italia isolata sul Nutri-Score
Anche la SINU, che contribuisce a redigere i LARN e le linee guida per una sana alimentazione, ha vagliato in una pubblicazione le due etichette. Oltre 30 scienziati hanno condiviso considerazioni di carattere generale sulle etichette. La conclusione logica avrebbe dovuto essere questa: il Nutri-Score è stato vagliato con pubblicazioni che hanno soddisfatto tutti i punti indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità per validare un’etichetta fronte pacco, mentre l’etichetta a batteria italiana non ha praticamente studi a suo supporto, salvo alcuni finanziati dall’industria alimentare. Oltre 130 pubblicazioni pro Nutri-Score contro 2-3 pubblicazioni pro NutrInform. Invece la SINU, contro le evidenze scientifiche, ha optato per l’etichetta italiana perché “sarebbe più utile” per contrastare l’obesità e malattie croniche non trasmissibili. In pratica la SINU ha fatto una ‘scelta politica’ perché non avrebbe mai potuto schierarsi contro le decisioni già prese dal Governo italiano.
L’Italia, in questo modo, si è isolata dal punto di vista scientifico dall’Europa e dal resto del mondo (se pensiamo anche alle etichette del Cile, Argentina e Messico). Dietro il Nutri-Score c’è la scienza, c’è una letteratura sterminata, ci sono centinaia di scienziati in Europa; associazioni di consumatori; sette nazioni (otto con il Regno Unito che per primo ha creato l’algoritmo che poi è diventato la base del Nutri-Score) che l’hanno già adottato. L’Italia ha scelto di stare dalla parte dell’industria alimentare, cioè contro la salute dei suoi cittadini. Controllano la televisione e la stampa e dopo aver truffato i cittadini negando loro il diritto di avere un’etichetta trasparente, fanno credere che stanno combattendo il Nutri-Score nel loro interesse.
Il sostegno (inspiegabile) alla batteria
In Italia, invece, ci sono scienziati che appoggiano il NutrInform Battery, a partire dal compianto Andrea Ghiselli, ex primo ricercatore del CREA, che è stato uno dei più strenui sostenitori. In questa pubblicazione ci sono i nomi di più medici/ricercatori che hanno appoggiato l’etichetta italiana. Alcuni medici e ricercatori sostengono che il board di diverse società scientifiche (ADI, IO-NET, SISDCA, SISA, SIEDP, SINUPE, SIO*) cui sono affiliati avrebbero dato l’endorsement a un documento che sostiene l’etichetta a batteria, ma sarebbe interessante sentire gli attuali presidenti delle società scientifiche sopra citate per capire se effettivamente lo hanno appoggiato e se lo condividono tuttora.
La pubblicazione, dopo aver stordito il lettore con analisi volte a evidenziare contraddizioni in qualche studio sul Nutri-Score, conclude infatti che “il sistema NutrInform Battery (rispetto al Nutri-Score, ndr) sembra più flessibile e potenzialmente più informativo in questo contesto (prevenzione dell’obesità, ndr) di salute pubblica”. Quindi gli autori scrivono, noi scegliamo l’etichetta italiana perché “sembra più flessibile e potenzialmente più informativa”?. Questa frase ha determinato la preferenza per la batteria italiana (con 2-3 pubblicazioni pagate da Federalimentare) rispetto al Nutri-Score che aveva a suo favore oltre 100 pubblicazioni. Questa non è scienza ma politica piegata dagli interessi dell’industria.
Basta conflitti di interessi
Come si risolve la questione? Dobbiamo cominciare a pretendere che ogni scienziato o società scientifica dichiari se ha preso soldi dall’industria alimentare negli ultimi 20 anni, se gli autori partecipano a board scientifici di aziende alimentari. La SINU non deve avere alcun legame con industrie portatrici di interesse nel campo della nutrizione. Si veda sull’home page della SINU quante aziende sono “Soci Collettivi SINU”. Tutto questo può mettere in discussione l’autorevolezza di documenti ufficiali importanti come i LARN 2014-2024 e delle linee guida 2018. Gli italiani sono disinformati e ingannati sull’argomento Nutri-Score e per questo non sanno nulla.
Nota
Italian Association of Dietetics and Clinical Nutrition (ADI) Foundation, Italian Obesity Network (IO-NET); Italian Society for the Study of Eating Disorders (SISDCA); Italian Society of Alimentary Sciences (SISA), Italian Society of Paediatric Endocrinology and Diabetology (SIEDP), Italian Society of Pediatric Nutrition (SINUPE), Italian Obesity Society (SIO).
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, AdobeStock, Report Rai 3
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
medico nutrizionista
Sono concetti troppo difficili per certe persone. E perciò fanno presa claims del tipo “i nostri prodotti DOP di eccellenza, IL VANTO DEL MADE IN ITALY, (…il rigidissimo disciplinare, bla, bla, bla…) con il Nutri-Score finiscono catalogati come D ed E…….ANATEMA !!!”