Nestlé adotta il Nutri-Score anche in Spagna e Portogallo. Lo ha annunciato lo scorso 11 giugno la multinazionale svizzera, che con l’aggiunta dei due paesi iberici porta a otto il numero di stati in cui l’etichetta a semaforo francese campeggia sui prodotti alimentari e le bevande del gruppo. Nel novembre 2019, infatti, il colosso ne aveva annunciato l’adozione in Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Svizzera.
L’implementazione del logo nutrizionale in Spagna e Portogallo è già partita sui prodotti di alcuni marchi dell’universo Nestlé, tra cui i cereali da colazione Fitness Original, Nesquik Alphabet e Chocapic bio e i sostituiti vegetali della carne Garden Gourmet. Secondo le intenzioni della multinazionale, il Nutri-Score comparirà progressivamente su tutti i suoi prodotti venduti in Spagna e Portogallo entro i prossimi due anni.
Il Nutri-Score è un’etichetta a cinque colori e cinque lettere – dalla A verde alla E rossa – che le aziende possono aggiungere volontariamente sulle confezioni. Ogni prodotto riceve un colore in base al contenuto di zuccheri, grassi saturi, sale e calorie (da limitare) e di fibre, frutta, frutta secca e verdura, e proteine (positivi). Dalla sua approvazione nel 2018, il Nutri-Score è già stato adottato da sei paesi dell’Unione Europea – Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Spagna – e dalla Svizzera, dove è raccomandato dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e veterinaria.
“Con Spagna e Portogallo, avremo 7.500 prodotti Nestlé con il Nutri-Score nel continente” ha dichiarato Marco Settembri, Ceo di Nestlé per Europa, Medio Oriente e Nord Africa. Il colosso svizzero ha espresso il suo supporto per il sistema francese già nell’estate del 2019, dopo il fallimento del tentativo di sviluppare un’etichetta concorrente da parte di un gruppo di multinazionali, di cui, oltre Nestlé, facevano parte Coca-Cola, PepsiCo, Mars, Unilever e Mondelēz. Recentemente, Nestlé si è unita ad altre aziende, associazioni, scienziati ed eurodeputati per chiedere alla Commissione europea che il Nutri-Score diventi obbligatorio in tutta Europa.
Settembri si dice “orgoglioso” dell’implementazione del Nutri-Score anche nei paesi dell’Europa meridionale. Tuttavia non sono stati annunciati piani per l’Italia. Nel 2019, quando l’azienda aveva reso nota l’adozione nei primi cinque paesi europei, Nestlé Italia aveva dichiarato a Il Fatto Alimentare che “l’adozione del sistema Nutri-Score non riguarda, al momento, i prodotti Nestlé commercializzati in Italia, ma solo quelli venduti nei Paesi europei che hanno scelto di promuovere questo sistema di etichettatura nutrizionale”. E come ben sappiamo, l’Italia resta fermamente contraria al Nutri-Score.
Fonte immagini: Nestlé
© Riproduzione riservata
Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Ovvio che una delle industrie madri del semaforino spinga per adottarlo, le multinazionali sono certe di ottenere il “semaforo verde” dall’etichetta che si sono create su misura per i loro prodotti ultratrasformati con addensanti, coloranti, conservanti, emulsionanti, stabilizzanti… per fortuna l’Italia al momento sta ancora resistendo all’assalto, anche se l’attuale emergenza covid ha messo in secondo piano il problema.
Speriamo che passata la buriana riprendano in mano l’ottima etichetta italiana a batteria, estremamente più dettagliata e completa e difficile da manipolare, dandole un po’ di colore per una più facile lettura e stabilendo un peso fisso di riferimento di 100 grammi invece di una “porzione” arbitrariamente decisa dal singolo produttore.
Il Nutri-Score è stato sviluppato da ricercatori in nutrizione e salute pubblica del Gruppo di ricerca in epidemiologia nutrizionale (EREN), di cui fanno parte scienziati di diversi istituti pubblici francesi.
Nestlé ha annunciato l’adozione del Nutri-Score in Francia solo nel 2019, due anni dopo l’approvazione ufficiale in Francia (datata autunno 2017), e inizialmente aveva fatto parte di un consorzio di multinazionali (Coca-Cola, Nestlé, Mondelez, Unilever, PepsiCo e Mars) che aveva cercato di sviluppare un’etichetta a semaforo alternativa, con l’obiettivo di ostacolare la diffusione del Nutri-Score in Europa: quindi Nestlé non può certamente essere definita “una delle industrie madri” del Nutri-Score, non avendo partecipato al suo sviluppo (che è durato diversi anni) ed avendolo adottato solo anni dopo la sua approvazione e la sua diffusione in Francia e altrove.
L’uso dei colori e della misura standard di 100 grammi certamente migliorerebbe l’etichetta a batteria italiana, che così diventerebbe quasi un clone dell’etichetta a semaforo britannica. Tuttavia, sarà improbabile vedere una modifica in tal senso perché le più forti critiche dell’industria e delle istituzioni italiane al Nutri-Score (ma anche al semaforo britannico) sono proprio incentrate sull’uso dei colori (i famigerati “bollini rossi”) e dello standard di 100 grammi, ritenuto irrealistico e penalizzante per alcuni prodotti tipici italiani.
Ogni volta che qualcuno si permette di criticare l’etichetta semaforo vedo immediate levate di scudi e reprimende che fanno subito il contropelo (nell’uovo) al reprobo di turno.
Diciamocelo chiaro una volta per tutte: l’etichetta semaforo è nata da un gruppo di scienziati con le migliori intenzioni di fornire al consumatore un riferimento chiaro e semplice che gli permettesse di capire al volo quali alimenti fossero accettabili, quali criticabili, quali da evitare se possibile.
All’uscita dell’etichetta semaforo tra le industrie è dilagato il panico, da sempre il semaforo significa di fatto sì/no: col verde puoi passare, col giallo e il rosso no, quindi i prodotti industriali non propriamente salutari che avrebbero faticato ad avere il verde sararebbero stati fortemente penalizzati.
Ma, fatta la legge, trovato l’inganno, e l’industria ha subito trovato come sfruttare a suo vantaggio il semaforo, così come come un secolo prima aveva sfruttato l’invenzione di un altro idealista per farci le bombe invece che scavarci gallerie e miniere.
Poco importa quindi che Nestlè o qualsivoglia altra industria non abbia inventato personalmente il semaforo, come le altre multinazionali appena ha capito che era facilmente manipolabile l’ha subito adottato e sponsorizzato, stravolgendone completamente il senso originale.
L’Italia ha cercanto di non cadere nella trappola creando l’etichetta a batteria, che è molto più analitica ed esaustiva, e l’aggiunta del colore per facilitarne la lettura non la renderebbe affatto un clone del semaforo, verniciare di rosso un’auto non la confonde certo col carro dei pompieri, e neppure c’entra col “bollino rosso” che è non è altro che un “semaforo verde” usato al contrario.
Non si capisce poi come lo stabilire il peso a 100 grammi danneggerebbe i prodotti italiani, il riferimento in percentuale è chiaro e non ingannevole, non così il riferimeno a porzioni di pesi diversi: sapendo che su 100 grammi del prodotto X ce ne sono 10 di grasso e sul prodotto Y ce ne sono 15 il confronto è immediato, intuitivo e chiaro, se X riferito a porzione contiene 3,7 e Y 2,9 istintivamente scelgo Y che ha meno grasso… finchè non noto che la porzione di X è 37 grammi e quella di Y 43,5 e mi faccio io i calcoli.
Credo che nutriscore, semafori, batterie, keyhole (il sistema svedese) etc siano tutti sistemi abbastanza inutili per il consumatore e facilmente aggirabili dall’industria. Basta conoscere l’algoritmo che porta all’assegnazione del punteggio o del colore (e sicuramente le industrie lo conoscono) ed è fatta; con piccole variazioni degli ingredienti si passa facilmente dal giallo al verde o dal no al sì. E il consumatore resta imbrogliato (e se non lo fosse, ci penserà qualche trucco dell’ufficio marketing a completare l’imbroglio).
In realtà la soluzione ci sarebbe e consisterebbe nell’adozione della classificazione NOVA, anzi nell’uso all’interno di questa classificazione della categoria “alimento – meglio sarebbe dire prodotto industriale – ultra-processato”. E potrebbe essere facile stabilire quali prodotti meritano questo bollino rosso: quelli con più di 5 ingredienti (o con almeno due ingredienti che nessun consumatore tiene normalmente in cucina).
La mia impressione è che le multinazionali del cibo spingano per il Nutriscore proprio per evitare che a qualche governo venga in mente di adottare il sistema NOVA, l’unico, che io sappia, con prove scientifiche sull’associazione tra aumento del consumo di cibi ultra-processati e aumento del rischio di malattie croniche non trasmissibili (obesità in primis). Immagino che la lobby di Nestlè, Danone etc sia al lavoro da anni per far sì che nessun governo osi proporre un bollino rosso, magari con la scritta STOP!, sui cibi ultra-processati. Ma noi cittadini e consumatori dovremmo invece esercitare la nostra pressione proprio perchè questi cibi ultra-processati siano facilmente riconoscibili, ed evitabili, quando andiamo a fare la spesa.
PS non c’è bisogno di usare le altre 3 categorie del sistema NOVA per bollinare i cibi, perchè gli alimenti così catalogati sono per definizione usabili liberamente in cucina e a tavola.
Gentile Adriano,
indicare in etichetta la classificazione NOVA di un alimento è senza dubbio un’idea molto interessante e potrebbe essere utilizzata anche in combinazione con le etichette a semaforo, visto che valutano due aspetti diversi del prodotto (la NOVA valuta il livello di trasformazione, mentre le etichette a semaforo le caratteristiche nutrizionali), come da qualche tempo il sito e app “decodifica-etichetta” OpenFoodFacts.