Due delle riviste di medicina più importanti al mondo, Lancet e British Medical Journal, attaccano duramente la Fifa per aver ammesso fra gli sponsor e i partner dell’organizzazione dei Mondiali di calcio la Coca Cola, McDonald’s e l’azienda produttrice di birra Budweiser. Secondo Thiago Hérick de Sà, nutrizionista dell’Università di San Paolo e autore dell’articolo pubblicato da Lancet, queste sponsorizzazioni rappresentano un attacco diretto agli sforzi che la comunità medica internazionale sta facendo per combattere l’obesità e promuovere un’alimentazione sana. Focalizzando la sua attenzione sulle relazioni economiche fra Fifa e Budweiser, BMJ stigmatizza l’abbinamento fra eventi sportivi e alcol e si chiede come mai in occasione dei mondiali il Brasile abbia ritardato l’applicazione di un provvedimento che avrebbe imposto tasse più elevate all’esportazione di birra e altre bevande verso il Paese.
Del resto, la vetrina calcistica è un piatto allettante: si stima che, nel 2010, circa 3 miliardi e 200.000 persone abbiano guardato i mondiali alla tv per almeno un minuto. Inoltre, le relazioni fra le aziende che le due riviste mettono sotto accusa e gli organizzatori di grandi eventi sportivi sono ben consolidate. McDonald’s sponsorizza i mondiali di calcio dal 1994; la Coca Cola lo fa dal 1978, ed è partner dei Giochi Olimpici addirittura dal 1928. È poi certo che queste relazioni preoccupano oggi molto di più che un tempo. Secondo l’OMS dal 1980 a oggi gli obesi nel mondo sono raddoppiati, quasi la metà degli adulti oggi pesa più di quanto dovrebbe, e infine l’obesità e il sovrappeso riguardano il 30% dei bambini, con un trend in continua crescita.
Ma l’atto d’accusa riguarda anche le campagne sull’attività fisica promosse dalle aziende sponsor e partner dei mondiali, che avrebbero l’obiettivo di sminuire agli occhi del pubblico l’importanza dell’alimentazione nel determinare l’epidemia di obesità. «La corporation del Big Food spende miliardi per far passare l’idea che l’obesità sia dovuta alla sedentarietà e il loro impegno nel promuovere l’attività fisica con mega sponsorizzazioni è parte della strategia» scrive Thiago Hérick de Sà.
L’invito che gli esperti fanno alla Fifa (e a chi organizza eventi sportivi) è di rinunciare alle sponsorizzazioni da parte di aziende che commercializzano prodotti accusati di favorire l’obesità. Cifre alla mano, non sarebbe neppure un danno economico rilevante: secondo il The Obesity Games, che ha analizzato quanto è accaduto nelle Olimpiadi di Londra del 2010, in quell’occasione le pubblicità legate al cibo spazzatura hanno raccolto solo il 2% del totale delle sponsorizzazioni.
Margherita Fronte
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24