Microplastiche trovate ovunque si cercano, dai fiumi britannici alle montagne svizzere. E si scopre che possono ospitare batteri pericolosi
Microplastiche trovate ovunque si cercano, dai fiumi britannici alle montagne svizzere. E si scopre che possono ospitare batteri pericolosi
Agnese Codignola 15 Marzo 2019Le microplastiche, cioè le particelle di plastica il cui diametro è inferiore ai cinque millimetri, sono ormai ovunque. E la conferma arriva come una doccia fredda ogni qualvolta la si vada a cercare, a qualunque latitudine e nei più diversi tipi di campioni. Gli ultimi in ordine di tempo sono 40 tra laghi, fiumi e bacini britannici, che in uno studio pubblicato su Nature Geoscience, si sono rivelati vere e proprie miniere di plastiche. In particolare, le acque del fiume Tame, vicino a Manchester, contengono 500 mila particelle per metro quadro (nei primi dieci centimetri dalla superficie), equivalenti a mille per litro di acqua, il valore più alto mai trovato al mondo e superiore del 50% al record precedente, stabilito in Corea del Sud. Per confronto, il Tamigi nella zona di Londra ne contiene 80 per litro, il fiume Blackwater nell’Essex 15, e il lago Ulsswater 30.
Lo studio si aggiunge così ad altri pubblicati negli ultimi mesi, tra i quali uno su Scientific Reports, che dimostrava come ogni creatura marina nelle acque antistanti la stessa Gran Bretagna fosse contaminata. Un altro studio, condotto dalla Environment Agency of Austria, mostrava invece la presenza di microplastica nelle feci di volontari residenti in Europa, Giappone e Russia (in media 20 particelle ogni 10 grammi), mentre un altro ancora – pubblicato su Biology Letters – confermava l’esistenza di microplastiche negli insetti. Una ricerca invece le aveva trovate nel suolo delle più (teoricamente) incontaminate montagne svizzere (pubblicato su Environmental Science and Technology), mentre un’altra ha dimostrato la grave contaminazione del fiume Yangtse, in Cina, tra i più inquinati al mondo. Infine un test italiano, condotto dal Salvagente, le aveva scovate nei soft drink.
La domanda più importante, e ancora priva di risposta, è quella relativa alla salute umana, anche se non è l’unica. Non si sa infatti quali siano le conseguenze dell’accumulo nell’organismo di microplastiche, e ci sono timori sia per quanto riguarda un possibile aumento di rischio di tumori sia per gli effetti sui sistemi endocrino, metabolico e riproduttivo.
In attesa di dati certi, un altro studio, pubblicato su Science of the Total Environment accende un faro su un ulteriore aspetto finora meno considerato: il fatto che le microplastiche sono perfette come struttura base per la proliferazione di batteri e di altri microrganismi. Analizzando 275 pezzi di microplastiche, i ricercatori dell’Università di Singapore vi hanno scoperto ben 400 specie di batteri, alcune delle quali note per essere causa di gastroenteriti e altre patologie. Un terzo delle specie identificate sono potenzialmente tossiche (anche per altre specie marine come i coralli) e il 40% teoricamente utili.
Timori analoghi riguardano poi la salute del mare e degli organismi che lo abitano, tutti costretti a incamerare plastiche i cui danni sono conosciuti solo in minima parte. È chiaro che la situazione è molto seria e richiede provvedimenti rapidi e drastici: così la pensano gli autori dei diversi studi, che concludono tutti nello stesso modo, cioè chiedendo norme di legge che restringano l’utilizzo delle plastiche al minimo indispensabile e ne regolamentino severamente lo smaltimento in tutto il mondo.
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Giornalista scientifica
Ma la nostra istituzione europea per la sicurezza alimentare ed ambientale EFSA, dov’era, dov’é e dove sarà
nei prossimi giorni mesi ed anni per richiamare, chiarire, prescrivere e raccomandare l’eliminazione almeno dalla filiera agroalimentare delle plastiche non totalmente biodegradabili?
E’ di questi giorni la decisione di mettere al bando la plastica monouso dal 2021, cosa buona e giusta, a parte che queste manovre sarebbero da rendere più immediate senza sempre posticiparle.
Volevo portare però l’attenzione sul fatto che l’inquinamento plastico più diffuso ed evidente è quello formato da bottiglie di plastica per acqua e bibite (appunto) e infiniti confezionamenti in cui acquistiamo merci al dettaglio, vassoi/ini di polistirolo, flaconi/taniche per saponi, altro (basta vedere le percentuali di tali rifiuti nelle discariche autorizzate o meno).
Ottima cosa togliere le bottigliette d’acqua in favore di recipienti riempibili, ma forse intervento troppo marginale, per quanto riguarda i saponi potremmo fare molto ma molto di più, gia anni or sono nacquero dei franchising di vendita sfusa di saponi e detersivi, provati personalmente, molti adesso sono chiusi, perchè?? forse per il semplice fatto che non erano di qualità soddisfacente, e la gente dopo una prova non li comprava più.
Potremmo invece rendere possibile acquistare sfusi gli stessi detersivi di marca che utilizziamo maggiormente e di comprovata efficacia, ostacolo a tutto ciò è forse che questo virtuosismo rende più laboriosa ed onerosa per i venditori tale gestione, vuoi mettere semplicemente ricevere, stoccare un pallett per poi quando serve metterlo in vendita.
Poi si sa che tutti vogliamo il mondo pulito.., a spese degli altri però!
Anche questo però farebbe la differenza, magari anche favorendone l’utilizzo tramite sconti, riducendo cosi sensibilmente le plastiche libere.
Vorrei far presente ad Ezio di documentarsi adeguatamente, perché EFSA è un bel po’ che si occupa dell’argomento, e poiché EFSA non è un ente di controllo e non ha laboratori, essendo un organo di valutazione indipendente che si basa sulla letteratura scientifica esistente (che sull’argomento è molto carente) ha sollecitato gli operatori, enti di ricerca e di controllo a fornire al più presto dati statisticamente affidabili a tutto campo su cui lavorare.