Sostituti delle bistecche di manzo in micoproteine in una padella di ghisa con aglio, sale e pepe

Mentre il mercato dei sostituti vegetali della carne sembra aver imboccato una china discendente, con vendite in calo e qualche primo fallimento, a causa della reputazione non ottima di questi prodotti e dei prezzi elevati, c’è un altro protagonista che continua a crescere, come alternativa ai prodotti di origine animale: le micoproteine. Grazie alla struttura, che ricorda molto da vicino quella della carne, al sapore neutro, che si presta alle più svariate interpretazioni, alla qualità nutrizionale molto elevata e alla possibilità di coltivarlo in modo sostenibile, secondo molto osservatori saranno la vera sorpresa dei prossimi mesi e anni, soprattutto in Europa. Ne è una conferma indiretta la notizia che l’azienda olandese Enough, ha appena raccolto oltre 40 milioni di euro per raddoppiare la capacità produttiva del suo stabilimento di Sas van Gent, già uno dei più grandi del mondo, e passare da 10mila a 20mila tonnellate all’anno entro il 2025, per poi crescere ulteriormente (per arrivare a 60mila tonnellate).

L’azienda, come tutte quelle del settore, partendo da un fungo di cui non sono note le caratteristiche, produce una sua micoproteina specifica e coperta da brevetto, chiamata Abunda, che può vantare tutti e nove gli amminoacidi essenziali, molte fibre e sali minerali, e può essere impiegata per realizzare sostituti della carne, del pesce e anche dei latticini. Uno degli aspetti più positivi, poi, è che il fungo di origine è alimentato con zuccheri derivanti dagli scarti della fermentazione della birra del vicino stabilimento Cargill, fatto che rende la produzione a spreco zero e quindi estremamente sostenibile. 

Salsicce di micoproteine Adunda - foto: Enough
Enough, azienda produttrice delle micoproteine Adunda per sostituti della carne sta per raddoppiare la sua produzione

Dal punto di vista nutrizionale, a parità di peso, le proteine Abunda sono 15 volte più sostenibili rispetto a quelle del manzo, usano il 93% di acqua in meno, il 97% di input nutritivi in meno, e sono associate a emissioni inferiori del 97% sempre rispetto al manzo. Abunda è già impiegata in alcuni dei sostituti vegetali della carne come quelli della linea The Vegetarian Butcher di Unilever, ma in futuro potrebbero esserci numerosi altri prodotti, tutti a base di micoproteine, per sostituire anche il pesce e i latticini.

Da questo punto di vista, una delle competitrici di Enough (oltre alla veterana Quorn) è la svedese Mycorena, che sta investendo su una nuova categoria di prodotti: gli ibridi carne-micoproteine. A tale scopo ha già stipulato accordi con una catena di distribuzione e, soprattutto, con un produttore di carne. L’idea di fondo è una presa d’atto del fatto che la dieta flexitariana ha successo, perché le persone non vogliono abbandonare del tutto la carne. Non a caso, secondo diverse stime la richiesta, nel 2050, sarà doppia rispetto a quella del 2008, e cioè pari a 460-570 milioni di tonnellate, anche se la consapevolezza dei danni associati agli allevamenti intensivi è in aumento un po’ ovunque. La risposta ai consumatori, secondo Mycorena e non solo, possono essere appunto prodotti in cui, a parità di gusto e consistenza, la percentuale di carne sia molto inferiore al solito, cioè gli ibridi.

Anche Mycorena ha un suo fungo segreto brevettato nel 2019, da cui ricava una ingrediente proteico chiamata Promyc, con il quale dovrebbe realizzare gli ibridi con la carne, da commercializzare entro la fine del 2023, secondo le previsioni. In seguito, dovrebbe proporre nuovi prodotti come il burro a base di Mycolein (sostituto fungino del grasso animale), il cui primo prototipo è stato annunciato circa un anno fa, oppure i sostituti del pesce, cui sta lavorando con Revo Foods, che già produce pesce a base vegetale, per realizzarli con la stampante 3D. L’era delle micoproteine è cominciata.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Enough

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Andrea Zanchi
Andrea Zanchi
26 Settembre 2023 23:50

Non è questa la strada corretta. Bisogna puntare sulla dizione generica ” proteine”, creando abitudine nel consumator, e solo successivamente emanare normative che consentano l’impiego del termine a prescindere dalla reale origine ( funghi..Insetti…e chissà cos’altro). Tranquilli..in nome della ” sostenibilità”, per non essere inseriti nelle liste di proscrizione dei ” nemici del pianeta” c’è anche chi accetterà l’inaccettabille..

Lorenzo
Lorenzo
25 Ottobre 2023 00:34

Anche per me non è la strada corretta e non solo per i rischi di sicurezza alimentare o per questioni normative. Le aziende facciano pure la loro parte se si vuole continuare a fare hamburger ma consumando meno risorse ambientali primarie o inquinando meno ma noi dobbiamo proprio metterci in coda per mangiare cibo brevettato foraggiando le casse della grande finanza oppure possiamo mangiare funghi, alghe, vegetali prodotti liberamente da aziende vicine che magari si prendono anche cura del nostro territorio?
Bah.. Io non capirò mai..