Cambiamenti climatici, acqua, cibo, settore agroalimentare e dieta sono le parole chiave che emergono da un recente studio dell’Università di Siena. I risultati dell’indagine sono stati presentati il 17 giugno a Roma nell’ambito del convegno “Lo sviluppo sostenibile: didattica, ricerca e innovazione nel campo agroalimentare per l’agenda 2030”, organizzato dalla Sapienza Università di Roma, FAO e Segretariato di PRIMA. Il report pone l’attenzione sul crescente divario tra i paesi del nord e sud del Mediterraneo, nel breve (2020) e lungo periodo (2030), dipingendo le forti differenze tra le due macro aree per la gestione delle risorse idriche, i sistemi di allevamento e la sostenibilità agroalimentare. Si sottolinea altresì il ruolo chiave dei cambiamenti climatici e le sfide relative alla nutrizione.
Lo studio è stato realizzato nell’ambito di PRIMA (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area) il programma che promuove la ricerca e l’innovazione nel settore agroalimentare e idrico della regione, coinvolgendo 19 paesi del Mediterraneo. Agli 11 Stati membri dell’UE (Cipro, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovenia, Spagna) si aggiungono Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Marocco, Tunisia, Turchia. L’indagine, coordinata da un gruppo dell’ateneo senese condotto da Pierangelo Isernia e Angelo Riccaboni, presidente della Fondazione Prima, ha coinvolto 79 esperti, da settembre 2017 a ottobre 2018, che hanno contribuito alle stime sulle tematiche di interesse.
Sono tre i principali risultati:
- Gli esperti convergono sul fatto che nel sud si assisterà ad un aumento della pressione sulle risorse idriche rinnovabili, dell’uso di fertilizzanti e dell’energia elettrica in agricoltura, nonché dell’impronta ecologica e delle conseguenze di un’alimentazione non equilibrata. La pressione sulle risorse idriche rinnovabili dovrebbe aumentare anche nel nord.
- Un ruolo chiave nel futuro di entrambe le sponde del Mediterraneo lo giocheranno i cambiamenti climatici. Le conseguenze di tali processi rischiano di avere un impatto drammatico sui mezzi di sostentamento dei cittadini nell’intero bacino, non solo in termini di sicurezza ambientale ma anche dal punto di vista socio-economico, a causa di carestie, migrazioni e conflitti.
- Le sfide relative alla nutrizione eserciteranno nel breve periodo una crescente pressione sia a sud che a nord del Mediterraneo. L’abbandono della dieta mediterranea, riconosciuta come un modello sano e sostenibile, a favore di una dieta più ricca di carni rosse, carboidrati raffinati, grassi, zuccheri e alimenti ultra trasformati, comporta profonde implicazioni per le prospettive di salute delle popolazioni mediterranee.
Oltre che segnalare una crescente divergenza dei modelli di sviluppo sostenibile tra nord e sud, la ricerca fornisce ai governi una serie di raccomandazioni strategiche e politiche per risolvere le sfide ambientali, sociali ed economiche: migliorare la salute pubblica e la consapevolezza alimentare attraverso l’istruzione scolastica, porre fine all’uso di antibiotici negli allevamenti su animali sani per prevenire malattie infettive, creare opportunità di occupazione nel settore agricolo per i giovani, coinvolgere gli agricoltori nell’uso di nuove tecnologie per migliorare l’efficienza in agricoltura e aumentare le sinergie tra operatori del settore agricolo e ricerca scientifica.
«La ricerca – afferma Riccaboni – conferma le grandi sfide e le enormi opportunità che caratterizzano l’area del Mediterraneo. Analisi di scenario come quelle condotte possono aiutare l’individuazione di strategie di lungo termine e politiche efficaci per la creazione di società più inclusive e prospere. PRIMA, in sinergia con i molti attori interessati, vuole offrire il proprio contributo nella riflessione sulle trasformazioni necessarie nel settore agri-food».
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