60 milioni di mascherine filtranti sequestrate in tutta Italia perché “non conformi alle normative vigenti e pericolose per la salute”. Così le ha definite la Guardia di Finanza che, su ordine della Procura della Repubblica di Gorizia, il 30 marzo ha eseguito il provvedimento di sequestro dei dispositivi di protezione fuori norma, destinati al personale sanitario.

Le mascherine sequestrate rappresentano quanto rimane dei lotti risultati “del tutto carenti dei requisiti necessari per essere considerati dispositivi di protezione”, fa sapere la GdF. Le analisi di laboratorio precedenti ai primi sequestri, spiegano i Finanzieri, hanno evidenziato che “il coefficiente di penetrazione di questi dispositivi è decisamente superiore agli standard previsti.” Inoltre, “in alcuni casi, infatti, la capacità filtrante è risultata essere addirittura 10 volte inferiore rispetto a quanto dichiarato, con conseguenti rischi per il personale sanitario che le aveva utilizzate nella falsa convinzione che potessero garantire un’adeguata protezione.

The Hand holding the mask (KN95 or N95 mask for protection pm 2.5 and coronavirus, COVID-19) up in the sky. Virus spread around the world. pandemic virus. Hope for vaccine or treatment concept.
La Guardia di Finanza ha sequestrato 60 milioni di dispositivi di protezione non a norma destinati al personale sanitario

Queste mascherine, fa sapere la GdF, sono quanto resta di forniture di circa 250 milioni di pezzi, ereditate dalla precedente gestione della struttura per l’emergenza. Le forze dell’ordine stanno inoltre acquisendo presso Invitalia la documentazione utile per ricostruire la catena di approvvigionamento, verificare quante mascherine della stessa tipologia siano state impiegate e siano ancora in uso, e stabilire eventuali responsabilità.

Pochi giorni prima, il 26 marzo, è arrivato anche un nuovo stop per le mascherine U-Mask. La Direzione generale dei Dispositivi medici e del Servizio farmaceutico del ministero della Salute ha disposto il divieto di immissione in commercio e ritiro dal mercato della nuova versione delle U-Mask, il modello 2.1. La decisione è arrivata in seguito agli esiti operativi forniti dai Nas di Trento.

Dopo lo stop per il modello 2.0 di febbraio 2021, si legge in un comunicato, la nuova versione era stata registrata presentando un nuovo fascicolo tecnico come dispositivo medico di categoria I tipo 2R, quindi potenzialmente utilizzabile all’interno di contesti sanitari, per limitare la trasmissione di agenti infettivi fra operatori e pazienti. Tuttavia, l’esame della documentazione tecnica “non dimostra l’effettivo possesso da parte del prodotto dei necessari ed essenziali requisiti tecnici quali la capacità di mantenere inalterate le prestazioni del filtro intercambiabile (refill) fino a 200 ore di utilizzo, la biocompatibilità e la pulizia microbica del prodotto.

Il ministero della Salute ha disposto il divieto di immissione in commercio e il ritiro del nuovo modello di mascherine U-Mask

Il provvedimento del ministero della Salute si muove di pari passo con i risultati delle indagini dei Nas di Trento, coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano, che nelle ultime settimane hanno verificato la filiera produttiva del nuovo modello delle U-Mask. Le forze dell’ordine hanno accertato che “rispetto al modello precedente, nonostante fosse stato sostituito uno dei tessuti interni del filtro intercambiabile al fine di ottenere migliori performance di filtrazione batterica (BFE), il prodotto non aveva effettivamente superato il test di pulizia microbica (BIO BURDEN), per il quale l’azienda aveva fatto riferimento ad un certificato rilasciato dall’Università di Bologna sul precedente modello di mascherina”.

Inoltre, nel corso di una perquisizione, “è stato individuato, nella periferia di quel capoluogo, un magazzino anonimo e non indicato fra le unità produttive dell’azienda, nella disponibilità di un cittadino rumeno, rinvenendo e sequestrando oltre 3 tonnellate di merce, per un valore commerciale stimato in 5 milioni di euro, tra cui 50.000 confezioni complete di mascherine U-MASK mod. 2 e 2.1, 100.000 ricambi e materiale vario per il confezionamento (buste, etichette, sigilli di garanzia).” L’ipotesi in corso di approfondimento, fanno sapere i Nas, è che “il vecchio prodotto (modello 2.0) fosse riconfezionato con il nuovo packaging esterno di U-Mask model 2.1.” L’azienda produttrice ha reso noto di aver fatto ricorso al Tar contro la decisione del ministero della Salute

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