Studio portrait of young ill man, trying to put on, medical flu mask on yellow background mascherine

I dispositivi di protezione individuale per tutta la popolazione, cioè le mascherine chirurgiche e Ffp2, non contengono sostanze nocive tali da avere effetti tossici, se usate secondo le istruzioni. Tuttavia ci sono diversi aspetti da chiarire, ed è quindi opportuno, in attesa che ciò accada, adottare qualche precauzione. Nel frattempo, sarebbe necessario intensificare gli studi per avere una visione più dettagliata di tutti i punti ancora oggetto di dubbio. È questo, in sintesi, il messaggio che emerge da due comunicati pubblicati nello stesso giorno dall’Agenzia francese per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses), uno dedicato alle mascherine chirurgiche, l’altro alle Ffp2.

Per quanto riguarda le chirurgiche, l’agenzia ha condotto una ricerca sui campioni prelevati dalla Direzione generale per la concorrenza, il consumo e la repressione frodi in dozzine di rivendite al grande pubblico durante il 2020 e il 2021, con lo scopo di verificare l’eventuale presenza di sostanze tossiche inalate o assorbite per contatto con la pelle. Il risultato è stato che nella maggior parte di esse ci sono diossine, furani, PCB-DL (cioè policlorobifenili simili alle diossine) e composti organici volatili. Le concentrazioni non sono tali da destare preoccupazione, anche se, per il poco tempo concesso, non sono state condotte prove di rilascio.

Nelle mascherine chirurgiche sono state spesso rilevate sostanze chimiche, ma il rischio per le persone è basso secondo l’Anses

Sulla provenienza di queste sostanze è possibile, per ora, solo formulare ipotesi: non vengono aggiunte in nessuna fase della lavorazione, e potrebbe quindi trattarsi di contaminazioni durante il processo, oppure delle materie prime. In attesa che si chiarisca meglio la situazione, l’agenzia invita i fabbricanti e i rivenditori a condurre test per controllare la concentrazione delle sostanze rilasciate, e a porre particolare attenzione all’origine dei materiali, soprattutto per quanto riguarda il polipropilene – componente principale delle chirurgiche – riciclato. Inoltre, i produttori dovrebbero rendere noti i coloranti utilizzati (è già stato dimostrato che molti tipi di mascherine rilasciano nell’acqua sostanze di vario tipo, compresi i coloranti e quindi sarebbe meglio usare le mascherine bianche e di provenienza certificata) e le caratteristiche delle parti metalliche, affinché sia possibile condurre ricerche specifiche, così come dovrebbe essere resa obbligatoria l’indicazione, sull’esterno delle confezioni, degli eventuali allergeni presenti.

Per quanto riguarda le Ffp2, la domanda posta all’Anses, in questo caso, riguardava la presenza di grafene, non approvato in Europa come biocida (sostanza in grado di uccidere i microrganismi) ma dotato di proprietà di questo tipo. Dopo il ritiro nello scorso aprile, da parte delle autorità canadesi, di tutte le Ffp2 al grafene presenti sul mercato per i dubbi relativi alla possibile inalazione dello stesso, all’accumulo e a eventuali tossicità a lungo termine, anche la Francia ha voluto vederci più chiaro. Anche perché quel tipo di mascherina è distribuito soprattutto al personale sanitario, che le indossa per molte ore consecutive. 

L’Anses raccomanda di non utilizzare mascherine Ffp2 con grafene

Al momento, afferma l’Anses, non ci sono dati che giustifichino l’allarme (in effetti rientrato, in Canada, qualche settimana dopo, quando i produttori ahanno fornito elementi di valutazione supplementari). Tuttavia, la realtà è che mancano i dati in generale sulla tossicità del grafene a lungo termine, in questo tipo di utilizzo, e in particolare sulla tipologia e la provenienza del materiale impiegato dai produttori, anche perché non c’è alcun obbligo di fornire quel tipo di informazioni. 

Per il momento, quindi, l’agenzia sconsiglia l’utilizzo di mascherine contenenti grafene, e ricorda che è responsabilità dei produttori fornire materiali sicuri, a maggior ragione quando destinati al personale sanitario. Inoltre sottolinea anche come, in Europa, non sia ammesso pubblicizzare il grafene come biocida: ogni prodotto contraddistinto da questo tipo di pubblicità dovrebbe essere ritirato, come accade in Francia.

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