gusto, donna con espressione disgustata

Per alcuni i pranzi e le cene in compagnia sono un vero incubo, al punto che decidono di evitare la socialità. Sono i parosmici, coloro che soffrono di distorsioni olfattive come postumo del Covid, in alcuni casi senza alcun progresso dopo mesi o anni dai primi sintomi. La perdita dell’olfatto (anosmia) e quella, più rara, del gusto (ageusia) caratterizzano l’infezione da Sars-Cov-2 al punto che, soprattutto con le prime varianti del virus (dopo il fenomeno si è attenuato), erano considerate marcatori infallibili della malattia e interessavano circa il 65% di chi era stato infettato. Ma la parosmia, che si manifesta in genere tre settimane dopo l’infezione, è qualcosa di diverso e associato solo in parte (in un caso su due) all’anosmia: è una delle manifestazioni del cosiddetto Long Covid, la sindrome post virale che colpisce non meno di un infettato su dieci. 

Fin dai primi mesi, soprattutto attraverso i social media, hanno iniziato a fare la loro comparsa testimonianze drammatiche di persone che soffrivano di distorsione olfattiva o, più raramente, che sentivano odori inesistenti (fantosmia), perché il sovvertimento delle esperienze olfattive cui erano abituate aveva pesanti ripercussioni sulla qualità della vita, ed era qualcosa di inedito, inspiegabile e angosciante: tra i parosmici, non a caso, i tassi di ansia e depressione sono altissimi. Poi il fenomeno è stato riconosciuto, ma i passi in avanti sono stati assai modesti.

Tra gli alimenti percepiti come disgustosi (le definizioni variano da animale morto e irrancidito a muffa, da rifiuto sanitario a fogna o vomito) vi sono la carne, i formaggi, il caffè, l’acqua, le uova, l’aglio, e molti altri cibi del tutto normali, ed è quindi evidente che un banchetto natalizio può essere un incubo assoluto. Ma le persone colpite da parosmia hanno difficoltà a spiegare che cosa sentono e l’intensità del disgusto, e per questo possono tendere a isolarsi.

Outdoor portrait of woman looking at fast food hamburger and soda with disgusting emotion
Alcune persone, dopo l’infezione da Covid-19, hanno iniziato a soffrire di parosmia, una distorsione del senso dell’olfatto

Uno dei problemi è che, fino a prima della pandemia, si sapeva pochissimo su questo fenomeno, che colpiva in rarissimi casi, per esempio, persone con un tumore cerebrale. Di conseguenza, non c’erano quasi terapie. Oggi la situazione non è molto diversa, ma con la pandemia sono nati numerosi gruppi di supporto, il più famoso dei quali è il britannico AbScent, che oggi conta più di 22mila aderenti e fornisce consigli su come rieducare l’olfatto (essenzialmente, con lunghe e costanti sedute di esposizione a certi aromi).

Negli ultimi giorni, poi, è stato pubblicato, su Science Traslational Medicine, uno studio della Duke University che inizia a chiarire cosa succede e, di conseguenza, a indicare la direzione verso cui guardare per mettere a punto una cura. I ricercatori hanno infatti analizzato 24 biopsie nasali, di cui nove di persone che soffrivano di perdita dell’olfatto a lungo termine in seguito a Covid, e hanno scoperto che quei tessuti sono infiltrati da un elevato numero di linfociti. L’infiltrazione, segno di una potente risposta immunitaria, ha almeno due tipi di conseguenze: induce uno stato infiammatorio cronico e causa indirettamente la morte di numerosi neuroni olfattivi. La buona notizia è che il nervo olfattivo sembra integro (infatti i parosmici sentono gli odori, ancorché distorti). Il quadro assomiglia molto a quello di una reazione di tipo autoimmunitario, già ipotizzata in numerosi altri studi che stanno cercando di capire cosa sia, dal punto di vista biologico, il Long Covid.

Gli esperti consigliano di preferire cibi leggeri e neutri, come riso, pasta, pane non tostato, yogurt bianco e verdure al vapore

In attesa di giungere a una terapia, ci sono comunque alcuni consigli che possono aiutare i parosmici:

  • Mangiare cibi a temperatura ambiente o freddi;
  • Evitare i cibi fritti, le carni arrostite, le cipolle, l’aglio, le uova, il caffè e il cioccolato, che sono tra i trigger più potenti;
  • Preferire cibi leggeri e dal sapore relativamente neutro come riso, pasta, pane non tostato, yogurt bianco e verdure al vapore;
  • Ricorrere alle spezie per mascherare gli odori spiacevoli;
  • Se le difficoltà sono gravi, ricorrere ai frullati proteici non aromatizzati;
  • Pensare a se stessi come a qualcuno che soffre di una grave allergia alimentare (per evitare di sentirsi esclusi).

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Giorgio D.A.
Giorgio D.A.
12 Gennaio 2023 16:34

Non esiste letteratura scientifica che possa validare l’esistenza del Long Covid, è una ipotesi che trova detrattori e sostenitori.

Lo studio citato, basato su ben 24 biopsie e non revisionato, non ci dice se i soggetti fossero stati “vaccinati”. Dovrebbe essere sufficiente perchè lo studio non venga mai validato, campione modestissimo e non rappresentativo di realtà differenti.

Una delle ipotesi accreditate sul Long Covid è che la terapia a mRNA, che istruisce il sistema immunitario alla creazione della proteina spike, quella che causava l’infiammazione diffusa alla vie respiratorie che conduceva alla morte, non abbia un interruttore che dica “ora basta”.
Oppure il timer non funziona correttamente e l’organismo continua a produrre spike per tempi molto oltre il previsto, causando un blando Covid per periodi lunghi.

È accaduto qualcosa di simile con la farmacocinetica del preparato, che avrebbe dovuto restare nella sede di inoculazione per pochi giorni ed è invece stato ritrovato anche nel latte materno a mesi di distanza.

Spero che chi abbia ancora problemi ne esca presto e possa trarre giovamento dai consigli