Ogni 10 secondi muore una persona a causa dell’alcol. Sono 3 milioni di persone ogni anno, il 5% di tutti i decessi. Eppure le regolamentazioni sul marketing delle bevande alcoliche, quando sono presenti, non vengono fatte rispettare con sufficiente forza. È questa la denuncia dell’Oms, che lo scorso 10 maggio ha pubblicato il documento “Ridurre i danni causati dall’alcol – regolando il marketing, la pubblicità e la promozione trasfrontaliera: un rapporto tecnico” in cui descrive come i produttori di alcolici riescono ad aggirare le norme dei singoli paesi sfruttando la rete, i social network e il product placement per promuovere i propri prodotti, soprattutto tra giovani e donne. Anche se l’alcol è una delle sostanze psicoattive più dannose per la salute globale, nei paesi dove il consumo è più diffuso i controlli su marketing e commercializzazione sono irrilevanti rispetto a quelli dedicati ad altre sostanze, mentre le popolazioni più a rischio, come i minori, non vengono adeguatamente tutelate.
Secondo il rapporto quasi la metà dei Paesi nel mondo non dispone di regole sul marketing dell’alcol riguardanti annunci in rete e sui social. Tra questi, spiega l’Istituto superiore di sanità, c’è anche l’Italia, dove l’assenza di norme consente la promozione di bevande alcoliche rivolta anche ai minori. Altre strategie adottate dai produttori sono la sponsorizzazione di eventi sportivi, e-sport compresi, e il product placement in film e serie tv. Tra i 100 film americani con i maggiori incassi usciti tra il 1996 e il 2015, quasi la metà mostrava bevande alcoliche riconoscibili. E anche nelle fiction italiane la presenza di alcolici è sempre più frequente. In questo modo, spiega l’Iss, si normalizza il consumo di alcol anche tra i minori a cui, contemporaneamente vengono dedicate campagne sul ‘bere responsabile’ che sono inadeguate per l’età e basate su un messaggio da tempo noto per la sua inefficacia sulla prevenzione.
Se i giovanissimi sono il bersaglio degli eventi sportivi sponsorizzati e del product placement in film e serie, un altro importante target dell’industria dell’alcol sono le donne, che tradizionalmente ne consumano molto meno degli uomini e quindi sono considerate un’opportunità di espansione del mercato. Per farlo, i produttori utilizzano campagne pubblicitarie che mostrano l’alcol come simbolo di emancipazione e organizzano iniziative a supporto di temi di interesse femminile, come il cancro al seno e la violenza domestica. Scelte paradossali, considerando che l’alcol è cancerogeno e il suo abuso può scatenare episodi di violenza.
In assenza di regole, il marketing delle bevande alcoliche bersaglia anche le persone con dipendenza dall’alcol, che comunicano un forte bisogno di bere quando vedono pubblicità di questi prodotti. Queste persone, invece, dovrebbero essere tutelate nei loro percorsi di astensione e invece si ritrovano esposte alle promozioni di alcolici senza possibilità di evitarle.
Secondo uno studio dell’Oms pubblicato nel 2018, la maggior parte dei paesi ha qualche forma di restrizione sul marketing dell’alcol, ma riguardano solo i media tradizionali, mentre regolamentazioni per internet in generale e i social media in particolare sono presenti in meno della metà delle nazioni. Il rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità si conclude con un appello ai governi per una migliore regolamentazione del marketing e della commercializzazione transfrontaliera dell’alcol, come è stato fatto in passato per il tabacco, salvando vite umane in tutto il mondo.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.