La lettura dell’articolo “Il ministro Brambilla, con Veronesi e Hack presentano un manifesto contro gli allevamenti: ingenuità o disinformazione?”, a firma di Dario Dongo, mi suscita alcune immediate osservazioni.

 

1) Fa benissimo l’autore a ricordare la stringente normativa europea che traccia rigidi paletti per definire i confini del welfare animale. Che a ribadirne l’esistenza sia il direttore generale di Assocarni, tuttavia, mi pare una mossa abbastanza superficiale. Avrei preferito sentire la voce di qualche organismo di controllo indipendente che dicesse che in Italia (o in Europa) quella normativa è effettivamente ben rispettata.

 

2) Non capisco perché promuovere una dieta vegetariana proponendone gli effetti salutistici, come fa Veronesi, sia un atteggiamento “parziale e ansiogeno”. Vero che l’introduzione della carne ha rappresentato un elemento importantissimo nel benessere delle popolazioni occidentali a partire in particolare dall’ultimo dopoguerra, ma intanto sono passati 60 anni e molte condizioni, (sempre nel ricco mondo occidentale) sono cambiate. E’ vero, la dieta vegetariana richiede una particolare attenzione, ma ogni regime alimentare le dovrebbe richiedere. Eppure non si dice mai a un carnivoro di stare attento a non esagerare con lo stesso tono paternalistico e giudicante che i non vegetariani usano nei confronti di chi sceglie di non mangiare carne e pesce. Tra l’altro, un’alimentazione vegetariana controllata è assolutamente praticabile, senza alcun rischio, anche per i bambini piccoli. E lo dicono pure molti pediatri che vegetariani non sono.

 

3) La conclusione è la parte più sconcertante. Non dovrei fermarmi a pensare al benessere degli animali per rispetto di quel miliardo di persone che patisce la fame? Significa presupporre che io abbia un cervello (e un animo) talmente piccoli da non poter contenere entrambi i pensieri, cosa che francamente trovo offensiva. Scegliere un’alimentazione vegetariana per motivi etici non significa affatto ignorare il peso di altre questioni, né attribuire scale di valore alle esistenze. Ci si può preoccupare (e occuparsene anche molto fattivamente) di popolazioni devastate dalla fame e dallo sfruttamento, e allo stesso tempo decidere che oggi ci sono le conoscenze, le opportunità e le occasioni per non mangiare animali (e vivere bene).

 

Valentina Murelli

 

Ti ringrazio per il contributo al dibattito, molto apprezzato, e provo a rispondere ai Tuoi stimoli:

 

1) nello scrivere “in volata” il mio commento al manifesto dell’Armata Branca-Brambilla mi sono rivolto a Francois Tomei in quanto professionista del settore che conosco da una decina d’anni e stimo molto. Ho fiducia in lui come nella legislazione europea richiamata. Avessi avuto più tempo avrei potuto intervistare anche un veterinario pubblico o altri, ma non penso avrebbero aggiunto granché.

 

2) non sono un esperto eppure ritengo che la scelta di rinunciare alle proteine d’origine animale – anche solo ad alcune di esse – richieda una particolare attenzione, soprattutto nella fase della crescita. Non mi sentirei tranquillo nel privare i miei figli degli alimenti in questione e ringrazio di poterne disporre. Credo invece nel valore di un’alimentazione varia ed equilibrata, come ampiamente raccomandata dalla società scientifica.

 

3) sconcertante è per me la tragedia di 12 milioni di esseri umani a rischio di vita in Corno d’Africa, tra cui molti bambini. Pochi se ne interessano, pochissimi fanno qualcosa di utile. Mi sento personalmente responsabile di ciò, una scala di valori esiste e la vita umana è al gradino più alto. Mi duole l’indifferenza dei nostri politici di ogni schieramento, di cui Brambilla Veronesi e Hack costituiscono variegata espressione.

 

Dario Dongo