La lista dei 120 negozi che hanno venduto il sesto lotto di frutti di bosco “Green Ice” contaminati dall’epatite A in 4 regioni. Il Ministero non dà la notizia
La lista dei 120 negozi che hanno venduto il sesto lotto di frutti di bosco “Green Ice” contaminati dall’epatite A in 4 regioni. Il Ministero non dà la notizia
Roberto La Pira 7 Novembre 2013Il 16 ottobre 2013 Auchan riceve una lettera (vedi al lato) da parte dell’azienda Green Ice che invita a ritirare dagli scaffali i frutti di bosco surgelati “Bosco Buono” (lotto numero 13059 con termine minimo di conservazione gennaio 2015) perché contaminato dal virus dell’epatite A.
Auchan – una delle poche catene di supermercati che pubblica la lista dei prodotti ritirati in rete – avvisa i punti vendita nei quali viene esposto un cartello per avvisare la clientela.
Questa stessa lettera dovrebbe essere stata arrivata anche a centinaia di piccoli e grandi negozi e supermercati che avevano ricevuto e posto in vendita quel lotto. Anche loro avrebbero dovuto ritirare le confezioni ed esporre un cartello per informare i clienti. Non sappiamo se questo sia stato fatto anche perché probabilmente nessuno fa dei controlli. La cosa certa è che la lista dei negozi interessati esiste ma il Ministero della salute non ritiene utile diffonderla, anche quando si tratta di un problema molto serio come un’ipotetica contaminazione da botulino.
Il Fatto Alimentare a distanza di 20 giorni è in grado di pubblicare la lista dei 120 negozi (in allegato) situati nel Nord-Est che hanno ricevuto e in parte venduto i frutti di bosco contaminati. Non abbiamo notizie dalle altre Regioni. L’altro aspetto paradossale di questa storia, è che il Ministero della salute non riporta la notizia di questo ennesimo lotto ritirato.
È lecito chiedersi come mai il servizio di allerta rapido del Ministero collegato al sistema Rasff europeo non abbia ancora pubblicato la notizia di questo nuovo allerta aggiornando una lista che si allunga ogni giorno di più. Il problema non è irrilevante, visto che i consumatori colpiti dal virus dell’epatite A per avere mangiato frutti di bosco sono ormai 700 e aumentano ogni giorno. I motivi di questa scarsa tempestività sono difficili da comprendere.
Nella lista troviamo piccole catene e piccoli negozi come: DS 1 e DS 2, ES 1 e ES 2, ES 4, IP 2 e IP 4, Solemarket, Tridente… situati in grandi e piccoli centri in un’ampia area eografica che va da Bolzano a Vicenza, da Bologna a Trento, da Padova a Ravenna, da Verona a Trieste…
Sara Rossi
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
a torino non c’è più pericolo?
Non lo sappiamo, io in ogni caso li sottoporrei a cottura sempre almeno fino a quando non cessano le allerta.
Ho notato che i produttori coinvolti nel richiamo sono aumentati, a questo punto voglio fare una domanda:
Se i frutti contaminati dal virus fossero stati utilizzati anche per produrre le classiche “marmellate ai frutti di bosco”, suppongo che sarebbero coinvolte anche altre aziende ma, nel produrre le marmellate, questo virus resiste o viene annientato ? grazie
il virus viene inattivato alle alte temperature e le marmellate notoriamente vengono cotte .
Il Ministero ha fatto il suo dovere indicando il modo di trattare il prodotto precauzionalmente prima del consumo. L’obbligo di ritiro e avvertire i consumatori CON OGNI MEZZO ADEGUATO ALLO SCOPO in relazione alla gravità del pericolo (anche radio e televisione) nonché la rete di vendita individuata attraverso il sistema di tracciabilità obbligatorio, e di indicare il lotto da rendere al punto vendita ed al produttore (o al venditore responsabile in ambito CE )è di quest’ultimo. La norma è chiara ed indica le responsabilità di ciascun attore della filiera alimentare. Smettiamo di far confusione !!
In aggiunta al mio precedente commento devo osservare che ci troviamo davanti ad un pericolo potenziale che riguarda una matrice evidentemente eterogenea, dove il problema riguarda frazioni randomizzate di prodotto (probabilmente solo una parte delle confezioni). I controlli utili si possono fare solo a monte con piani di campionamento adeguati e soprattutto con la ricerca, individuazione, ed eliminazione delle cause alla fonte. Fare prevenzione all’origine è il compito principale di chi confeziona e mette in commercio, e deve risultare dal piano di autocontrollo obbligatorio.
Per la catena alimentare verso il consumo ci troviamo in situazione analoga a quella del latte crudo, in cui il Ministero della salute ha dato il suggerimento al consumatore su come (bollitura) prevenire l’eventuale pericolo.