verdura mercato

Woman at the food marketProponiamo ai nostri lettori un interessante articolo pubblicato sul sito dell’Accademia dei Georgofili a proposito della nuova legge italiana che dà maggiore spazio e visibilità alle colture e ai prodotti venduti in prossimità del territorio di origine. La nota è firmata da Giovanni Ballarini che, pur ritenendo interessante la norma, ne evidenzia alcuni limiti.

Molto si è parlato di alimenti a chilometro zero, a filiera corta e di cibi locali, tanto che negli Stati Uniti, per chi mangia locale, è stato coniato il termine che in italiano suona come ‘locavoro’ o ‘localivoro’. Oggi in Italia vi è anche una legge (17 maggio 2022 n. 61): ‘Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta’, vigente al 26-6-2022. La legge precisa che sono considerati a chilometro zero gli alimenti prodotti o pescati nel raggio massimo di 70 chilometri o provenienti dalla stessa provincia e nella Filiera corta gli alimenti devono arrivare al consumatore al massimo attraverso un intermediario.

pesticidi
Scopo della legge è premiare le politiche trasparenti e sostenibili che intendono valorizzare e promuovere i nostri territori e i loro prodotti

I prodotti così definiti potranno avere un logo e particolari spazi di vendita. Scopo della legge è premiare le politiche trasparenti e sostenibili che intendono valorizzare e promuovere i nostri territori e i loro prodotti, salvaguardando il consumatore e il suo diritto a essere informato. Ma quale potrà essere la reale efficacia e, soprattutto, la dimensione del mercato oggetto della legge? Domanda non oziosa e che ha indotto Andrea Shea, una giornalista americana, a provare a vivere una settimana come ‘localivora’ integrale con risultati pubblicati nel maggio 2022 (“I tried to eat 100% local food for a week. Here’s what I learned”) poi ripresi e diffusi dal Mit Daily del prestigioso Massachusetts Institute of Technology (29 giugno 2022).

Nella sua ricerca la giornalista ha a disposizione 115 Usd circa la metà della spesa alimentare settimanale per una famiglia di due persone del Massachusetts, e considera locale il cibo prodotto in un’area molto maggiore di quella italiana (70 chilometri): diametro di 200 miglia (321 chilometri) considerando che il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti definisce locale quello che viaggia per meno di 400 miglia (643 chilometri), mentre gli americani ‘localivori’ hardcore considerano locale quello prodotto non più lontano di 100-150 miglia (170 – 241 chilometri). Nella sua ricerca la giornalista è costretta a eliminare moltissimi alimenti, per esempio caffè, avocado, salmone, limoni, noci, barrette proteiche, olio d’oliva e gran parte dei condimenti e prodotti della dispensa (sale, pepe, senape, pasta, riso, aceto) e tanti altri alimenti, che anche in parte non sono locali, e moltissimi preparati dalle industrie. Per questo la giornalista al quarto giorno si trova in una situazione critica ed è costretta a ricorrere a quella che chiama ‘l’Eccezione Marco Polo’ dei ‘localovori’ che si permettono di acquistare cibi quali il sale, il caffè, l’olio, l’aceto e le spezie che Marco Polo avrebbe potuto portare a casa dalla Cina su un’imbarcazione non refrigerata. La giornalista termina la sua esperienza concludendo che mangiare locale eco-consapevole è molto più difficile di quanto si possa pensare, a meno di non applicare ‘l’Eccezione Marco Polo’ e cioè inserire nella propria alimentazione anche qualche alimento non locale.

mercato delle spezie in Medio Oriente
‘L’Eccezione Marco Polo’ consente di acquistare cibi quali il sale, il caffè, l’olio, l’aceto e le spezie che Marco Polo avrebbe potuto portare a casa dalla Cina

Con la nuova legge in Italia l’alimento locale e la filiera corta identificano una politica economica o commerciale che predilige l’alimento prodotto entro un territorio circoscritto e con una distribuzione diretta secondo un concetto “dal produttore al consumatore” in contrapposizione all’alimento globale. Come si vede, i due concetti di chilometro zero e di filiera corta non fanno alcun riferimento alla sicurezza e alla qualità dell’alimento, se non forse alla sua freschezza e soprattutto, salvo alcuni ortaggi, hanno una grande limitazione di applicazione in particolare nelle città di grandi e medie dimensioni, come dimostra anche l’esperienza della giornalista americana. Inoltre i termini locale, localismo e quindi anche ‘localivoro’ non devono essere fraintesi come sinonimo di qualità e hanno solo significato di un cibo prodotto vicino alla nostra residenza, nei dintorni più o meno ampi della nostra città, grande o piccola che sia.

Fino a metà del secolo scorso gran parte, se non la totalità, dell’alimentazione italiana era di tipo locale, quindi anche stagionale, quando imperversavano fame, denutrizione, malattie da carenze proteiche e vitaminiche in una popolazione di bassa statura e con corta vita media. Con l’arrivo delle ferrovie e di efficienti trasporti su strada, dell’industrializzazione e di una grande distribuzione il mercato alimentare è cambiato e adesso possiamo trovare sulla nostra tavola cibi che in tempi brevissimi arrivano da lontano e anche esotici (come nel passato erano la melanzana, patata e pomodoro), prodotti extrastagionali e soprattutto prodotti in ambienti pregiati, anche se distanti di qualche centinaio di chilometri.

Con l’arrivo di trasporti più efficienti, dell’industrializzazione e di una grande distribuzione, possiamo trovare sulla tavola anche cibi esotici

Il superamento del localismo alimentare è avvenuto per molte ragioni, portando notevoli vantaggi ai consumatori e ai produttori. Ora il localismo alimentare è divenuto un fenomeno d’élite in una falsa percezione che fa ritenere migliore il cibo solo perché locale o più nutriente e sano perché non proviene dall’industria conserviera o da altre regioni o paesi. Come fenomeno d’élite, il localismo alimentare, con un’ampia applicazione dell’’Eccezione di Marco Polo’, può essere utile a un limitato numero di piccoli produttori di vegetali, allevatori e pescatori e a più o meno grandi chef, ma certamente non risolve i problemi della fame nel mondo e del cambiamento climatico. Nello stesso modo non risolve questi problemi l’orto famigliare urbano come quello dei tempi di guerra, oggi utile come svago distensivo e causticamente denominato “il sistema più costoso per mangiare gratis”.

da Georgofili.info

© Riproduzione riservata; Foto: Fotolia; AdobeStock

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gianni
gianni
8 Luglio 2022 18:58

Con tutti i limiti e le difficoltà possibili e immaginabili il paradiso deve essere quasi completamente ricostruito dopo le mille storture di una produzione e commercio globale che ogni giorno fa fare qualche migliaio di kilometri a milioni di prodotti di uso comune………
Divergenze profonde di opinione ma niente di più, il professor Ballarini non si discute, o lo ascolti o lo ignori., va bene così.

Riccardo
Riccardo
11 Luglio 2022 13:00

Secondo me sono positivi quei piccolo o medi supermercati che vendono anche prodotti locali; se per comprare locale devo fare più giri in auto, magari anche fuori percorso casa-lavoro, per poi andare comunque al supermercato, magari ho sostenuto una piccola realtà ( che è positivo ) , ma ho sicuramente inquinato di più. Non credo quindi che comprare locale (anche attraverso i GAS) sia sempre una scelta migliore.

Valter
Valter
Reply to  Riccardo
9 Agosto 2022 09:16

Forse è meglio fare 20 km per andare dal produttore che non accompagnare due/tre volte al giorno con il suv il bimbo a scuola/piscina.
Pure così si inquina e senza stretta necessità.

Marco Passiniti
Marco Passiniti
13 Luglio 2022 11:36

I km 0 al supermercato sono andati di moda per un po’, dopo la moda bio, ma sono quasi spariti, come è anche sparita la roba bio (che poi era fintobio)

gianni
gianni
15 Luglio 2022 16:45

Evidentemente abito in zona fortunata, a parte il mercato/piazzola del martedi ogni sabato mattina c’è il mercato contadino di prossimità e durante la settimana alcune aziendine produttrici dirette dispongono di uno spazio adeguato in piazza per la vendita dei propri prodotti, il tutto raggiungibile a piedi o al massimo in bicicletta.
Nessun prodotto eclatante in mostra, nè caviale o champagne ma assai spesso mi servono entrambe le braccia per sostenere le sporte degli acquisti.

Valter
Valter
Reply to  gianni
9 Agosto 2022 09:11

Decisiva è la scelta del luogo dove vivere.
Oggi ancora di più la spinta politico-commerciale di inurbarsi produce danni e brave formichine obbedienti, il gusto si appiattisce su prodotti industriali “morti”ed il gioco è fatto

Paolo Burgio
Paolo Burgio
9 Agosto 2022 10:27

La pubblicità alimentare di massa si è approprita del Km 0 e del bio solo per far credere che i prodotti dell’agroindustria siano alla portata di ogni frequentatore di un supermarket. Da quando acquisto tramite i Gruppi di Acquisto Solidali (GAS) la maggior parte di quello che mangio posso assicurarvi che la mia esperienza per quanto riguarda la qualità e il costo del cibo che mangio non è assolutamente positiva, senza poi dimenticare le considerazioni che vanno fatte in materia di sostenibilità ambientale e le implicazioni sociali e politiche che ne derivano.Ma certo l’argomento è vasto e complesso e andrebbe ripreso in altrimenti.

Paolo Burgio
Paolo Burgio
9 Agosto 2022 10:30

Devo rettificare il mio commento, nono so se il lapsus possa essere considerato freudiano, ma intendevo ovviamente dire che la qualità del cibo che mangio è assolutamente positiva.

Edoardo
Edoardo
9 Agosto 2022 10:53

Splendida la definizione indicata a fine articolo “il sistema più costoso per mangiare gratis”.
In effetti nel mio caso (produco vegetali per me e per i vicini ai quali consegno gratis), Avendo l’orto in altra provincia, se dovessi coltivare allo scopo di risparmiare, dovrei lasciar perdere.
Solo i miei vicini beneficiano della gratuità e della qualità e freschezza Ma comunque spesso contraccambiano.
Concordo pienamente con quanto espresso nell’articolo.
Grazie e cordiali saluti.

Giuseppe
Giuseppe
9 Agosto 2022 17:34

Premesso che sono fortemente favorevole a “non fare percorrere inutili km” alle merci mi sfugge un particolare dell’esperimento della giornalista americana che ha eliminato caffè, banane, etc… etc…. Secondo me lo sforzo deve andare soprattutto nella direzione del consumo locale di generi presenti sul territorio, privilegiare carne frutta verdura pesce formaggi che si trova in loco invece di farle arrivare da chissà dove ma perché eliminare prodotti che pur non crescendo in zona sono ormai radicati nelle nostre abitudini? Mi sembra francamente esagerato
Buona giornata a tutti