Gent. dott. La Pira, mi hanno recentemente segnalato un suo articolo pubblicato un po’ di tempo fa su Il Fatto alimentare dal titolo “La vicenda del pecorino anticolesterolo ha fatto il giro delle redazioni: dove sono le prove dello scoop?“.

Dopo un’attenta lettura ho apprezzato la sua critica in quello che a prima vista appare una delle solite notizie scientifiche annunciate ma mai dimostrate. Ma essendo coinvolto in questi studi volevo chiarire alcuni punti e fornirle le “prove” scientifiche a riguardo.

 

1) Un chiarimento doveroso va fatto prima di tutto sulla confusione intorno al CLA. Con il termine CLA, acronimo di acido linoleico coniugato, si identifica una miscela di isomeri con differente attività biologica. Tanto per fare un esempio, l’isomero t10,c12 è quello responsabile della elevata diminuzione della massa grassa in diversi modelli sperimentali e, come da lei accennato, molto meno efficace nell’uomo.

L’isomero c9,t11 è invece l’isomero maggiormente presente nei prodotti lattiero caseari in quanto è prodotto in parte durante la bioidrogenazione nel rumine e in parte dall’acido vaccenico anch’esso prodotto durante la bioidrogenazione.

Questo isomero condivide con il t10,c12 l’attività anticancerogena e antiaterogena in diversi modelli animali. Ma passiamo all’uomo. Sull’attività sia anticancerogena e antiaterogena non ci sono dati perché non è mai stato attivato uno studio nonostante diversi tentativi, per l’altissimo costo e altri motivi che non sto ad elencare adesso (ma sono disponibile per un eventuale approfondimento).

Sull’impatto del CLA sul profilo lipidico ci sono alcuni dati in letteratura ma non del tutto chiari, sembra che l’isomero c9,t11 sia più efficace del t10,c12. Lo studio che lei cita è fatto con la miscela dei 2 isomeri molto simile a quella che si trova in commercio come da lei accennato.

 

2) Gli effetti positivi del c9,t11 hanno promosso diverse ricerche per valutare la possibilità di aumentare naturalmente i suoi livelli nei prodotti lattiero caseari agendo sulla dieta dei ruminanti, quindi pascolo fresco o fornire direttamente quelle sostanze presenti nell’erba che fanno aumentare il CLA: l’acido alfa linolenico e in minor misura l’acido linoleico (Mele et al., 2011).

Il tentativo di dare l’erba tagliata non ha avuto successo poiché dal momento del taglio si attivano degli enzimi che ossidano questi acidi grassi polinsaturi alla velocità dell’1% all’ora, degradazione che da il tipico odore di “erba tagliata”. Ovviamente, questo latte non sarà solo ricco in CLA c9, t11 (chiamato anche acido rumenico) ma anche di alfa linolenico, acido vaccenico e sarà più basso in acidi grassi saturi (Mele et al., 2011).

Il passo successivo è stato quello di valutare se i prodotti caseari prodotti con questo latte avevano delle qualità nutrizionali peculiari. Uno studio su individui sani con diversi tipi di formaggio arricchito fu condotto diversi anni fa e un manoscritto su questi dati è in fase di preparazione. Lo studio condotto su individui ipercolesterolemici è invece descritto in un lavoro appena pubblicato  (Pintus et al., 2012), dove abbiamo riscontrato che l’assunzione di 90 g/d del formaggio arricchito riduceva il colesterolo LDL del 7% e i livelli di anandamide, un endocannabinoide che, come lei saprà, aumenta nei soggetti sovrappeso e obesi e sembra direttamente correlato con la sindrome metabolica.

 

3) Volevo inoltre chiarire da dove deriva il termine CLADIS. Cladis non è un formaggio ma è il nome di un progetto che stiamo conducendo in collaborazione con l’Università di Pisa e il CNR di Padova, dove si stanno valutando le qualità nutrizionali di un formaggio arricchito in alfa linolenico, CLA e vaccenico, in soggetti anziani. Il progetto è in tuttora corso quindi non abbiamo ancora i risultati.

 

La ringrazio ancora per l’attenzione sull’argomento e per il suo ruolo importante di divulgazione scientifica nell’ambito della nutrizione.

 

 

Sebastiano Banni, Dipartimento Scienze Biomediche Università degli Studi Cagliari Cittadella Universitaria

 

Bibliografia: Mele, M., Contarini, G., Cercaci, L., Serra, A., Buccioni, A., Povolo, M., Conte, G., Funaro, A., Banni, S., Lercker, G., Secchiari, P., 2011. Enrichment of Pecorino cheese with conjugated linoleic acid by feeding dairy ewes with extruded linseed: Effect on fatty acid and triglycerides composition and on oxidative stability. Int Dairy J 21, 365-372. Pintus, S., Murru, E., Carta, G., Cordeddu, L., Batetta, B., Accossu, S., Pistis, D., Uda, S., Elena Ghiani, M., Mele, M., Secchiari, P., Almerighi, G., Pintus, P., Banni, S., 2012. Sheep cheese naturally enriched in alpha-linolenic, conjugated linoleic and vaccenic acids improves the lipid profile and reduces anandamide in the plasma of hypercholesterolaemic subjects. Br J Nutr In Press

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Maria
Maria
25 Novembre 2012 18:51

Buongiorno, visto che un’ azienda casearia industriale circa 20 giorni fa (5 novembre 2012)ha inaugurato e distribuito la sua linea di formaggi anticolesterolo sul mercato, deduco che siano già disponibili i parametri per la certificazione controllata, mi piacerebbe sapere quali sono, visto che non riesco a trovarli per controllare o provare a fare il mio latte e rispettivo formaggio, con dichiarazione seria di anticolesterolo o almeno AIUTA A RIDURRE IL COLESTEROLO. Tale azienda, sta già distribuendo sul mercato locale formaggi con varie stagionature, a mio parere precedenti a questo articolo che dice di non avere ancora i risultati (questo articolo e datato 11 ottobre 2011), com’è ha fatto a creare questi formaggi se non aveva dei parametri di riferimento!!!!!
grazie dell’attenzione
in attesa di risposta
saluti
Maria