piatto di pasta grano carboidrati proteine sugo pomodoro ragù carne macinato cucinare cucinato

GranoSalus, l’associazione che nelle scorse tanto ha fatto parlare di sé per le accuse allarmistiche a diversi grandi marchi di pasta di usare grano estero contaminato (di cui Il Fatto Alimentare ha già parlato), il 16 marzo ha tenuto una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati. Un lettore ci scrive per condividere le sue perplessità riguardo ad alcuni punti discussi durante l’evento.

La lettera su GranoSalus

Ieri non ho potuto fare a meno di rovinarmi la serata sfogliando il documento con cui GranoSalus insiste nel suicida proposito di denigrare la pasta italiana e, non soddisfatta del clima di dubbio creato fra la maggioranza dei consumatori (purtroppo anche internazionali), porta lancia in resta le sue bufale in Parlamento con una roboante “conferenza stampa”. Il metodo sa di classico populismo: mezze verità condite da dati scientifici fuori contesto, artatamente montati per fare scandalo e promuovere rivolte forcaiole contro un generico perfido establishment. Alcuni punti chiave rivelano con chiarezza quanto queste bufale siano da contrastare.

Sito GranoSalus
Dopo DON, glifosato e cadmio, GranoSalus agita lo spettro di Chernobyl e della radioattività

Il grano Ucraino

L’Ucraina esporta certamente “grano” in Italia ma è quello tenero, non certo il duro per la pasta. Metterla in mezzo agli altri veri esportatori (Canada, Messico, USA, Kazakistan) è retorica acchiappaforcaioli che confida nello spettro di Chernobyl. Difatti, in fondo al documento c’è anche una presuntuosa tabellina di valutazione con tanto di declassamento per “radioattività”… o forse hanno ancora in mente l’altra ghiotta bufala del Creso?

La griglia della qualità proposta da GranoSalus

La auspicabilissima, ma utopistica (chi paga?), griglia della qualità con cui si dovrebbe aumentare il prezzo del grano in base alla sua qualità è un autogol clamoroso, perché oltre le pompose chiacchiere retoriche, quando si scende nei pragmatici numeri, secondo la loro stessa tabella, la premialità maggiore dovrebbe andare a grani con livelli di micotossine DON e residui di glifosato uguali a quelli che sono stati invece segnalati come prova della loro contaminazione e provenienza estera oggetto della recente campagna scandalistica di fine febbraio.

Spighe di grano al tramonto
La presenza di DON è stata usata per “svelare” la provenienza estera del grano, ma è presente anche in quello italiano

La questione delle micotossine

Per quanto riguarda il grano estero, lì nelle fredde steppe degli avvelenatori canadesi, forse il rischio è il glifosato per asciugare il grano verde e immaturo, non certo il Fusarium che predilige ben altri andamenti climatici. Strumentalizzare i “rassicuranti” dati del progetto Micoprincem-Mipaaf-CREA (la scienza si usa solo quando fa comodo) a sostegno della ben nota salubrità dei grani meridionali (almeno per il DON, ma non c’è solo lui), si porta dietro un nuovo fronte di nemici: non più le perfide giubbe rosse, ma stavolta anche gli ex amici toscani e marchigiani colpevoli di contaminazioni “quadruple”, per non parlare degli emiliani che nel 2008 fecero impallidire gli Yankee.

Ma allora il livello di DON non era un’evidente prova delle truffaldine importazioni? E il dubbio che al di là dei dati medi, fra annate sfavorevoli e picchi massimi si possa avere anche qualche scheletro, raro ma non del tutto assente anche al Sud non sfiora proprio i lanciatori di fango autoricadente?

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Fotolia

Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.

Dona ora

0 0 voti
Vota
3 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
ezio
ezio
31 Marzo 2017 11:37

Ma siete proprio convinti che tanto peggio e tutto uguale, sia il meglio per i consumatori, e banalizzare il problema non è contrario alla vostra missione di chiarezza e trasparenza?
La ricerca del miglior risultato possibile, non è lo scopo della tecnologia alimentare, della sicurezza degli alimenti e del benessere dei clienti consumatori?
Il made in Italy da proteggere e sostenere in tutti i comparti e fasi della produzione nazionale, non è sempre sostenibile se entrano in gioco interessi diversi di qualche grande produttore ed esportatore del fatto in Italia, ma con qualsiasi materia prima?
Ho solo domande che non chiedono risposte, ma solo maggior attenzione alla sensibilità ormai acquisita dai consumatori italiani ed alla sorte dei nostri migliori produttori di ottime materie prime, che tutto il mondo c’invidia e ci chiede.

Bernardo
Bernardo
1 Aprile 2017 20:59

Se si ha la pazienza di seguire un link e leggere un articolo si vorrebbe un articolo esaustivo, informativo, non uno scritto pieno di riferimenti per addetti ai lavori, questo articolo sembra scritto solo per polemica tra addetti. Io vi chiedo chiarezza. grazie

marco
marco
2 Aprile 2017 13:43

concordo ..un articolo già “tendenzioso di base” che non porta dati scientifici o prove per confutarne altri ma solo un “commento/parere” a confermare ciò che pensa “UN LETTORE” molto molto spassionato che dice di un “suicida proposito di denigrare la pasta italiana”
mahhh