

Il messaggio pubblicitario “Lo sai che una porzione di noci contribuisce a ridurre il rischio di tumori?” promosso da LIFE (azienda specializzata nella distribuzione di frutta secca) e dalla Fondazione Umberto Veronesi è ingannevole. La decisione è stata presa dal Giurì dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria e la pubblicità in questione è apparsa sulla rivista Starbene n.51 del mese di dicembre 2016, e sul sito dell’azienda Lifeitalia.it.
Le affermazioni secondo le quali una porzione di noci al giorno “contribuisce a ridurre il rischio di tumori”, o “un consumo giornaliero, nell’ambito di una dieta mediterranea, riduce infiammazione, ipertensione, sovrappeso, fattori che vanno ad aumentare il rischio di tumori” non trovano rispondenza nel Regolamento n.1924/2006/CE, che disciplina l’utilizzo dei claims nutrizionali, e quindi non sono ammissibili. Il messaggio prospetta in termini esorbitanti gli effetti degli alimenti pubblicizzati anche se non contiene un’informazione pura e corretta sui benefici delle noci almeno per quanto riguarda l’effetto anti tumorale.

LIFE S.r.l. nella difesa dichiara di avere realizzato questa pubblicità con l’intento di finanziare la ricerca. Secondo l’azienda piemontese gli effetti benefici delle noci sulla salute, in particolare sul sistema cardiovascolare, sono ampiamenti noti in letteratura e il messaggio trasmesso è comprensibile per il consumatore.
Le argomentazioni non hanno convinto, anche per la presenza di un asterisco sulla pubblicità che rimanda all’American Institute of Cancer Research, da cui emerge che non esistono evidenze a dimostrazione del fatto che l’assunzione di noci diminuisca il rischio di cancro. L’unico claim correlato alle noci approvato dall’Efsa (Autorità per la sicurezza alimentare con sede a Parma) afferma che la frutta secca contribuisce al miglioramento dell’elasticità dei vasi sanguigni, ma non giustifica i più impegnativi effetti salutistici che la pubblicità della Fondazione Veronesi e Life sostengono.
Rilevata la grande delicatezza del tema del rischio tumori, il Giurì ha dichiarato il messaggio ingannevole e ne ha ordinato la cessazione.
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Clara Gasparri - 4 Aprile 2017
Condivisibile provvedimento, anche perché a volte il reperimento fondi per la ricerca con la vendita sponsorizzata di prodotti, sembra più un vendita d’indulgenze salvifiche che una raccolta volontaria.